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Colpo di scena nell’inchiesta della direzione distrettuale antimafia che, con l’ordinanza emessa il 5 gennaio scorso dal Gip Perrella del Tribunale di Napoli decapitò capi ed affiliati della storica compagine criminale denominata clan Moccia. La Suprema Corte, sesta sezione penale – presidente Fidelbo, relatrice Giordano – in accoglimento delle tesi difensive sviluppate dagli avvocati Dario Vannetiello e Fabio Fulgeri, ha annullato la ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Napoli il 13 febbraio scorso nei confronti di Maria Favella per il delitto di partecipazione alla associazione di tipo camorristico.
Il delicato ruolo attribuito alla donna era quello di portare all’esterno del carcere, mediante i cosiddetti ”pizzini”, le imbasciate del padre detenuto Francesco Favella, ritenuto ai vertici del clan, indirizzate in particolare ai sodali Pellino Modestino e Casone Ciro, contribuendo così in maniera determinante alla gestione degli affari del clan.
Grazie alla intercettazione dei colloqui carcerari intrattenuti dalla donna, fu possibile anche sequestrare, nell’immediatezza di uno dei colloqui, un pacchetto di
fazzolettini con all’interno ben quattro fogli sui quali erano annotati i messaggi che la donna doveva veicolare all’esterno.
Sempre da un colloquio intercettato in carcere era emerso il sistema di comunicazione studiato dal gruppo: l’ordine del “senatore” Francesco Favella alla
figlia – colui che è ritenuto essere direttore ed organizzatore del clan Moccia con particolare competenza nei comuni di Afragola ed Arzano – era quello di leggere i “pizzini” ai sodali e poi provvedere immediatamente a bruciarli.
Nonostante il grave quadro indiziario a carico della donna, la difesa è riuscita ad ottenere l’annullamento della ordinanza emessa dal Tribunale del riesame la quale aveva a sua volta confermato quella emessa dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli.
Colpisce la ragione dell’annullamento decisa dai giudici capitolini: quella di verificare nuovamente la sussistenza delle esigenze cautelari, le quali sono per legge
presunte per chi è ritenuto appartenente ad una associazione camorristica. Sul punto, dopo che la cassazione redigerà la motivazione con la quale
illustrerà nei particolari quelli che sono stati gli argomenti devoluti dalla difesa che hanno portato la Corte di cassazione all’inusuale annullamento, dovrà tenersi un nuovo giudizio innanzi al Tribunale di Napoli che potrà portare alla definitiva scarcerazione di Favella Maria.
La sorprendente decisione assunta dai supremi giudici nei confronti di Favella Maria è destinata ad alimentare il dibattito giurisprudenziale sul tema della
presunzione di sussistenza del pericolo di reiterazione del reato che da tempo vige nei confronti di chi è ritenuto essere un camorrista .
Gli avvocati Vannetiello e Fulgeri siano riusciti a ribaltare la copiosa giurisprudenza che andava in direzione contraria e che riteneva, nei confronti di soggetti gravemente indiziati di appartenere ad una compagine camorristica, sempre necessaria la custodia cautelare in carcere.
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