L’Irpinia si trasforma in un laboratorio a cielo aperto per lo studio dei terremoti. Quello che fino a poco tempo fa era un esperimento pionieristico, oggi è diventato una rete operativa di monitoraggio geofisico lunga 80 chilometri. La fibra ottica installata tra Sant’Angelo le Fratte e Castelgrande, già utilizzata in via sperimentale su un tratto di 20 km, è ora al centro dell’Irpinia Near Fault Observatory (Info), progetto nato dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Università di Napoli Federico II, nell’ambito dell’infrastruttura di ricerca europea EPOS e finanziato con fondi Pnrr-Ingv.
Il sistema ha già dimostrato la sua efficacia registrando, con una risoluzione senza precedenti, il terremoto di magnitudo 4.0 che ha colpito la zona di Montefredane lo scorso 25 ottobre. “Con 80 chilometri di fibra ottica riusciamo a osservare i movimenti del sottosuolo con una precisione che i sensori tradizionali non possono offrire”, spiega Gaetano Festa, professore di Fisica della Federico II. “È come avere un sismometro ogni dieci metri lungo tutto il percorso del cavo”.
Il principio è semplice ma rivoluzionario.Potrebbe interessarti
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Per Giulio Selvaggi, coordinatore scientifico del progetto Meet, l’obiettivo è chiaro: “Negli ultimi vent’anni in Irpinia abbiamo avuto pochi terremoti di grande magnitudo, ma capire i piccoli eventi è fondamentale per comprendere la dinamica delle faglie. Questa tecnologia ci offre finalmente la lente d’ingrandimento che mancava”.
Il nuovo sistema rappresenta dunque un salto di qualità nella conoscenza del rischio sismico dell’Appennino meridionale. Una rete che non solo “ascolta” la Terra, ma può contribuire a rendere più sicure le comunità che vivono lungo una delle faglie più attive d’Italia.





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