Suicidio sospetto di un ragazzo della Napoli bene: riaperte le indagini

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Riccardo Bocchicchio, quarantasette anni, figlio e nipote di influenti magistrati napoletani, volò giù dal finestrone di un pianerottolo al primo piano del palazzetto dove viveva, a pochi metri dalla madre Dina Ramicone, in via Piscitelli, vicino il quartiere di Chiaia. Era la notte tra il 4 e il 5 di agosto intorno le 23.35. Un volo breve che ha travolto una passante. Era alto un metro e ottantacinque e si è lanciato da una altezza “ridicola”, come commenta sua madre, a piedi nudi e short. Nulla da fare all’arrivo dei soccorsi, i sanitari del 118 ne dichiarano il decesso riportando sul referto “probabile defenestramento”. e ora la madre come ha raccontato al quotidiano Il Mattino, ha chiesto di continuare le indagini perché non crede che il figlio abbia potuto compiere quell’estremo gesto da solo o quantomeno indotto da qualcuno,
Pochi metri quindi che risultano non sufficienti a spiegare le condizioni in cui è stato ritrovato il corpo di Riccardo Bocchicchio: quattro segni circolari sul ventre, ferite, tanto sangue rappreso controverso. E segni, come tagli, su collo e nuca. Le braccia come tumefatte nella parte interna. Riccardo, un uomo delicato, sognatore estremo, grafico laureato, con un disturbo bipolare gestito e gestibile; solo alle 23.12 – come da tabulato – era al telefono che cercava una piccola tregua alla schermaglia con la sua ragazza. “Ci vediamo?” chiedeva a Flora M. “Stai arrivando? Riprendiamo da dove eravamo rimasti”. E lei, la fidanzata di Riccardo, che l’ha raccontato al pm due volte: “Gli dissi, vengo. Ma sapevo che non sarei andata, per ripicca. Un dispettuccio perché aveva mandato a monte il nostro programma ad Ischia e lo stavo un pochino punendo. Ora mi dispiace tanto”.
La mamma aveva accettato che fosse andata come le avevano detto: per quel maledetto disturbo bipolare, suicidio. Ma chi l’aveva visto subito aveva scritto “probabile defenestramento”. Il padre magistrato, Roberto, propose la cremazione de corpo di suo figlio. Dina acconsentì subito perché non sopportava l’idea di lasciarlo in un cimitero. Ora il tormento per non potere riesumare le spoglie e capire cosa realmente sia accaduto in quella tarda sera di agosto. Dina ora spera nella solidarietà della città, che potrebbe aver visto tanto: “via Piscelli alla Torretta è un palcoscenico”; e nella perizia sulle foto originali della Scientifica.
La riesumazione avrebbe potuto sciogliere tanti dubbi. Il procuratore aggiunto Rosa Volpe, con il sostituto Raffaele Tufano, indaga contro ignoti per istigazione al suicidio. Il procuratore capo Giovanni Melillo ha chiesto di indagare ancora. Ed il 10 gennaio, cinque mesi dopo, su richiesta dell’avvocato Gennaro De Falco che rappresenta Dina Ramicone, c’è stato un sopralluogo che ha spostato l’attenzione degli inquirenti dal famoso pianerottolo al terrazzino di Riccardo e al lastrico solare confinante. De Falco lo suggeriva da mesi: “Riccardo aveva polvere bianca sotto la pianta dei piedi, compatibile con il terrazzo. È sul terrazzo che bisogna guardare”. È venuto fuori che si tratta di luogo facilmente accessibile dai tetti. È stato anche sparso il Luminol lungo il parapetto. L’avvocato De Falco è convinto che tante cose vadano chiarite, tanti personaggi individuati e collocati al loro posto prima di lasciare Riccardo in pace, nell’urna domestica nella sua stanza da ragazzo.


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