L’invito di Livolsi al Governo: “Le privatizzazioni si facciano con pragmatismo e per rilanciare il Paese”

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“Come avevo auspicato in un mio precedente intervento, in cui riflettevo sull’importanza di una scelta ‘coraggiosa’ nelle privatizzazioni da parte del Governo, queste ultime sono diventate oggetto del dibattito politico. Palazzo Chigi ha annunciato che l’obiettivo è raccogliere attraverso le privatizzazioni delle partecipate 20 miliardi di euro nei prossimi tre anni per far fronte alle risorse insufficienti, nel contesto di una congiuntura caratterizzata dal rialzo dei tassi d’interesse, che fa lievitare il debito, dagli effetti del Superbonus, che peserà sui conti dello Stato per oltre 100 miliardi di euro, e dal quadro internazionale a rischio di recessione”.

Lo dice Ubaldo Livolsi, professore di Corporate Finance e fondatore della Livolsi & Partners S.p.A. “Il Governo ha riferito- continua- che verrà posto sul mercato il 30% di Poste Italiane, mantenendone però il controllo tramite Cdp. Lo Stato potrebbe anche cedere fino al 4% di Eni, dopo che la compagnia petrolifera avrà completato il piano di riacquisto di azioni proprie. L’incasso stimato dalla vendita è di circa due miliardi. Circola inoltre l’ipotesi di unire le reti ferroviarie (Rfi) a quelle autostradali (Anas), entrambe controllate da Fs, in una nuova società per poi metterne sul mercato una porzione, il che frutterebbe fino a dieci miliardi. Tre le realtà strategiche per il Paese, il caso Ita Airways sembrava avere trovato la soluzione. Lufthansa è pronta ad acquisire una partecipazione del 41% dell’ex Alitalia. È tuttavia necessaria l’approvazione della Commissione europea, che ha annunciato di rimandare la decisione al 6 giugno prossimo”.

“Non meno significativa- scrive ancora Livolsi- la vicenda della rete Tim, con il fondo F2i che è pronto ad affiancare Kkr e il ministero del Tesoro per acquistarla. F2i ha infatti comunicato di aver raggiunto l’obiettivo di raccolta di un miliardo per il fondo attraverso cui rileverà il 10% della rete Tim (tra i sottoscrittori c’è anche Poste Vita). Da evidenziare, infine, che il ministero dell’Economia – che ha appena diminuito la propria partecipazione in Monte dei Paschi – deve mettere in conto la nazionalizzazione, seppur temporanea, d’Acciaieria d’Italia, un’operazione il cui costo è difficilmente prevedibile. È evidente che la complessità, e spesso la (quasi sempre apparente) contraddittorietà di tali manovre, rivelino come il tema delle privatizzazioni e della presenza dello Stato in settori decisivi sia tanto fondamentale quanto delicata.

Le prese di posizioni di Giorgia Meloni e del ministro del Mef Giancarlo Giorgetti sono condivisibili. La premier ha spiegato che il concetto di ‘più o meno Stato’ va interpretato alla luce di cosa si voglia fare: ‘Privatizzazione – ha chiosato – non significa regali miliardari fatti a un imprenditore fortunato e amico. Significa che lo Stato può indietreggiare dove la sua presenza non è necessaria, mentre deve avanzare quando è necessaria’. Il ragionamento di Giorgetti segue il concetto del ‘fare ordine’. ‘E’ più corretto – ha precisato – parlare di razionalizzazione del patrimonio delle partecipate: è necessario fare ordine in un mondo che non sempre è bene organizzato; quindi, il pubblico decide di entrare più in alcune realtà e cedere altre quote perché tutto sia più efficiente e razionale al passo coi tempi'”.

“Il discrimen- riprende Livolsi- è che tali scelte non siano dettate dal fare cassa, ma improntate a una visione strategica di medio e lungo periodo. Innanzitutto, a vantaggio del sistema Paese, rinforzando e supportando la nostra economia, che esprime la seconda economia manifatturiera d’Europa, che primeggia ed è apprezzata nel mondo per i suoi prodotti di qualità e le sue eccellenze produttive. A trarne vantaggio dovrebbero essere le stesse grandi aziende partecipate, che con l’ingresso dei privati possono diventare più moderne ed efficaci nella loro strategia”.

    “C’è un punto interrogativo, perché i privati entrano nello Stato? Come insegnano le privatizzazioni del passato, da queste non sono mai nati grandi gruppi industriali sia sotto l’aspetto dimensionale che dell’internazionalizzazione, anzi spesso di è trattato di operazioni finanziarie e lucrose. Bisognerà poi vedere quali saranno sia le priorità e la modalità con cui saranno realizzate le privatizzazioni. Dovrebbero valere le regole di contestualizzare la decisione in base al tipo di mercato. Per esempio e per intenderci, Fs e Poste Italiane operano in un mercato meno concorrenziali di Eni e Ita Airways. Si dovrebbero anche tenere in considerazione eventuali trasformazioni in atto. Si pensi a Poste italiane, che ormai è diventata una banca-assicurazione a tutti gli effetti. Peseranno- conclude Livolsi- gli andamenti dell’economia internazionale, su cui, con le due guerre in atto in Ucraina e in Medio Oriente, grava il rischio di una possibile recessione, e il destino delle elezioni presidenziali in Usa con l’eventuale candidatura e vittoria di Donald Trump, che restaurerebbe l’isolazionismo e il protezionismo della economia d’oltreoceano”.



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