Arrestato a Roma l’ex killer pentito che fece aprire le indagini sull’omicidio di Giancarlo Siani

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Salvatore Migliorino, un ex killer, camorrista e pentito, è stato arrestato a Roma nell’ambito di un’indagine sulla possibile attività di spaccio di droga nel quartiere Tufello.

Migliorino, noto per la sua collaborazione con la giustizia che portò alla riapertura delle indagini sull’omicidio del giornalista Giancarlo Siani, è stato ammanettato insieme ad altri indagati, tra cui Massimiliano Raco e Lulzim Lugja.

L’operazione ha portato al sequestro di oltre 60 kg di hashish, cocaina e marijuana, armi da fuoco, munizioni e circa 250.000 euro in contanti.

Secondo gli investigatori, il gruppo di Migliorino operava tra via delle Isole Curzolane e via Antonio de Curtis, con legami stretti con ambienti criminali napoletani e vesuviani. Questo riporta alla ribalta uno dei protagonisti di una stagione criminale che sembrava essere finita.

Condannato per l’omicidio di Gennaro Agnello e coinvolto in varie inchieste sulla camorra, le armi e la droga, Migliorino fu il pentito chiave che portò alla scoperta della verità sull’omicidio di Giancarlo Siani.

    Le indagini tecniche, le testimonianze e la ricostruzione degli eventi hanno portato alle nuove inchieste su Migliorino – come anticipato dall’ edizione di Roma de la Repubblica – riaprendo il capitolo dei traffici di droga. La sua storia e il suo coinvolgimento nei fatti criminali lo riportano così alla ribalta.

     Le sue prime rivelazioni sull’omicidio Siani fatte all’allora presidente della commissione antimafia Luciano Violante

    “Ho deciso di collaborare per una forma di rispetto prima di tutto verso la mia famiglia”, disse all’epoca al presidente della commissione antimafia Luciano Violante. In quella sede parlò anche dell’omicidio di Giancarlo Siani.

    “Mi diceva che dava fastidio a personaggi di Torre Annunziata come …… Era molto insistente nella sua attività, ficcava il naso un po’ dappertutto; era una cosa che andava fatta e poi ci sono persone che l’hanno fatto”.

    Furono proprio le sue rivelazioni che fecero partire l’inchiesta sfociata dopo anni nella condanna del boss Angelo Nuvoletta, uno dei mandanti, e a quella degli esecutori. Valentino Gionta, condannato all’ergastolo in appello, venne assolto in Cassazione.



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