Via i figli minorenni ai componenti di clan mafiosi, che li indottrinano rendendoli partecipi dei loro affari illeciti. La sollecitazione al legislatore a mettere mano al codice penale, introducendo la pena accessoria della decadenza dalla potesta’ genitoriale per i condannati per i reati associativi di tipo mafioso, quando coinvolgono i loro figli, viene dal Consiglio superiore della magistratura.
E’ contenuta in una risoluzione messa a punto dalla Sesta Commissione e che martedi’ prossimo sara’ discussa dal plenum di Palazzo dei marescialli. Tra i destinatari, i presidenti di Senato e Camera, la Commissione parlamentare antimafia e il ministro della Giustizia.
La delibera prende le mosse dalle esperienze dei tribunali per i minorenni del Sud (in testa Reggio Calabria, Napoli e Catania), che di fronte a famiglie mafiose che inseriscono sin da piccoli i loro figli nelle dinamiche criminali dei clan, hanno adottato provvedimenti di decadenza o limitazione della potesta’ genitoriale, e hanno allontanato i minori da quell’ambiente ad alto rischio per il loro sviluppo psico-fisico, affidandoli a strutture poste al di fuori della regione di provenienza.
Una linea che il Csm condivide, ritenendo le famiglie mafiose “maltrattanti” per i loro figli al pari di quelle dove c’e’ un genitore tossicodipendente o che usa violenza fisica: provvedimenti di decadenza genitoriale sono un’extrema ratio, scrivono i consiglieri, ma possono diventare indispensabili per “proteggere il minore dal pregiudizio che gli deriva dalla violazione del suo diritto a essere educato nel rispetto dei principi costituzionali e dei valori della civile convivenza”. Palazzo dei marescialli sollecita il potenziamento degli strumenti a disposizione dei giudici minorili e sottolinea la necessita’ che i provvedimenti che incidono sulla potesta’ genitoriale siano accompagnati da prescrizioni e progetti di recupero che – almeno in prima battuta- coinvolgano l’intero nucleo familiare.
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