Napoli, “Sei un negro… sarai schiavo a vita”

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Napoli, immigrato chiede giusto compenso e il titolare lo manda via: “Sei un ne…, sarai schiavo a vita”. L’audio, pubblicato sull’edizione napoletana di Repubblica.it,  appartiene al titolare dell’officina di Materdei nella denuncia del 34enne della Costa d’Avorio, assistito dal legale Hilarry Sedu: guadagnava 15 euro per 12 ore di lavoro.

“Sei un negro, rimarrai schiavo a vita, devi fare solo il negro nella tua vita come lo fate tutti quanti, perciò siete negri di… Se ti acchiappo ti mando all’ospedale”.

Gli insulti, e poi la minaccia. Parole aggressive, cariche di odio, recapitate attraverso un messaggio vocale su WhatsApp. Così il titolare di un’officina meccanica del rione Materdei, a Napoli, avrebbe replicato alla richiesta di un giusto compenso avanzata da un 34enne della Costa d’Avorio.



    “Fin quando lavoravo dodici ore al giorno e mi stavo zitto con i 15 euro che prendevo andava tutto bene, ma quando ho chiesto un contratto e una giusta retribuzione”, ha raccontato il giovane immigrato, “lui mi ha cacciato offendendomi per il colore della pelle”.

    Il ragazzo preferisce non mostrare il suo volto perché teme per la sua vita: “Ora mi cerca per farmi del male perché non vuole che vada a lavorare da altre parti”. Il lavoratore, richiedente asilo, meccanico ma anche elettrauto e gommista, è arrivato in Italia nel dicembre 2017 ed è attualmente ospite di un centro di accoglienza del Casertano.

    Ad assistere l’ivoriano è il legale Hilarry Sedu, avvocato italiano di origine nigeriana che segue le vicende di sfruttamento lavorativo di numerosi richiedenti asilo. “Il comportamento di questo indecoroso imprenditore- afferma Sedu- offende, oltre alla persona di pelle nera, anche tutte le persone che legittimamente chiedono la giusta retribuzione, ma soprattutto che chiedono di voler lavorare in condizioni di legalità. Il razzismo non è da sottovalutare: può essere la mina che farà saltare le fondamenta della nostra democrazia. Il razzismo non e’ da sottovalutare, puo’ essere la mina che fara’ saltare le fondamenta della nostra democrazia”.

    Didier intende adire le vie legali per vedersi riconosciuti gli anni di lavoro sottopagati e senza tutele trascorsi in quella officina, ma spera soprattutto che la sua denuncia stimoli iniziative analoghe da parte dei tantissimi immigrati irregolari che vengono sfruttati ogni giorno. “Ne conosco tanti – dice – ma del resto basta che ognuno di noi apra gli occhi invece di essere indifferente, per accorgersi dello schiavismo di fatto che nel ventunesimo secolo regna ancora in occidente”.


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