Scommesse illegali, il sistema del figlio del boss: I nomi dei 72 indagati

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Sono 72 gli indagati nella maxi inchiesta sulle scommesse illegali e il riciclaggio dei proventi illeciti nei paradisi fiscali.

Una joint venture tra ‘ndrangheta calabrese, casalesi, camorra e personaggi borderline della provincia di Napoli.

Il business si basava su una piattaforma informatica realizzata nel 2000 da un soggetto piuttosto noto alle forze dell’ordine, Luigi Tancredi (romano, accusato di ricettazione e gia’ coinvolto in altre indagini) ma potenziata grazie a un altro indagato per fare fronte alle esigenze contemporanee, il sistema grazie al quale – secondo uno stima – una community composta da milioni di giocatori sparsi in ogni angolo della terra scommettevano anche “one to one” malgrado fossero a migliaia e migliaia di chilometri di distanza.



    E’ emerso durante le indagini che ieri hanno consentito alla DDA e ai carabinieri di Salerno di arrestate 33 persone ritenute legate a una organizzazione criminale, con ramificazioni anche all’estero, accusata di avere messo in piedi un giro miliardario di scommesse illegali.

    A capo dell’associazione a delinquere e’ risultato essere Luigi Giuseppe Cirillo, figlio di un boss, il quale, secondo gli investigatori, avrebbe realizzato una vera e propria holding del “gaming on line” (casino’, poker Texas Holdem) associandosi alla rete “dbgpoker”, non autorizzata in Italia e avvalendosi anche della mafia casalese. I giochi erano raggiungibili anche attraverso slot machine e totem perlopiu’ installati nelle localita’ del sud Italia dove piu’ forte e’ risultata la pressione della criminalita’ organizzata.

    I server, secondo i militari del Nucleo Investigativo di Salerno, sebbene coordinati dal Salernitano, precisamente da Mercato San Severino, erano stati dislocati nei cosiddetti paradisi fiscali, come Panama e l’isola di Curacao.

    Un sistema piramidale alla cui base c’era il player, il giocatore, che di fatto finanziava l’attivita’ di gaming online. Alla punta piu’ alta, invece, il vertice vendeva ai vari livelli gestionali crediti ‘virtuali’ che, poi, diventavano ‘reali’ grazie alle giocate, online o ai totem fisici scollegati dalla rete dei Monopoli, dei giocatori finali. Gli introiti stimati sono stati quantificati, in due anni, in oltre 5 miliardi di euro e, qualora i giochi fossero stati svolti in forma lecita, l’Erario avrebbe incassato circa 500 milioni.

    I carabinieri hanno eseguito anche un sequestro preventivo di 11 siti web e di due societa’ con sede legale a Mercato San Severino, nel Salernitano, e di 3 milioni di euro nei confronti di Luigi Giuseppe Cirillo e di altre persone ritenute suoi prestanome. Cirillo, nell’ordinanza cautelare, viene ritenuto capo e promotore del sodalizio criminale perche’ avrebbe creato una holding del gaming online illecito sul territorio nazionale ed estero, avvalendosi anche dei legami con i Casalesi.

    Sempre secondo la tesi investigativa e condivisa dal gip, il sistema piramidale prevedeva che, “a ogni passaggio di livello – spiega la procura di Salerno – sarebbe stata corrisposta una percentuale per la prestazione fornita da ciascun componente della piramide di gioco, a seconda di quanto stabilito in sede di ‘contrattualizzazione'”. Poi, la consistente quota parte sarebbe andata nelle casse del casino’, livello apicale e amministratore globale.

    Tra i reati contestati a Cirillo vi e’ l’autoriciclaggio per degli investimenti immobiliari fatti a Panama e il porto abusivo di arma da sparo. Uno degli indagati avrebbe venduto una Lamborghini Murcielago, fittiziamente intestata a una societa’ iscritta nei registri della Repubblica Ceca, a una concessionaria di Torino.

    Contestata, per alcuni reati, l’aggravante mafiosa sotto il profilo dell’agevolazione al clan dei Casalesi perche’ vi sarebbe stata la “consapevole fornitura – scrive la procura di Salerno – della piattaforma di gioco illegale a soggetti ad esso contigui, che, sulla base delle risultanze, ne avrebbero cosi’ alimentato le casse”. La cattura delle persone fuori dal territorio nazionale sono state eseguite con il supporto del servizio per la cooperazione internazionale di polizia della Direzione centrale Polizia criminale – Ufficio esperto per la sicurezza in Romania.

    I nomi dei 72 indagati

    Il gip Gerardina Romaniello, su richiesta del pm Silvio Marco Guarriello e Giancarlo Russo, ha iscritto sul registro degli indagati 72 persone. Si tratta di Alfonso Aliberti di Siano (Salerno), Francesco Aliberti, detto “zio Franco” di Siano (Salerno); Michele Ambrosio di San Giuseppe Vesuviano; Gerardo Angiletta, detto “Dino” residente a Timisoara (Romania); Fabrizio Baldassari di Genzano (Roma); Riccardo Baldassari di Genzano (Roma); Giannalberto Campagna di Conselice (Ravenna); Lorenzo Carbone di Potenza; Emanuele Caridi di Fiumicino; Giuseppe Carnovale, detto “Pepo” o “Leonardo De Rossi” di Santa Caterina sullo Jonio; Francesco Carpentieri di Baronissi; Giuseppe Caulo, di Pietragalla (Potenza); Gianfranco Cavallaro di Genova; Fabrizio Ciampini di Ardea (Roma); Luigi Giuseppe Cirillo di Mercato San Severino; Alessio Coletti di Ostia; Fabio D’Agostino di Avezzano; Gino Vincenzo D’Anna di Ribera (Agrigento); Pietro Del Vecchio, detto “Pedro” di San Benedetto del Tronto; Vincenzo Del Vecchio di San Benedetto del Tronto; Luigi De Benedetto di Siano (Salerno); Fabio Di Giovanni di Giugliano in Campania (Napoli); Gianmarco Di Giovanni di Giugliano in Campania (Napoli); Vincenzo Erra di Mercato San Severino; Domenico Esposito, detto “Mimmo” di Napoli; Guendalina Femia di Locri; Nicola Femia, detto “Rocco” di Marina di Gioiosa Jonica; Rocco Maria Nicola Femia di Locri; Yuri Fergemberger di Rapallo; Salvatore Ferrara, detto “Sasà” di Formia (Latina); Mauro Fontanino di Cervinara (Avellino); Pietro Garonfolo, detto “Peter” di Torino; Christian Genovese di Baronissi; Walter Genovese di Baronissi; Sabato Jacopo Genovese di Mercato San Severino; Giovanni Giarletta di Montoro; Emiliano Giorgi di Ostia Lido; Marino Grimaldi di Bracigliano; Antonino Irrera di Messina; Antonino La Commara di Napoli; Enrico La Commara di Napoli; Borut Lozej residente in Slovenia; Luigi Manda, detto Gino di Napoli; Giovanni Marinelli di Potenza; Giustina Marino detta “Tina” di Casavatore (Napoli); Alessio Miranda di Roma; Domenico Mostacciuolo di Nocera Terinese; Gheorghe Murarescu di Siano; Altin Nervaj di Avezzano; Maurizio Pellegrini di Mugnano di Napoli; Gino Pennetta di Galatina; Ioana Petrescu residente in Romania; Vittorio Persico di Marano (Napoli); Enrico Pizzuti di Paliano (Frosinone); Salvatore Pota di Aversa (Caserta); Angelo Prudentino di Ostuni;  Francesco Rossi, detto Chicco, di Mercato San Severino; Gaetano Rossi di Mercato San Severino; Domenico Scardino, detto Mimmo, di Volla (Napoli); Valentino Siesto di Potenza (domiciliato a Panama); Antonio Tancredi di Potenza; Luigi Tancredi detto “Gino”, di Roma; Dante Taranto di Arzano; Valerio Tito di Vico Equense; Marco Triumbari di Potenza; Donatella Valente di Roma; Maria Venosa detta Mary di Aversa, Raffaele Venosa di San Cipriano d’Aversa; Giuseppe Verrone, inteso “Peppe a lutamm” di Aversa.

    La custodia cautelare in carcere

    La misura della custodia cautelare in carcere è stata applicata nei confronti dei seguenti indagati: Michele Ambrosio, Gerardo Angiletta, Giannalberto Campagna, Lorenzo Carbone, Giuseppe Carnovale, Giuseppe Caulo, Fabrizio Ciampini, Luigi Giuseppe Cirillo, Alessio Coletti, Gino Vincenzo D’Anna, Fabio Di Giovanni, Gianmarco Di Giovanni, Guendalina Femia, Rocco Mario Nicola Femia, Salvatore Ferrara, Walter Genovese, Giovanni Ciarletta, Emiliano Giorgi, Antonino Irrera, Antonio La Commara, Enrico La Commara, Giovanni Marinelli, Alessio Miranda, Gino Pennetta, Iona Petrescu, Salvatore Pota, Angelo Prudentino, Gaetano Rossi, Valentino Siesto, Antonio Tancredi, Luigi Tancredi, Dante Taranto.


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