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Napoli, omicidio Perinelli, il pm non crede a Galasso: per lui l’accusa è di omicidio doloso aggravato

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Dovra’ rispondere di omicidio doloso aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione il 31enne Alfredo Galasso, che si e’ costituito ai carabinieri dopo aver accoltellato Raffaele Perinelli, il giovane calciatore dilettante morto la scorsa notte a Napoli. Il pm, dopo il lungo interrogatorio del fermato, non ha evidentemente dato credito alla sua versione, secondo la quale avrebbe inferto la coltellata d’impeto e nel timore di essere a sua volta aggredito da Perinelli. Il 31enne si è costituito recandosi nella caserma dei Carabinieri di Casoria circa due ore dopo la morte di Perinelli, e ha spiegato di conoscere la vittima con la quale aveva avuto un pesante diverbio circa una settimana prima all’esterno di una discoteca di Bagnoli. I due si sono incontrati ieri sera casualmente nel loro quartiere Miano e tra i due è riscoppiata la lite, con una dinamica ancora in fase di accertamento. Galasso ha raccontato di aver usato il coltello che aveva con sé da alcuni giorni proprio perché temeva un’aggressione da parte di Perinelli. Una coltellata inferta al torace è risultata fatale al 21enne.Raffaele Perinelli lavorava e si allenava per diventare un calciatore professionista. Da anni militava in squadre del campionato dilettanti, facendosi apprezzare da allenatori e tifosi, ma il suo sogno e’ finito con una coltellata al cuore. Lello, cosi’ lo chiamavano tutti, e’ morto a 21 anni in ospedale dopo il colpo letale infertogli, al culmine di una lite, da un venditore ambulante che poi si e’ costituito confessando il delitto. Scenario dell’omicidio il quartiere Miano, a lungo feudo del clan Lo Russo al quale apparteneva anche il padre di Lello, Giuseppe Perinelli, ammazzato nel 2003 in uno dei periodi piu’ cruenti della guerra di camorra in citta’. Il figlio pero’ aveva saputo rimanere lontano dalla malavita: nessun precedente penale ne’ frequentazioni pericolose, una vita dedicata alla fidanzata, conosciuta quattro anni fa, al lavoro – come dipendente di una coop per le pulizie – e soprattutto al calcio. Lello aveva debuttato nelle giovanili del Sant’Agnello, si era poi fatto apprezzare come terzino sinistro in altre formazioni campane, dal Gragnano alla Turris. Aveva giocato in Irpinia, nel San Martino Valle Caudina, e quest’anno era tesserato della Asd Miano, la squadra del suo quartiere. “Un ragazzo dallo spirito ribelle, ma buono come il pane e sempre pronto ad aiutare il prossimo”, lo ricorda l’allenatore del Miano, Luca Pini. Sabato 29 settembre, in una discoteca, Lello litiga con un 31enne del suo stesso quartiere, Alfredo Galasso, vicino di casa della nonna di Lello. Volano parole grosse, probabilmente ripetute anche nei giorni successivi. Fino all’incontro fatale di ieri sera, davanti a un circolo ricreativo del quartiere, in via Janfolla. Galasso, che assistito dall’avvocato Rocco Maria Spina ha raccontato la sua verita’ a pm e carabinieri in cinque ore di interrogatorio, sostiene di aver temuto che Perinelli volesse colpirlo, dopo che il giovane aveva preso a calci la sua auto. Allora gli si e’ avventato contro con un coltello: un unico fendente, al cuore. Poi e’ fuggito. Alla scena hanno assistito in tanti: Lello e’ stato accompagnato in ospedale ma e’ morto dopo pochi minuti. L’omicida si e’ costituito: ha detto di aver saputo da persone del quartiere che Lello “lo cercava, voleva vendicarsi”, e che per questo girava armato. Sostiene che non intendeva ucciderlo, ma di aver agito solo per paura; dice che Perinelli “era un bravo ragazzo ma con la testa calda”, e racconta di aver riportato tre punti di sutura alla testa dopo la rissa in discoteca. Giustificazioni alle quali il pm non crede: per il fermato l’accusa e’ di omicidio doloso aggravato da premeditazione e futili motivi.


Articolo pubblicato il giorno 7 Ottobre 2018 - 22:16

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