Napoletano pestato a sangue in un albergo di Rimini: muore dopo 9 giorni di coma

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Rimini. E’ morto Antonino Di Dato, il 45enne napoletano vittima del brutale pestaggio in un hotel di Marina centro, avvenuto il 3 novembre scorso.

Ricoverato al ‘Bufalini’ di Cesena, l’uomo è spirato ieri sera dopo 9 giorni in coma. Fatali i ripetuti colpi alla testa e al torace. Contro di lui era stato organizzato un vero e proprio raid punitivo da una banda formata da quattro persone. Tre arrestati: due italiani di 53 e 35 anni e un cittadino croato di 42, mentre è tuttora ricercato all’estero un bosniaco di 45.

Gli aggressori si erano presentati in hotel nel tardo pomeriggio. Quel giorno due di loro, entrambi italiani di 53 e 35 anni, avevano fatto da palo per evitare che qualcuno degli altri ospiti dell’albergo si accorgesse di quanto stava accadendo nella stanza: cioè che veniva picchiato selvaggiamente. Presumibilmente per un debito ma le indagini sono in corso.



    Grazie ad alcuni testimoni e alle telecamere dell’hotel e della zona, la Squadra mobile della Polizia è riuscita a risalire all’identità dei quattro. E ieri sera, dopo appostamenti e pedina menti, gli agenti sono riusciti a fermare e arrestare tre dei quattro aggressori.

    Si tratta di due italiani, uno residente a Messina di 53 anni e l’altro di Taranto di 35, di un cittadino croato di 42, mentre e’ tuttora ricercato all’estero un bosniaco di 45.

    Da subito sulle tracce dei due italiani, i poliziotti dopo una serie di pedinamenti e sopralluoghi hanno bloccato simultaneamente il 53enne italiano e il complice croato a Riccione, il primo fermato fuori da un locale e l’altro in un albergo, mentre a Rimini per l’altro italiano sono scattate le manette appena e’ uscito da un bar. Per il bosniaco, descritto come il picchiatore piu’ accanito, saranno invece attivate le ricerche internazionali, pare infatti che l’uomo sia fuggito all’estero subito dopo l’aggressione.

    La ricostruzione del pestaggio mortale

    I quattro – nel tardo pomeriggio del 3 novembre scorso in un albergo di Marina Centro – colpirono numerose volte alla testa ed al torace con calci, pugni e un bastone di metallo Antonino Di Dato, 45enne originario di Napoli, finito nel 2019 in un’inchiesta sulla nuova camorra romagnola. Mentre i due italiani controllavano che nessuno degli ospiti presenti in albergo fuggisse per allertare le forze dell’ordine, gli altri due si accanivano sulla vittima riducendola in fin di vita.

    Un’aggressione brutale che, stando alle testimonianze, duro’ per oltre 20 minuti. Uno dei due slavi con un bastone da trekking in metallo estratto dalla sacca di un turista presente nell’hall, colpi piu’ volte alla testa Di Dato con una ferocia irrefrenabile e dopo avergli preso il portafoglio lo lascio’ privo di sensi a terra. Poi i quattro, che avevano agito a volto scoperto e senza esitazioni, si allontanarono, urlando che sarebbero tornati di li’ a pochi giorni per il resto fino al pagamento totale del debito di 6mila euro.

    La sera stessa Di Dato fu trasportato incosciente al Bufalini di Cesena, dove ieri mattina e’ morto dopo 9 giorni di coma.

    DI DATO NEL 2019 COINVOLTO IN UN’INCHIESTA SULLE RAMIFICAZIONI DEL CLAN CONTINI IN ROMAGNA

    Il 45enne, nel 2019 era stato coinvolto in un’operazione dei carabinieri denominata ‘Hammer’, coordinata dalla Procura Antimafia di Bologna, che porto’ all’arresto di 10 persone per quella che fu definita una sorta di nuova camorra romagnola. Tre anni fa, quindi, fu bloccata sul nascere quella che stava diventando una guerra tra bande per il controllo del territorio riminese. Si parlo’ di gruppi rivali, autonomi e in ascesa, ma con legami e conoscenze con i boss Contini, Nuvoletta e Mazzarella.

    I nuovi clan, secondo gli investigatori dei carabinieri, potevano gia’ contare su un’ampia disponibilita’ di armi da fuoco, ma gli agguati sanguinosi fino a quel momento erano stati soprattutto violenti pestaggi. Tra cui anche quello del “vecchio boss” Pio De Sisto, 63 anni, considerato legato al clan camorristico Nuvoletta. Di Dato, all’epoca dell’inchiesta Hammer, fu ritenuto un personaggio di basso profilo e fini’ agli arresti domiciliari.



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