Prestazioni sessuali con l’avvocato del clan: così il giudice ‘aggiustava’ le sentenze alla ‘ndrangheta

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Prestazioni sessuali, 16 quelle documentate, con un avvocato per porre in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio. E’ quanto emerso dalle attività di indagine della guardia di finanza che hanno portato all’arresto del presidente della II sezione presso la Corte di Assise di Appello di Catanzaro. Secondo il gip del Tribunale di Salerno Giovanna Pacifico, il magistrato avrebbe intrattenuto “relazioni sessuali abituali con un avvocato, omettendo di astenersi, avendone l’obbligo (…) dal comporre il Collegio giudicante nei ricorsi tributari – assegnati al suo collegio – nei quali il ricorrente parte privata era patrocinato dall’avvocato nell’adottare sentenze di accoglimento di ricorsi presentati dalla professionista”. Gli incontri sessuali, tutti tra il 13 febbraio e il 21 giugno 2019, sarebbero avvenuti secondo gli inquirenti negli uffici della Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro.

Finisce anche il processo contro il clan Soriano di Filandari, nel Vibonese, fra le contestazioni mosse al magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, ed all’avvocato Marzia Tassone di Davoli (Catanzaro) del foro di Catanzaro. Secondo l’accusa della Dda di Salerno, giudice ed avvocato si sarebbero resi protagonisti di un episodio di concorso in corruzione in atti giudiziari in quanto il giudice Marco Petrini – presidente della Corte d’Appello nel processo “Ragno” contro il clan Soriano – non si sarebbe astenuto nel decidere sulla richiesta della Procura generale di Catanzaro di acquisire nel processo le dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso (rampollo dell’omonimo clan di Limbadi) contro il clan Soriano, pur essendo l’avvocato Marzia Tassone (legale di alcuni imputati) la sua “amante stabile”. Nell’udienza del processo d’appello del 14 gennaio dello scorso anno, il giudice non ha ammesso il verbale del pentito ed in alcune occasioni avrebbe avuto rapporti sessuali – secondo la Guardia di finanza e la Dda di Salerno – con l’avvocato Tassone.



    Soldi, sesso e altre “utilità” per addomesticare le sentenze. E’ un quadro inquietante quello svelato dall’inchiesta della Dda di Salerno che ha portato all’arresto, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari, di Marco Petrini, presidente di sezione della Corte d’Appello di Catanzaro e della Commissione tributaria provinciale. Oltre al magistrato sono sette le altre persone raggiunte dall’ordinanza di custodia cautelare, sei in carcere e una ai domiciliari, emessa dal gip del tribunale di Salerno su richiesta della Dda della città campana guidata dal Procuratore facente funzioni Luca Masini ed eseguite da personale del Nucleo di polizia finanziaria della Guardia di finanza, dallo Scico e da altri reparti delle Fiamme gialle. Riserbo sulle altre persone coinvolte nell’inchiesta, partita dal 2018. Sono coinvolti due avvocati calabresi, uno del foro di Catanzaro, finito in carcere, e l’altro di Locri, ai domiciliari. Personaggio chiave dell’affaire”, oltre a Petrini, era un insospettabile medico in pensione, ex dirigente dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, che, secondo quanto emerso, “stipendiava” mensilmente il magistrato per garantirsi il suo asservimento e, nel contempo, gli procurava nuove occasioni di corruzione proponendo a imputati in primo grado o loro parenti e a privati soccombenti in cause civili, decisioni favorevoli in cambio di denaro, beni e altri servigi. In un caso il magistrato catanzarese, in balia di una situazione finanziaria assai precaria e costretto ad approvvigionarsi continuamente di soldi, avrebbe agito per consentire la riassegnazione del vitalizio ad un ex consigliere regionale che ne era stato privato in seguito ad una condanna a sei anni di reclusione con interdizione perpetua. In altre circostanze Petrini avrebbe agevolato candidati per il superamento del concorso di abilitazione alla professione di avvocato. Nelle stesse ore un’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro e eseguita dalla Guardia di finanza sempre di Crotone ha inferto un altro colpo ad una delle principali cosche di ‘ndrangheta del crotonese che apre scenari sulla commistione tra criminalita’, massoneria, economia e politica. Tre persone sono state arrestate per presunte ingerenze del clan Grande Aracri nelle attivita’ del Comune di Cutro. Gli arrestati sono Ottavio Rizzuto, attuale presidente del Cda di Banca di Credito cooperativo del Crotonese e gia’ dirigente, dal 2007 al 2015, dell’Area tecnica del Comune di Cutro; Alfonso Sestito, cardiologo del Policlinico Gemelli di Roma, immediatamente sospeso dalla Fondazione Policlinico Gemelli, e l’imprenditore Rosario Le Rose. Nelle maglie della Dda catanzarese e’ finito anche il boss Nicolino Grande Aracri, capo del locale cutrese e capo crimine della provincia di Crotone, attualmente detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Opera, a Milano, al quale e’ stata notificata un’informazione di garanzia. La cosca Grande Aracri avrebbe messo le mani sul Comune di Cutro, “gestendo di fatto numerosissimi appalti e traendone diretto e cospicuo giovamento economico”. Nell’ambito dell’inchiesta “Thomas” un’informazione di garanzia e’ stata emessa nei confronti dell’ex vicepresidente della Regione Calabria Nicola Adamo e dell’ex consigliere regionale Pino Tursi Prato, “gia’ condannato nel 2004 per vari reati, fra cui quello di associazione mafiosa, per il reato di traffico di influenze illecite”.


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