Tutti liberi quelli del branco di Pimonte solo il nipote del boss non ha superato la messa alla prova: due anni di carcere

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Pimonte. Lei, la vittima dello stupro di gruppo ora ha 17 anni, è in Germania da oltre un anno, loro invece i 12 baby orchi sono tornati al loro paese liberi e con la fedina penale pulita dopo aver partecipato a una brutale aggressione che ha tolto l’innocenza alla ragazzina. Sono quelli del branco di Pimonte che dopo ave trascorso un anno e mezzo di “messa alla prova” sono tornati a casa.

Il giudice ha disposto di non doversi procedere, per 10 degli 11 ragazzini (il dodicesimo all’epoca dei fatti aveva 13 anni e quindi non imputabile) estinguendo di fatto il reato e cancellandolo dalla fedina penale dei ragazzini. Hanno superato per diciotto mesi le prove, “con impegno e dedizione”. Tutti hanno studiato, si sono impegnati con attività di volontariato tra comunità di recupero e chiesa, e hanno anche iniziato a lavorare. C’è chi ha fatto il giardiniere presso una casa famiglia. Chi invece ha preparato panini in una rosticceria ambulante. Chi ha fatto l’aiuto cuoco e chi il pizzaiolo. Chi si è dedicato allo sport e adesso fa costantemente canottaggio, calcio, palestra. Chi ha trovato la sua strada, lasciando gli studi e, dopo sei mesi da apprendista, è stato assunto in una ditta specializzata in impianti idraulici:
Uno dei componenti del branco di Pimonte, imparentato con il boss del paese e che  aveva una posizione marginale perché aveva “solo” assistito alla violenza sessuale sulla ragazzina ha invece deciso di non seguire  il percorso riabilitativo e, al termine dei dodici mesi (a lui era più breve) di messa alla prova è stato “bocciato” e condannato a due anni di reclusione. È tuttora libero, in attesa del processo di Appello. E’ l’unico in caso di condanna che andrà in carcere, ma in quello minorile.

In dodici, tutti minorenni, due anni fa furono arrestati e finirono in comunità per avere stuprato e filmato ripetutamente una 15enne, costringendola a sottostare alle violenze del branco con la minaccia di diffondere i video hard realizzati in un bosco.  L’inchiesta nacque dalla denuncia della stessa vittima. La 15enne dichiarò di essere stata costretta, dopo aver avuto un rapporto sessuale con il suo fidanzato, ad averne anche con gli amici di questi, sotto la minaccia della pubblicazione sui social network di un filmato riguardante il rapporto. Minaccia poi ripetuta in successive occasioni, avendo il “branco” ripreso anche i successivi rapporti con gli altri.L’attività di indagine, svolta successivamente, consentì di ottenere il riscontro delle dichiarazioni della vittima, ascoltata dal pm minorile con l’ausilio di una psicologa, con quelle di alcuni testimoni ed altri esiti investigativi, consentendo di individuare compiutamente gli autori del fatto e le responsabilità di ciascuno nella commissione dei reati. Dei dodici indagati, undici furono sottoposti alla misura del collocamento in comunità. Per uno solo, con età inferiore ai 14 anni, si era proceduto separatamente.


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