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‘Auguri o Re immortale’ lo striscione degli ultras per Maradona

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‘Auguri o Re immortale’ lo striscione degli ultras per Maradona.

“Auguri o re immortale, il tuo vessillo mai smetterà di sventolare” questo il testo dello striscione per il compleanno di Diego Maradona esposto dagli Ultras 72 della Curva B. Un omaggio che non poteva mancare da parte dei tifosi azzurri che hanno voluto celebrare i 60 anni di Diego Armando Maradona. Passano le generazioni, passano i tifosi, ma anche chi non lo ha visto materialmente giocare sul campo ha nel cuore Maradona.

“Happy Birthday Diego!”. Con questo messaggio attraverso i suoi canali social anche il Napoli ha inviato gli auguri a Diego Armando Maradona per i suoi 60 anni. Il club ha inoltra lanciato una serie di hashtag per celebrare la giornata: “#DIE60 #Maradona #ForzaNapoliSempre”.

Diego Armando Maradona aveva 15 anni quandò esordì nel mondo del calcio: entrato nel secondo tempo di Argentinos Juniors-Talleres di Cordoba. La sua squadra, l’Argentinos perdeva 1-0 ed entra al posto di Ruben Anibal Giacobetti. Prende 7 in pagella su El Grafico Maradona e da allora comincia la sua storia con il calcio. “Mi sueño? mi sueño es jugar en el Mundial. Y ganarlo?” diceva alle televisioni che andavano ad intervistarlo a Villa Fiorita, la sua povera residenza ed intanto aveva già preso in mano l’Argentinos. Un sogno che avrebbe realizzato nel 1982 con il trionfo dell’Azteca del 29 giugno, a quindici anni da quelle immagini così incredibilmente premonitrici. A meno di un mese dall’esordio arriva il primo gol in serie A, una doppietta allo stadio General San Martin di Mar del Plata, la Rimini d’Argentina nel successo per 5-2 dell’Argentinos contro il locale San Lorenzo. Il 27 febbraio 1977, a quasi 16 anni e 4 mesi, arriva il debutto nella Seleccion in un’amichevole premondiale contro l’Ungheria. Il ct era Luis Cesar Menotti.

Entra sul 4-1, giusto in tempo per offrire a Houseman l’assist del pokerissimo che chiude la partita. Menotti, però, non lo sceglie per il modniale del 1978 preferendo Bottanis e Humberto Bravo. Maradona lascia la povertà di Riva Fiorita, diventa un idolo del calcio. Papà Diego, mamma Dalma Salvadora detta Tota. E i tanti fratelli, otto: nell’ordine Ana e Rita, poi Elsa e Maria. Quindi Diego Armando, il primo maschietto. E poi ancora Raul detto Lalo, Hugo detto El Turco e Claudia. Nel 1979 a Tokyo arriva il trionfo nel Mondiale under 20 con l’Argentina, da capitano, che in finale batte 3-1 l’Unione Sovietica. Gioca in Italia contro gli azzurri di Bearzot. Le frontiere sono chiuse ma Napoli e Juventus si interessano a lui. Nel 1981 passa dall’Argentinos Jrs al Boca. Ci resta un anno. Poi il club lo cederà al Barcellona a causa dei debiti.

Con i Blaugrana firma un contratto di sei stagioni e 5,5 milioni di ingaggio. Dopo due stagioni poco fortunate (tre mesi fuori nel 1982-83 per epatite; 106 giorni di stop nel 1983-84 causa entrata killer del difensore dell’Athletic Bilbao Andoni Goikoetxea che gli spappola la caviglia sinistra) Maradona è del Napoli. 13 miliardi di lire il costo del cartellino più 800 mila dollari all’anno al giocatore per cinque stagioni più vari benefit. Nel mondiale del 1982 si vede poco e Gentile lo annulla nella sfida che proietterà l’Italia alla vittoria mondiale. A Napoli viene presentato il 5 luglio 1984, davanti a un San Paolo in delirio. L’avventura italiana comincia il 22 agosto del 1984 con un gol in Coppa Italia al San Paolo contro l’Arezzo. Il debutto in campionato però riserva un mesetto dopo la delusione di una sconfitta per 3-1 al Bentegodi contro quel Verona che a fine stagione festeggerà tra la sorpresa generale lo scudetto. Primi due anni senza infamia e senza lode per Maradona con Marchesi e Bianchi in panchina. Mexico ’86 laurea l’Argentina di Maradona campione del mondo con il gol di mano agli inglesi (la mano de Dios), la cavalcata solitaria di 60 metri seminando avversari sempre contro la perfida albione, la vittoria sulla Germania ovest. La stagione successiva (1986-87) Dieguito riesce nell’impresa di regalare al Napoli il suo primo storico scudetto con il contorno della Coppa Italia.

Per altre quattro annate, con e grazie a Maradona, il Napoli sarà squadra di vertice in Italia e in Europa capace di vincere ancora uno scudetto (1989-90), una Supercoppa italiana (1990) e una Coppa Uefa (1989). Maradona lascia Napoli e l’Italia l’1 aprile del 1991, fatale il doping alla cocaina (17 marzo, dopo Napoli-Bari 1-0) che gli costa 15 mesi di stop. A Italia ’90 spacca il San Paolo nella sfida contro l’Italia. Un rigore deciderà poi cinque giorni dopo anche la finale dell’Olimpico vinta dalla Germania nella serata dei fischi all’inno e del “hijos de puta” rivolto platealmente alle telecamere dal capitano argentino.

Lascia Napoli, giocherà ancora (Siviglia, Newell’s Old Boys, l’amato Boca Juniors), farà ancora un Mondiale (nel ’94 partenza a razzo e triste abbandono per doping proprio alla vigilia della seconda fase) regalando sprazzi di grande calcio e altri guizzi da numero uno dei numeri 10. Ultima partita ufficiale (con la maglia dell’amato Boca Juniors in un “superclasico” contro il River Plate vinto 2-1), Diego Maradona ha vinto di tutto e di più: un Mondiale dei grandi e uno dei giovani, tre scudetti (uno con il Boca, due con il Napoli), una coppa Uefa, due coppe e due supercoppe nazionali (doppietta con il Barcellona e con il Napoli), sei volte la classifica cannonieri (cinque in Argentina e una in Italia). In casa ha pure un Pallone d’oro di France Football alla carriera, consegnatogli nel ’95. Unico cruccio la Coppa dei Campioni, italiana e sudamericana, che gli ha regalato qualche amarezza che non meritava.


Articolo pubblicato il giorno 30 Ottobre 2020 - 09:59

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