I 1863 borsisti del concorsone Ripam-Regione Campania chiedono “Operazione verità”

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“Siamo i 1863 borsisti del corso-concorso RIPAM-Regione Campania. Vi chiediamo gentilmente di leggere le parole che seguono, per comprendere appieno la disinformazione di cui siamo oggetto, e aiutarci a ristabilire la verità”.

Comincia così la lettera dei 1863 borsisti del concorsone Ripam-Regione Campania con la quale chiedono “date voce alla verità. Date voce alla nostra esasperazione che dura ormai da mesi. Aiutateci a mettere fine a questo sopruso inaccettabile”.

La lettera è un violento attacco al ministro Brunetta: “Come ben saprete, da alcuni giorni a questa parte siamo attaccati quasi quotidianamente sui vari media dal Ministro Brunetta, che continua a definirci “corsisti che vogliono entrare nella P.A. senza nemmeno fare un concorso”, “giovani vittime di clientelismi, di una cultura assistenzialistica, che non mette al centro il merito”, “ragazzi che manifestano con cartelli ‘non vogliono fare il concorso’, e che minacciano di venire fino a Roma”. Il Foglio, il Giornale, Libero, Il Sole 24 Ore, Radio 24, ci hanno attaccati riportando le parole del Ministro, senza nemmeno preoccuparsi di leggere il nostro bando. Qualcuno si è spinto a chiamarci citrulli”.

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E quindi spiegano: “Come si è arrivati a questi attacchi nei nostri confronti? E’ necessario fare un passo indietro e ripartire dall’inizio. Nel 2019 la commissione Ripam pubblica il bando del nostro concorso, per l’assunzione di 2243 persone in circa 150 enti della Campania. 304.000 persone presentano domanda. Da allora, in questi 2 anni, abbiamo svolto una prova preselettiva, una prova scritta selettiva, 10 mesi di tirocinio presso gli enti, 300 ore di formazione e rafforzamento, e un ‘project work’, ovvero una sorta di tesina finale. Ad oggi siamo rimasti in 1863, ovvero 400 persone in meno del previsto.

Secondo il bando, dopo il tirocinio (tuttora in corso), era prevista una “prova finale di valutazione della formazione”, e una prova orale, per un totale di ben 4 prove complessive. Come è evidente sotto gli occhi di tutti, si tratta di una procedura concorsuale irragionevolmente lunga e complessa. Ma erano posti di lavoro, e noi quel giorno del 2019 abbiamo accettato di imbarcarci in questa lunga sfida. E finora, l’abbiamo vinta.

    Tuttavia, negli ultimi mesi sono accadute tante cose che hanno reso la situazione ben peggiore del previsto. E’ successo che con i pensionamenti dovuti a quota 100, ci siamo ritrovati a svolgere il tirocinio presso amministrazioni praticamente vuote, senza personale, con l’acqua alla gola. E quindi siamo stati caricati di lavoro, come veri e propri dipendenti. E’ successo che le tempistiche tra una fase e l’altra del concorso sono diventate lunghissime, e pertanto gli enti si sono pentiti di aver partecipato a questa procedura, visto che ci attendono dal 2018. E’ successo che ci siamo ritrovati nel bel mezzo di una epidemia mondiale, con tutti gli annessi rischi.

    E’ successo che il materiale fornitoci dal Formez si è rivelato essere incredibilmente folto, con migliaia di pagine di slide, svariati approfondimenti, ore e ore di videolezioni, quiz, esercitazioni. E’ successo che quindi ci siamo ritrovati a dover fare una scelta. Abbandonare questa procedura così piena di problemi e incertezze, o abbandonare qualsiasi altro lavoro o possibilità lavorativa, per l’impossibilità di conciliare le due cose. E noi abbiamo scelto la seconda opzione.

    Poi, finalmente, sembrava essere avvenuto il “miracolo”. Con il D.L. 44/2021 a firma del Ministro Brunetta, all’art. 10 comma 5, era stata prevista, per i concorsi in atto, una sola prova scritta e eventualmente un orale. “E’ finita!”, abbiamo pensato tutti. “Abbiamo già svolto la prova scritta selettiva”. “E se contiamo anche la preselettiva, il project work, la formazione, il tirocinio, il fatto che siamo meno dei posti previsti nel bando, abbiamo fatto ben più di quanto prescrive la norma. Il concorso sicuramente si concluderà qui”.

    Questo è quello che pensavamo. Ma ci sbagliavamo. Totalmente.

    Non sappiamo che cosa sia successo di preciso tra Ripam, Dipartimento Funzione Pubblica e Regione Campania nei giorni successivi alla pubblicazione del D.L., ma quello che è certo è che un comunicato del Dipartimento Funzione Pubblica ci ha lasciati senza parole, come un fulmine a ciel sereno. “La Commissione Ripam ha stabilito che si svolgerà la sola prova scritta, eliminando l’orale”.

    “Prova scritta? Ma come? L’abbiamo già svolta” ci siamo detti tutti. Il malumore era evidente, e cresceva man mano che venivamo a conoscenza dei nuovi concorsi semplificati. Il Ministro annunciava con orgoglio che il Concorsone del Comune di Roma per 1500 posti si sarebbe svolto in soli 3 mesi, con una sola prova scritta. “Ma stiamo scherzando? E noi che abbiamo fatto già 2 prove e siamo qui da 2 anni?”. Ignorati dal Ministro, siamo scesi in piazza per chiedere risposte al Presidente De Luca. Il quale, comprendendo pienamente le nostre ragioni, ha rivolto un appello al Ministro Brunetta affinché applicasse pienamente il D.L. 44/2021 anche al nostro caso, come giusto che sia.

    Ma il Ministro Brunetta non ne ha voluto più sapere di tornare sui propri passi. E così ha dichiarato che il D.L. nel nostro caso non è applicabile perché “le prove che avete già svolto erano solo di accesso al corso”. Con tanto di slide esplicative, e campagna mediatica sui giornali. “Anzi, siate felici che grazie a noi non dovete fare l’orale”.

    E qui la delusione si è trasformata in incredulità. “Le prove svolte sarebbero solo di accesso al corso? Ma l’hanno letto il bando?” ci siamo chiesti, sempre più esasperati. Perché qui c’è un errore madornale. Lo stesso errore che hanno fatto tutti i giornalisti che ci hanno attaccato. Art. 10 del bando di concorso, cat. C (o art. 11 del bando cat. D): “Ultimato l’esame finale, la commissione esaminatrice stilerà la graduatoria di merito, sulla base del punteggio complessivo conseguito nella prova scritta, del punteggio attribuito a ciascun candidato all’esito della prova finale di valutazione della fase di formazione e rafforzamento, e nella prova orale”.

    La prova scritta già svolta valeva per le graduatorie finali, altro che “solo di accesso”! Dopo il corso infatti non ripartiremo tutti da zero, ma si ripartirà dalle graduatorie già esistenti. Come è possibile che il DFP si sia sbagliato su una cosa così importante? Com’è possibile mistificare la realtà in maniera così spudorata per giustificare la mancata applicazione totale del D.L.?

    Il Ministro insiste ancora in queste ore. “Non si può entrare nella P.A. senza concorso”. Ma se il concorso si è già svolto? Lo dichiarava con orgoglio persino il Presidente del Formez, Alberto Bonisoli, in un’intervista al Messaggero del 30 luglio 2020. “Noi lo definiamo concorso-corso” diceva, in riferimento alla procedura Ripam-Regione Campania. “Prima di essere assunti definitivamente, i circa 2000 neo-vincitori di concorso faranno 10 mesi di prova sul campo”. Più chiaro di così? E’ evidente quindi, che Ministro e DFP stanno stravolgendo totalmente il senso del bando e infangando la dignità di noi borsisti vincitori di concorso, con il supporto di certa stampa. Il motivo ovviamente è prettamente politico: muoia Sansone (De Luca) e tutti i filistei, con buona pace della verità.

    Eppure nessuno si è preso la briga di leggere il bando e rispondere a questo attacco mediatico basato su cose non vere. Nessuno ha ribattuto alle nefandezze che sono state proferite nei nostri confronti in queste settimane. E una cosa falsa, riferita 10 volte, non può mai diventare verità. Questa campagna di disinformazione è riuscita a far affondare anche l’emendamento 10.38 al D.L. 44/2021, presentato dal PD per risolvere la nostra situazione. “Nella P.A. si entra con il concorso. Quella prova era di accesso” hanno ripetuto. E tutti ci hanno creduto. Emendamento ritirato.

    La prova ormai è alle porte, dovremo prepararla in pochi giorni (fino al 31 maggio saremo impegnati col project work e con il lavoro presso le amministrazioni), il materiale è vastissimo, e allo stato delle cose in tanti purtroppo saranno fatti fuori, dopo 2 anni di prove concorsuali e tirocinio. Data l’inesattezza delle ragioni addotte dal DFP per giustificare la prova e le mille problematiche, i ricorsi ovviamente pioveranno, e i tempi del concorso diventeranno biblici. Gli enti che vi partecipano si ritireranno. Catastrofisti? No, è lo stato delle cose.

    Adesso è il momento di ristabilire la verità. Le cose che diciamo da settimane sono nel bando del concorso, agli artt. 3, 7 e soprattutto art. 10 del bando cat.C / art. 11 del bando cat. D. La nostra prova scritta selettiva non era solo di accesso, ma era una prova concorsuale a tutti gli effetti, sulle materie del bando, e valida per le graduatorie finali. Proprio come quelle dei concorsi indetti dal Ministro. Uguale uguale. Il D.L. 44/2021 quindi, era pienamente applicabile anche nel nostro caso, con buona pace della sua volontà. Si pensi solo che per assurdo, se non avessimo dovuto affrontare il tirocinio, saremmo già tutti assunti da oltre un anno. Invece che un valore aggiunto come dovrebbe essere, il corso si è trasformato in una ratio di ulteriore prova. Paradossi tutti italiani. Anzi, Brunettiani”.

     



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