Si è concluso nel pomeriggio, intorno alle 16.40, lo sbarco nel porto di Napoli dei 113 naufraghi soccorsi dalla Life Support, la nave di ricerca e soccorso di Emergency, al termine di due distinte operazioni nel Mediterraneo centrale. Uomini stremati, tre dei quali minori non accompagnati, approdati dopo giorni di paura e sopravvivenza in mare, ma soprattutto dopo un percorso segnato da violenze, abusi e privazioni.
I migranti erano partiti dalle coste libiche e sono stati salvati in due momenti diversi: il primo intervento, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, ha permesso di mettere in salvo 69 persone in zona Sar libica; il secondo, avvenuto la sera del 14 dicembre, ha riguardato altre 44 persone intercettate in zona Sar maltese. Provengono da Bangladesh, Pakistan ed Egitto, Paesi colpiti da instabilità politica, crisi economiche e disastri climatici, contesti che, sottolinea Emergency, non possono essere considerati sicuri.
A bordo della Life Support molti hanno trovato il coraggio di raccontare ciò che avevano vissuto prima della traversata. I centri di detenzione libici emergono ancora una volta come luoghi di violenza sistematica, dove le persone vengono rinchiuse senza diritti, sottoposte a torture, minacce continue e costrette a vivere in condizioni igienico-sanitarie disumane. Alcuni dei naufraghi portano sul corpo i segni evidenti dei maltrattamenti subiti. L’auspicio dell’equipaggio è che ora possano ricostruire un futuro in Italia o in Europa, lontano da quel ciclo di abusi.
Tra le testimonianze raccolte, quella di un giovane bengalese restituisce il senso profondo della fuga. Nel suo Paese, racconta, la corruzione, la mancanza di lavoro e le devastanti inondazioni lo hanno spinto a partire. In Libia ha conosciuto una vita fatta solo di sfruttamento e paura, fino all’arresto da parte delle milizie e alla detenzione. Ha tentato di attraversare il mare tre volte, venendo intercettato o costretto a tornare indietro, prima di essere finalmente soccorso. Oggi il suo desiderio è semplice: lavorare e costruirsi un futuro.
Il Mediterraneo centrale continua però a essere una delle rotte migratorie più letali al mondo. Dall’inizio dell’anno si contano già oltre mille tra morti e dispersi e decine di migliaia di persone intercettate e riportate forzatamente in Libia. Anche durante questa missione, la Life Support ha assistito a possibili intercettazioni e respingimenti collettivi, pratiche considerate illegali e che, secondo Emergency, espongono i migranti al rischio concreto di nuove violenze.
Con lo sbarco a Napoli si chiude la trentanovesima missione della Life Support. Dal dicembre 2022 a oggi la nave ha soccorso più di tremila persone. Numeri che raccontano un’emergenza ancora aperta e una realtà che continua a interrogare l’Europa sulla necessità di mettere la tutela della vita al centro di ogni scelta sul Mediterraneo.
Fonte REDAZIONE





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