Benzina alle stelle: ecco le 16 accise che paghiamo. Ancora quella della guerra in Etiopia

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Benzina: in poche ore la petizione online, lanciata attraverso la piattaforma change.org,  in cui si chiede di fermare l’Iva e le accise sui carburanti, ha già raggiunto circa 20mila adesioni.

Gli organizzatori spiegano che in Italia il carburante ha raggiunto livelli di costo altissimi, ma il 60% di ciò che si paga non è per la materia prima, ma per le tasse imposte dal Governo Italiano. Le cosiddette accise, sono delle tasse sul carburante inserite dallo Stato per fare soldi in breve tempo.

“Oggi, ogni volta che fai carburante, paghi ben 16 accise, di cui una voluta nel 1935 da Benito Mussolini per finanziare la guerra in Etiopia. E poi ancora: stai pagando per la tragedia del Vajont del 1963 e per l’alluvione di Firenze del 1966, e molte altre. Leggi l’elenco completo, delle tasse che lo Stato ti sta facendo pagare da anni, nel testo della petizione che trovi sotto la foto.Credi che sia normale pagare tasse così vecchie? Emanuele chiede al Governo di eliminare le accise più datate e abbassare tutte le altre. Gli italiani sono allo stremo, non ce la fanno più a sopportare macigni sulle loro tasche e non sono un bancomat, è ora di dire basta!”

L’Italia – a livello europeo – è tra i paesi in cui il costo del carburante ha raggiunto livelli elevatissimi.

Bisogna considerare che il 27% del costo della benzina è determinato dal prezzo all’ingrosso del petrolio, mentre per il gasolio la percentuale sale al 32%.

    Il margine lordo (i ricavi ndr) delle filiere ammonta circa al 8-9%, il che vuol dire che il restante 65% per la benzina e 60% per il gasolio del prezzo sono derivanti dalle tasse e dall’IVA.

    L’introduzione delle accise è una manovra utilizzata dai governi dagli anni ’30 ad oggi, per reperire denaro in tempi rapidi a seguito di improvvise calamità o emergenze. Il principio è quello di prelevare un piccolissimo contributo in modo costante, senza gravare in modo eccessivo ad ogni pieno effettuato. Applicare le accise sul costo carburanti ha permesso di affrontare guerre, catastrofi naturali e non solo.

    Il principio è stato – ed è – così efficace che, nel corso dei decenni, abbiamo visto aggiungere di volta in volta una accisa. Ciò ha fatto conseguentemente crescere il prezzo carburante in modo costante e quasi impercettibile.
    Tuttavia, accisa su accisa, il prezzo dei carburanti in Italia è il più alto in Europa.

    Nel dettaglio:

    0,000981€ per il finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936;
    0,00723€ per il finanziamento della crisi di Suez del 1956;
    0,00516€ per la ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963;
    0,00516€ per la ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966;
    0,00516€ per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968;
    0,0511€ per la ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976;
    0,0387€ per la ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980;
    0,114€ per il finanziamento della missione in Bosnia del 1996;
    0,02€ per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
    0,005€ per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005;
    0,0051€ per far fronte al terremoto dell’Aquila del 2009;
    0,0071€ per il finanziamento alla cultura nel 2011;
    0,04€ per far fronte all’arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011;
    0,0089€ per far fronte all’alluvione che ha colpito Liguria e Toscana nel 2011;
    0,082€ per il decreto “Salva Italia” del 2011;
    0,02€ per la ricostruzione dopo il terremoto in Emilia del 2012.
    In questo momento, se il Governo vuole aiutare noi cittadini, deve eliminare definitivamente le accise più datate (rif. dalla Guerra di Etiopia al Terremoto dell’Aquila – € 0,257591 in meno) e sospendere momentaneamente le restanti accise e l’IVA (€ 0,158 + 22% sul prezzo all’ingrosso in meno) fino a quando il nostro Paese non sarà in grado di essere autonomo dalle fonti energetiche russe (rif. Min. Cingolani – 30 mesi a partire da oggi).

    “Solo in questo modo il sistema economico italiano potrà essere calmierato dai continui aumenti che si rifletteranno su tutti i beni di prima necessità.Non possiamo tollerare, dopo 30 mesi di pandemia, ulteriori macigni sulle nostre tasche”.



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