La donna era stata condannata nel novembre scorso a 6 anni di carcere per omissione di tutti i capi d’accusa contestati a Badre. Diciotto testimoni da ascoltare nel processo d’appello, perche’ la Procura di Napoli Nord vuole che la madre di Giuseppe sia condanna non solo per concorso in maltrattamenti, ma anche per i comportamenti omissivi che hanno portato all’omicidio del figlio di 7 anni. Tony Essobti, compagno della donna, e’ gia’ stato condannato all’ergastolo, mentre Valentina Casa e’ stata assolta dall’accusa di concorso nell’omicidio di Giuseppe e nel tentato omicidio della figlia Noemi, 12 anni, anche lei bersaglio delle perscosse dell’uomo anche con un bastone. Valentina Casa e’ stata invece riconosciuta colpevole, e condannata a sei anni, per maltrattamenti verso i figli, in concorso con Essobti. La procura ha presentato appello contro la decisione di assolverla dal reato piu’ grave.
Nell’atto di accusa, sottoscritto dai pm Fabio Sozio e Paola Izzo, la sentenza, emessa nel novembre scorso, sarebbe illogica e contraddittoria. Quella notte nella casa di via Marconi a Cardito, Essobti picchio’ anche alla testa Giuseppe fino ad ucciderlo e anche Noemi, ferendola fino al punto di comprometterne l’udito. I due pm scrivono di “martirio dei due bambini”, e di una madre inerme di fronte alle violenze commesse dal compagno, anzi attiva nel cercare di nasconderne le tracce.
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Valentina Casa ha riferito di aver urlato e tentato di fare qualcosa, ma che il compagno reagi’ dandole un morso sul collo e tirandole i capelli; circostanze queste, che la procura ha sempre ritenuto false, basandosi su dati oggettivi come le intercettazioni dopo l’arresto dell’uomo, testimonianze e altri elementi prodotti in giudizio. Il morso, in particolare, le fu dato dal convivente prima delle violenze verso i bimbi, e delle urla verso il compagno non vi sarebbe stata traccia. Ecco perche’ la procura provera’ a sentire nuovamente diversi testimoni che ricostruirono le fasi antecedenti al tragico delitto.
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