Napoli – Sedici anni appena, ma già immerso in dinamiche criminali spietate, frequentazioni pericolose e una macabra fascinazione per la morte.
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Un retroscena agghiacciante emerge dalle chat del gruppo di baby camorristi del rione Sanità frequentato da Emanuele Tufano, il sedicenne ucciso dal fuoco amico durante una “stesa” a Piazza Mercato la sera del 24 ottobre 2024.
Insieme ad altri undici coetanei, Tufano partecipò a quella notte di violenza, ma le sue inquietanti intenzioni vanno oltre la semplice “bravata”.
Nelle 106 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal GIP Alessandra Cesare, che ha portato all’arresto di sedici baby camorristi del rione Sanità e di Piazza Mercato (con l’unica eccezione del diciannovenne Francesco Zerobio, costituitosi ieri nel carcere di Secondigliano), emergono dettagli sconcertanti sulla mentalità di questi giovanissimi.
Ieri si è costituito l’unico latitante Francesco Zerobio
La sezione dedicata alle “chat” rivela l’esistenza di numerosi gruppi Telegram dedicati al mercato nero del “dark web”, dove si trattavano armi, droga, carte di credito clonate e denaro falso.
Ma l’orrore più profondo si annida in una significativa conversazione tra la vittima, Emanuele Tufano, e Francesco Esposito detto pezzettino, datata 28 febbraio 2024. Estratta da una chat i cui messaggi erano stati cancellati da Esposito (tranne uno, commentato da Tufano e quindi recuperato), la conversazione svela una violenza inaudita.
Esposito informava Tufano che “GDM” (identificato dagli inquirenti come Gennaro De Martino del gruppo del Mercato) aveva ricevuto una pistola puntata in faccia quella notte, e la risposta di Emanuele fu agghiacciante: considerava quel gesto una “perdita di dignità”.
Del resto, non sussistono dubbi sul fatto che il gruppo della Sanità fosse armato quella notte. Le immagini delle telecamere sono eloquenti: immortalano il momento in cui Mattia Buonafine consegna platealmente una pistola al minorenne F.P.F., sotto gli occhi di tutti i dodici componenti del gruppo.
Subito dopo, in sella a sei scooter, si lanciano in un corteo rumoroso e spavaldo verso il centro urbano, ostentando una sicurezza arrogante, privi di caschi protettivi e desiderosi di affermare la propria forza sul territorio. La reciproca consapevolezza di possedere armi e la convinzione di poter reagire con violenza a qualsiasi “attacco esterno” li rendeva audaci e pronti allo scontro.
Le indagini rivelano inoltre che queste “scorribande armate” non erano una novità per il gruppo della Sanità, come confermato dalla ex fidanzata di M.V., in una conversazione con il suo nuovo compagno A. F. (del gruppo del Mercato), spiegando che “loro” facevano questi “giri” ogni sera.
E dal cellulare della vittima è emersa una chat di gruppo con Esposito, Zerobio e altri tre soggetti, dove i partecipanti discutevano con fierezza della loro familiarità con le armi. In un passaggio ancora più inquietante, Emanuele Tufano chiedeva a Esposito se avesse la mano ferma, e quest’ultimo, rispondendo affermativamente, sottolineava la sua “esperienza”.
Ma è un altro messaggio estratto dalla stessa chat a gelare il sangue: Emanuele Tufano manifestava la sua chiara e sconcertante volontà di sparare a qualcuno, spinto dal desiderio morboso di “guardarlo negli occhi mentre muore”.
Questa terribile confessione, unita alla consapevolezza dei rischi da parte degli stessi membri del gruppo (come ammesso dal minore M.V. alla madre, riferendo che Emanuele era “consapevole che veniva a fare il giro con noi… e lo sa che noi stiamo litigati con le persone”), dipinge un quadro di una giovanissima criminalità senza scrupoli e con una inquietante propensione alla violenza estrema.
La consapevolezza dei genitori dei giovani baby camorristi
Anche le madri dei più giovani protagonisti di quella notte sembravano consapevoli della loro condotta armata, senza mostrare alcuna opposizione, come emerge da intercettazioni ambientali. Un silenzio assordante che sottolinea una normalizzazione della violenza in contesti familiari difficili.
Con questo atteggiamento impavido e armato, il gruppo della Sanità quella notte si spinse fino al territorio rivale di Piazza Mercato, quasi attratto dalla consapevolezza del pericolo, cercando un’occasione per mettere alla prova la propria forza e rafforzare il proprio potere criminale.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura, quella sera il gruppo della Sanità si muoveva per le strade cittadine armato e determinato, spingendosi fino a entrare in un quartiere presidiato da un gruppo rivale, anch’esso armato. Una vera e propria “spedizione” che, più che evitare il pericolo, sembrava cercarlo, con l’obiettivo di misurare la propria capacità di reazione e consolidare il proprio potere.
Ad aprire il fuoco furono i ragazzi del rione Sanità
Lo scontro non tardò ad arrivare: quando i ragazzi della Sanità incrociarono quelli del Mercato – che si trovavano alle loro spalle e stavano mostrando le armi – aprirono il fuoco. Tre pistole spararono raffiche prima in aria, poi ad altezza d’uomo, come confermato dai giovani testimoni minorenni F.A. e A.P., entrambi arrestati nell’inchiesta. I ragazzi del Mercato risposero al fuoco con due armi, cercando riparo dai proiettili.
Il racconto dei testimoni combacia con altre ricostruzioni. In una conversazione col fidanzato F. A, la ragazza riportava quanto appreso dal suo ex, parlando di un avvertimento lanciato da uno dei membri della Sanità poco prima che uno di loro aprisse il fuoco. Anche Giuseppe Auricchio, in un colloquio con A.S., raccontava di essere stato tra gli ultimi del corteo di scooter e di essersi trovato faccia a faccia con gli avversari: “Ci incontrammo di fronte tutti e quattro… mi puntò”, avrebbe riferito.
Una notte di follia e violenza che ha segnato tragicamente il destino di due giovanissime vite.
Articolo pubblicato il giorno 10 Maggio 2025 - 09:20