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Berlusconi accusato di riciclaggio per la vendita del Milan.

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Berlusconi accusato di riciclaggio per la vendita del Milan. A muoversi è stata la Procura di Milano. Ed il sospetto è quello “di una vendita gonfiata: una cifra fuori mercato pagata attraverso canali internazionali” nella vendita del club calcistico del Milan. A puntare la lente di ingrandimento nuovamente su Silvio Berlusconi i magistrati milanesi che sarebbero partiti da una “ipotesi di lavoro” che hanno fatto scaturire una serie di verifiche. A rivelarlo è il quotidiano La Stampa che scrive che le verifiche sarebbero finalizzare ad “accertare la reale provenienza del denaro con cui la società rossonera, per 31 anni nelle mani di Silvio Berlusconi, è passata nell’aprile scorso per 740 milioni all’imprenditore cinese Yonghong Li. In realtà un modo, secondo le ipotesi investigative, per schermare il rientro in Italia di una sostanziosa cifra”. “Dopo mesi di dubbi, inchieste giornalistiche, ombre sulla vendita della squadra milanista, è la procura di Milano a cercare di capire esattamente la regolarità dell’intera operazione. In gran segreto, nei giorni scorsi, – rivela il quotidiano – i pm hanno avviato un’inchiesta che tra le varie ipotesi comporta anche verifiche sul reato di riciclaggio, certamente un problema per Silvio Berlusconi in questo periodo di campagna elettorale. Il faro acceso dalla procura vede in prima linea il procuratore aggiunto Fabio de Pasquale”. “Alla base dell’apertura dell’inchiesta avvenuta poche settimane fa”, scrive ancora La Stampa, ci sarebbe l’acquisizione di elementi nuovi “che smentirebbero la regolarità di una bella fetta dell’operazione. Una cifra monstre quella ufficializzata nell’aprile scorso: 740 milioni di euro, pagati in due tranche e con la copertura dei debiti. Monstre perchè fino al passaggio di proprietà, il Milan era reduce da diversi campionati deludenti, campagne acquisti sotto tono rispetto ai suoi standard, continui cambi di allenatori in panchina. Campioni venduti e sostituiti con seconde linee o giovani promesse”.

Antonio Esposito


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