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Arzano, le donne del clan “cacciate” dagli alloggi dell’Acer perché abusive

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Arzano. Mazzata per le donne del clan del 167. Infatti sono state “cacciate” dagli alloggi dell’Acer perché abusive, la mamma e la nipote del boss Giuseppe Monfregolo.

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Le operazioni di sfratto a carico di Luisa Grassini, madre del boss finita ai domiciliari dal 25 aprile 2022 durante il blitz dei carabinieri di Castello di Cisterna che portò in carcere anche 29 esponenti dell’ala scissionista arzanese legata agli Amato-Pagano, hanno riguardato anche la nipote di Grassini, occupante senza titolo di un alloggio.

Nipote che risulta essere l’attuale compagna di Raffaele Piscopo, detenuto unitamente a Mariano Monfregolo per le minacce al comandante della locale, Biagio Chiariello e le stese con tanto di il lancio di bombe contro il giornalista Domenico Rubio. A coordinare le attività la funzionaria comunale che avrebbe convinto le due donne a lasciare gli appartamenti (poi murati) onde evitare lo sfratto coatto.

Gli accertamenti che portarono alla scoperta delle decine di occupazioni senza titolo e la costruzione di vere e proprie villa realizzate nei porticati dell’agglomerato urbano da parte di parenti ed esponenti del clan, partirono da dettagliate denunce giornalistiche e dai successivi approfondimenti investigativi di Polizia locale e Carabinieri della tenenza.

La Grassini, tra l’altro, sarebbe stata occupante senza titolo fin dagli anni 80. Appartamenti che prima della faida scoppiata tra i Cristiano (oggi collaboratori di giustizia) e i Monfregolo con tanto di morti ammazzati e sparatorie, erano occupati dal clan rivale “cacciato” nei vicini comuni Frattamaggiore e Frattaminore dopo il tracollo criminale che culminò con l’omicidio di Salvatore Petrillo, cugino di Cristiano, ucciso in un bar di Arzano e che costò il ferimento ad altre quattro persone che per puro caso si trovavano nell’attività commerciale.

Un lavoro certosino di intelligence con il censimento e l’avvio contestuale delle indagini per il monitoraggio delle case abusivamente occupate che appena qualche mese fa ha visto lo sfratto della moglie del boss Monfregolo detenuto nel carcere di Nuoro in cui è convolato anche a nozze per poi trasferirsi nell’appartamento, con tanto di lussuosi arredi e terrazzo di oltre 200mq in un noto palazzo ad uso uffici appartenente ad un notonapoli imprenditore locale.

Lo stesso appartamento precedentemente era stato abitato dal rivale Cristiano che anche se ai domiciliari, durante la comunione del figlio girò per Arzano a bordo di una Ferrari decapottabile.

La Grassini, madre dei Monfregolo, oltre ad essere definite nell’ ordinanza di arresto promotore e sodale di primo piano dell’associazione criminale, si rese protagonista qualche anno fa nonostante ai domiciliari, di un singolare video postato sul social TikTok canticchiando il motivo “O vuò capì ca nu si nisciun” dai riferimenti criptici.

Intanto la Procura vorrebbe vederci chiaro del perché dopo tanti anni e decine di denunce, si sia intervenuti dopo un così lungo lasso di tempo. Il boss Monfregolo, a riprova della sua caratura criminale, venne intervistato da Giulio Golia della trasmissione Le Iene.

Monfregolo, condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi per una tentata estorsione e prima di essere arrestato nel blitz del 2022, aveva dichiarato nell’intervista di non avere a che fare nulla a che fare con la camorra né di essere un boss.

 Il boss Monfregolo intervistato da Le Iene: “Non sono un boss ma un perseguitato”

“Non faccio droga né estorsioni”, aveva detto Monfregolo a Giulio Golia. “Mica siamo cretini che mettiamo le bombe al parroco o minacciamo il comandante dei vigili”. Golia si era recato nella 167 di via Colombo dove risiedeva anche Giuseppe Monfregolo. Telecamera abbassata, Golia gli pose una serie di domande.

“Io non sono reggente di niente, sono un perseguitato. Non sono un boss ma un semplice cittadino. Se mio fratello ha sbagliato deve pagare ma non credo che le sue fossero minacce. Si era arrabbiato per le foto che il Comandante aveva fatto”.

Giulio Golia lo incalza e gli chiede se le minacce fatte al comandante da Mariano siano frutto delle foto scattate. Ottenendo come risposta la conferma di Giuseppe Monfregolo che però non le ritiene intimidazioni. Golia incalza ancora Monfregolo e gli chiede perché lui venga accompagnato da giovani in giro per la città.

“Perché non si può avere un amico che ti vuole bene e ti viene a prendere ? Questo è solo un teatro perché io estorsioni non ne faccio e droga non ne vendo”. Rimarcando il fatto di aver sempre guidato senza patente e senza assicurazione, rimarcando che gli “atti (ordinanze) sono una cosa e i tribunali un’altra”, facendo riferimento alle sentenze.

Francesco Nardelli


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