Napoli. Anche un funzionario della Regione Campania si e’ rivolto alla camorra per riscuotere un credito che un suo amico vantava da un socio: la circostanza emerge dagli atti di indagine relativi al maxi blitz interforze, coordinato dalla Procura di Napoli, messo a segno ieri ai danni della cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”. Entrambi figurano nella lista dei 214 indagati. L’uomo, ora 65enne, nel 2013 consigliò questa scorciatoia palesemente criminale ad un amico, che ora ha 55 anni, e che lavorava per conto della Regione pur non essendone dipendente. Il 55enne vantava un credito considerevole, (5-600mila euro, secondo un pentito liquidati dalla Regione). I fatti, che si configurano come una tentata estorsione sono accaduti nel Casertano, e vengono documentati attraverso una serie di conversazioni intercettate mentre alcuni dei soggetti criminali coinvolti, tutti di rango, sono in auto. Un comportamento duramente stigmatizzato, nell’ordinanza, dal gip di Napoli Roberto D’Auria: “Sono assolutamente univoche le acquisizioni raccolte nel corso delle indagini in ordine alla modalità ‘camorristica’ con la quale il creditore, su consiglio dell’amico (il funzionario) ha tentato di recuperare il credito vantato…”. Ad essere chiamato in causa è Vincenzo Tolomelli, un esponente di caratura del clan Contini (destinatario di una misura cautelare in carcere). Tolomelli, non ha potere in quella particolare zona a cavallo tra Caserta e Napoli ma dimostra di avere legami con la malavita locale che viene interpellata e coinvolta, in un’ottica di “convergenza di interessi”, scrive il gip nell’ordinanza. Un professionista, dipendente del debitore, viene anche pestato in strada dagli uomini del clan al fine di intimorire il suo datore di lavoro. La tentata estorsione trova conferma nelle parole rese agli inquirenti da un collaboratore di giustizia e, spiega il giudice, “per tutti gli indagati ricorrono i gravi indizi di colpevolezza”. “La vicenda appare di particolare gravità – scrive ancora il giudice – laddove si consideri il contesto istituzionale” nel quale operavano il creditore e il suo amico funzionario regionale, “da cui dunque sarebbe lecito aspettarsi un pur minimo senso delle istituzioni”.
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