Emergenze sanitarie nelle scuole, Antonio D’Avino: ‘Insegnanti lasciati soli’

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Una recente indagine condotta nelle scuole primarie ha dimostrato che gli insegnanti sono di fatto lasciati soli nella gestione delle “emergenze sanitarie”, e nella maggior parte dei casi mancano competenze specifiche. In più del 60% dei casi, i docenti non sanno dunque come intervenire se un bambino accusa un malore. Un tema che già da tempo è stato sollevato dalla Federazione Italiana dei Medici Pediatri (FIMP), che non vuole accettare
di sottoporre i piccoli studenti a quello che il vicepresidente nazionale Antonio D’Avino (e segretario della sezione partenopea) ormai definisce un rischio oggettivo. “Facciamo nostre le preoccupazioni degli insegnanti e di quei genitori che hanno figli con patologie croniche – dice D’Avino – patologie quali ad esempio l’epilessia o il diabete. Genitori che ormai vivono le ore della scuola con ansia e con la paura di ricevere una telefonata. Anche in situazioni banali, come nel caso di semplici convulsioni febbrili, basta non farsi prendere dal panico. Per queste ed altre situazioni sarebbe fondamentale codificare delle procedure di intervento”. E’ poi Raffaella de Franchis, vicesegretaria FIMP Napoli, a spiegare che “tra le richieste che spesso i genitori sottopongono al pediatra di famiglia vi è il certificato con l’indicazione della modalità di somministrazione di un farmaco antiepilettico, in caso che si verifichi una crisi durante l’orario scolastico. La preoccupazione che la catena di emergenza scolastica non sia adeguata e che il proprio figlio possa correre dei rischi, durante un’eventuale fase acuta della sua patologia, lascia in ansia numerose famiglie. D’altra parte, la presenza di una patologia, come quella epilettica, non deve assolutamente minare il diritto allo studio del bambino”. A differenza della gestione terapeutica della malattia nella sua fase cronica, che prevede l’utilizzo di farmaci ad orari e con modalità prestabilite, la terapia in acuto richiede competenze ed esperienza che nella maggior parte dei casi nelle scuole mancano. Per questa ragione la FIMP Napoli ha richiesto e avviato da tempo percorsi di collaborazione con il mondo della scuola. “Nel 2009 – dice de Franchis – dalla proficua collaborazione Fimp Napoli-Miur Campania, nacque un vademecum sulle certificazioni mediche in ambito scolastico, ancora oggi molto utilizzato, e che ha rappresentato una preziosa guida sia per i pediatri di famiglia sia per i dirigenti scolastici. Oggi sarebbe necessaria una nuova collaborazione, con l’obiettivo di definire una regolamentazione concordata e sostenibile per la gestione di emergenze mediche in ambito scolastico”. L’epilessia è solo un esempio, ma gli stessi problemi esistono anche con l’ipo/iperglicemia nei bambini diabetici o la crisi di asma negli asmatici, tanto per citare alcuni dei casi possibili.

“Gli attori di questo percorso condiviso – aggiunge la pediatra – dovrebbero essere le famiglie, la scuola ed il pediatra di famiglia. Il rationale dovrebbe essere l’adozione di comportamenti uniformi in tutte le realtà scolastiche. La somministrazione dei farmaci in queste situazioni acute, pur dovendo derivare da specifiche autorizzazioni fornite dal pediatra, non richiede il possesso di cognizioni specialistiche di tipo sanitario, né l’esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’adulto. Quello che serve sono opportuni, adeguati e specifici corsi di formazione per gli insegnanti, proprio per garantire una  standardizzazione di intervento, rendendoli consapevoli anche dei criteri e dei tempi in base ai quali ci si deve rivolgere al servizio di emergenza. Conoscere le diverse tipologie di epilessia, quali posizioni di sicurezza far assumere all’alunno, quale eventuale intervento farmacologico, indicato dal pediatra di famiglia, attuare e anche cosa non
fare per peggiorare la situazione, sono tutti aspetti che dovrebbero far parte del bagaglio culturale degli insegnanti, per far sì che la crescita psico-relazionale dell’alunno risulti adeguata e supportata dalla fiducia e serenità delle famiglie”.



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