I cinque, tra i 30 e i 61 anni, detenevano e diffondevano materiali agghiaccianti, alcuni di una crudeltà inaudita. Una decina di indagati in tutto, ma il giro potrebbe essere molto più vasto. All’arrivo degli agenti, uno di loro era intento a condividere i file illegali.
Torino – Una rete sommersa che trafficava nell'orrore, scambiando video di violenze sessuali su bambini, anche in tenera età, e materiale pedopornografico particolarmente cruento. È stata smantellata dalla Polizia postale in un'operazione che ha portato a cinque arresti in Piemonte e all'individuazione di altre cinque persone finite nel registro degli indagati.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Torino, ha preso il via dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica (C.O.S.C.) di Torino, i cui agenti hanno condotto anche attività sotto copertura per infiltrarsi nei canali digitali usati dalla banda. Le perquisizioni, disposte dal procuratore capo e eseguite con il supporto del C.O.S.C. di Milano e delle Sezioni di Asti, Biella, Cuneo, Imperia, Novara, Savona e Vercelli, hanno portato all’arresto in flagranza di quattro persone a Torino e una a Novara.
Gli arrestati, uomini tra i 30 e i 61 anni, avevano a disposizione e condividevano attivamente un vasto arsenale di sfruttamento minorile.Potrebbe interessarti
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La brutalità dei reati è emersa in modo plateale durante gli arresti: in un caso, all’arrivo della polizia nell’abitazione, l’indagato era colto in flagrante mentre scambiava online i video degli abusi. Oltre alla detenzione, per lui è scattata anche l’accusa di divulgazione illecita.
Le indagini non si fermano qui. Sono ben 22 le posizioni individuate dagli investigatori come meritevoli di approfondimento, per aver scaricato e condiviso immagini e video pedopornografici. A carico di tutti i sospettati è stato sequestrato una mole consistente di dispositivi informatici – computer, hard disk, smartphone – che verranno ora sottoposti ad analisi forensi per ricostruire l’intera filiera criminale, identificare le vittime e scoprire eventuali complici.
Il sistema di scambio, seppur frammentato in piccoli gruppi, lascia presupporre una rete criminale potenzialmente molto più ampia di quella finora messa a segno. L’operazione dimostra, ancora una volta, come il contrasto alla pedofilia online richieda un costante lavoro in profondità, capace di seguire le tracce digitali fin dentro gli abissi del web.







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