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Detenuto morto durante le violenze in carcere, per il Riesame “non fu omicidio”

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Non vi fu omicidio colposo in relazione alla morte del detenuto Hakimi Lamine.

L’algerino si suicido’ nel maggio 2020 nella cella di isolamento del carcere di Santa Maria Capua Vetere dove vera stato rinchiuso dopo i pestaggi ai detenuti avvenuti un mese prima, il 6 aprile.

E’ quanto stabilito dal Tribunale del Riesame di Napoli che ha in parte respinto nel merito e in parte dichiarato inammissibile il ricorso che la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha presentato contro le decisioni prese nel giugno scorso dal Gip Sergio Enea.

La Procura chiedeva nuovamente il carcere e i domiciliari per ventuno imputati – molti dei quali gia’ hanno trascorso periodi di carcerazione o arresti preventivi – e per sette di loro, tra cui alcuni di peso come gli ufficiali della polizia penitenziaria Pasquale Colucci, Gaetano Manganelli e Anna Rita Costanzo, la misura era stata chiesta per cooperazione in omicidio colposo in relazione alla morte del detenuto algerino che il Gip aveva classificato come un suicidio non collegato alle condotte degli indagati.

Il Riesame ha ritenuto che Hakimi si sia suicidato, come ammesso dal Gip, mentre per la Procura la morte dell’algerino sarebbe stata la conseguenza delle negligenze e delle colpe di agenti e medici, come la quantita’ tossica di farmaci – oppiacei, neurolettici e benzodiazepine – assunta “in rapida successione e senza controllo sanitario”, per cui l’evento sarebbe dipeso sia dal pestaggio subito un mese prima durante le violenze e dalle condizioni in cui sarebbe stato tenuto durante l’isolamento.

Troppo – per i giudici napoletani – il tempo trascorso tra le violenze subite e la morte per stabilire un nesso causale. Peraltro il tribunale del Riesame di Napoli ha ritenuto che “l’ipotesi del suicidio merita ulteriori approfondimenti, non potendo dirsi dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio”.

Il Riesame ha anche respinto il ricorso per i due medici dell’Asl in servizio al carcere di Santa Maria Capua Vetere Raffaele Stellato e Pasquale Iannotta, ritenendolo privo di interesse visto che la Procura ha proposto per i due sanitari un patteggiamento a due anni di carcere con sospensione condizionale della pena.

I magistrati hanno poi dichiarato il ricorso inammissibile per cinque imputati, tra cui l’ex provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone (tuttora sospeso dal servizio) e l’ex direttrice facente funzioni del carcere Maria Parenti.

La Procura aveva fatto ricorso contro le decisioni prese dal Gip il 28 giugno 2021, quando il magistrato aveva emesso 52 misure cautelari (otto ordinanze in carcere, 18 ai domiciliari, tre obblighi di dimora e 23 sospensioni dal servizio) a carico di agenti penitenziari e funzionari del Dap; inizialmente la Procura aveva chiesto l’emissione di una nuova e piu’ afflittiva misura cautelare per 45 indagati per i quali il Gip aveva escluso alcuni capi di imputazione e aggravanti rigettando la relativa richiesta di misura cautelare o concedendo una misura diversa e meno afflittiva da quella proposta, poi ha rinunciato a 24 posizioni.

Alla fine pero’ il Riesame ha condiviso l’impostazione dei difensori degli imputati (Mariano Omarto, Giuseppe Stellato, Ernesto De Angelis, Angelo Raucci, Carlo De Stavola). Ora il procedimento proseguira’ con l’udienza preliminare prevista per il 29 marzo.


Articolo pubblicato il giorno 4 Marzo 2022 - 21:22


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