False fatture nel settore conciario, 6 arresti

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Un’indagine del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Pisa, diretta dalla procura della città toscana, ha portato all’esecuzione di 6 misure di custodia cautelare agli arresti, metà in carcere e metà ai domiciliari.

Tutti accusati di reati di natura tributaria, tra cui l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Eseguite anche 2 misure dell’obbligo di dimora e 14 sequestri preventivi per un importo complessivo di oltre 740.000 euro. In totale 17 le persone denunciate e 13 le società coinvolte nella presunta frode, operanti nel settore della produzione e commercio all’ingrosso di cuoio e di pelli, localizzate soprattutto nel comprensorio del cuoio della provincia di Pisa ma pure in Campania, Marche e Veneto.



    Le indagini avrebbero portato alla scoperta di “un sistema di società – spiegano i finanzieri in una nota – che effettuavano sia operazioni commerciali di merce reale, tendenzialmente ‘a nero’, sia operazioni cartolari, supportate da fatture oggettivamente inesistenti e fittizi documenti di trasporto, emessi nei confronti dei clienti richiedenti e movimentati anche grazie al coinvolgimento di compiacenti autotrasportatori”.

    Le forniture fittizie erano pagate “a mezzo bonifico o con emissione di ricevute bancarie a cui seguiva la puntuale retrocessione in denaro contante delle somme pagate dal cliente, al netto di una ‘provvigione’ costituente l’illecito profitto trattenuto dal soggetto emettitore, di importo variabile tra il 3% e il 10% dell’imponibile della fattura.

    Il denaro contante necessario per tali restituzioni veniva reperito mediante multipli ‘canali’ di approvvigionamento, ossia dai proventi delle vendite a nero, nonché dalla complicità di una famiglia di imprenditori di origini siriane nonché da altri soggetti compiacenti localizzati in Campania.

    In questo modo “i destinatari ultimi di tali documenti ottenevano notevoli illeciti vantaggi, tra cui un’indebita detrazione dell’Iva, la contabilizzazione di un costo a decremento del reddito d’impresa e una cospicua somma di denaro in contanti che, fraudolentemente sottratta alla società, veniva rimessa nelle mani dell’imprenditore e utilizzata per i fini più disparati”.


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