Sant’Antimo. Per i pentiti era il “fidatissimo” di Lorenzo Puca il figlio del boss Pasqualino o’ minorenne e che aveva preso le redini e il controllo del clan con la detenzione del padre. Per l’anagrafe era solo, fino a ieri, Vincenzo D’Aponte, 45 anni, incensurato e apprezzato imprenditore di Sant’Antimo. Ma dall’inchiesta che li ha portati in carcere emerge un quadro sconcertante del comportamento dei due che in pratica avevano messo sotto estorsione tutti quelli che a Sant’Antimo avevano un’attività commerciale e imprenditoriale. Erano diventati un vero incubo. D’Aponte forte delle sue “entrature” nel mondo imprenditoriale contattatva i ” colleghi” e li portava al cospetto del giovane boss Lorenzo Puca. E qui parivano le minacce senza giri di parole soprattutto per chi cercava di perdere tempo oppure spiegare che non aveva la possibilità di pagare la cifra richiesta. “Voi mi date nove appartamenti, altrimenti finisce che vi sparo in bocca. Voi non sapete con chi avete a che fare e chi sono i Puca”. Oppure : “Ma i figli piccoli a casa, li ho soltanto io?O devo fare come quella volta che ha infilato un fucile in bocca ad uno s..o che non voleva fare quello che gli avevo ordinato?”. Si rivolgeva con questi toni Lorenzo Puca alle sue vittime. Una però ha trovato il coraggio di denunciare e far scattare l’indagine lo scorso anno. I carabinieri sotto il coordinamento della Dda di Napoli, hanno accertato che fino a pochi giorni fa i due continuavano a chiedere il pizzo. I due stamane, nel carcere di Secondigliano dove sono rinchiusi, sono stati sottoposti all’interrogatorio di garanzia rispondendo alle domande dei giudici.
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