Le indagini, avviate con il sequestro di un capannone industriale colmo di rifiuti a Mossa, in provincia di Gorizia, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale del capoluogo isontino, unitamente a personale del Ros e ai finanzieri del Gico di Trieste e dello Scico di Roma, hanno portato a scoprire lo smaltimento illecito di circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali e plastici provenienti da un impianto di recupero di una società del bellunese e da un’area dismessa a Borovnica, in Slovenia. Le sei persone coinvolte sono state poste agli arresti domiciliari. Il Gip ha anche disposto il sequestro preventivo di un milione di euro, profitto del reato, individuato quale danno ambientale.
L’attività investigativa è stata condotta anche con l’ausilio di un drone, che ha consentito di monitorare ogni movimento degli automezzi, dal loro ingresso in Italia sino allo smaltimento finale dei rifiuti. Una volta sequestrato il capannone di Mossa, le persone arrestate avevano cercato siti alternativi sul territorio friulano dove continuare l’attività illecita. Sono in corso numerose perquisizioni in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania, per recuperare la documentazione necessaria a ricostruire l’esatta provenienza dei rifiuti e le tappe intermedie toccate dagli automezzi. Il Gip, nel motivare le esigenze cautelari, ha ricollegato la vicenda al diffuso fenomeno delle eco-mafie, sottolineando il fumus della presenza della criminalità organizzata e il particolare livello di pericolosità, emersi nel corso delle indagini, per le evidenti affinità dell’accaduto con dinamiche criminali tipiche dell’area napoletana.
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