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E' morta Ornella Vanoni: aveva 91 anni , icona della musica italiana che ha segnato generazioni

Addio a Ornella Vanoni, la voce che ha incantato l'Italia #OrnellaVanoni #IconaMusicale #MilanoPiange

Nella nostra Milano, città di arte e melodie che non si dimenticano, se ne va una leggenda della musica italiana: Ornella Vanoni, scomparsa all'età di 91 anni dopo un malore nella sua casa milanese. Con una carriera che ha attraversato più di settant'anni di storia, vendendo oltre 55 milioni di dischi e lasciando un segno indelebile con album, EP e raccolte, Vanoni non era solo una cantante, ma un simbolo di eleganza e resilienza che ha ispirato generazioni. Qui, tra le vie affollate e i teatri storici della nostra città, la sua presenza era palpabile, e la sua scomparsa ci fa riflettere su quanto la musica possa intrecciarsi con l'identità locale, un'arte che Milano ha sempre coltivato come un tesoro da proteggere.

La sua carriera era un vero e proprio viaggio attraverso generi e tempi, riflettendo l'evoluzione della nostra cultura musicale. Ornella possedeva un timbre vocale inconfondibile, un mix di sofisticatezza e passione che l'ha portata dal folk delle origini, come le Canzoni della mala, al pop raffinato, passando per la bossa nova con capolavori come l'album La voglia, la pazzia, l'incoscienza, l'allegria del 1976, realizzato insieme a Toquinho e Vinícius de Moraes. Non si è limitata al jazz, collaborando con mostri sacri internazionali quali George Benson, Michael Brecker, Randy Brecker, Ron Carter, Eliane Elias, Gil Evans, Steve Gadd, Herbie Hancock, Chris Hunter, Lee Konitz e Herbie Mann. Come milanese doc, mi chiedo spesso come una figura così versatile abbia saputo bilanciare l'innovazione globale con le radici locali, portando un po' di quella Milano operosa e creativa nelle sale da concerto di tutto il mondo – un ponte che oggi pare più fragile, con la nostra scena musicale che lotta per mantenere viva quella stessa tradizione.

Le sue collaborazioni erano il cuore pulsante di un'era d'oro, dove la musica italiana si mescolava con talenti internazionali e nazionali. Autori di spicco come Gino Paoli, Dario Fo, New Trolls, Paolo Conte, Fabrizio De André, Ivano Fossati, Lucio Dalla, Mogol, Franco Califano, Bruno Lauzi, Renato Zero e Riccardo Cocciante hanno scritto per lei, trasformando canzoni in storie che risuonano ancora nelle nostre piazze. Partecipò a otto edizioni del Festival di Sanremo, sfiorando la vittoria con un secondo posto nel 1968 per Casa bianca, e piazzandosi al quarto posto in tre occasioni: nel 1967 con La musica è finita, nel 1970 con Eternità, e nel 1999 con Alberi. Quest'ultima edizione la vide come prima artista a ricevere il Premio Città di Sanremo alla carriera. Da cronista del territorio, non posso non notare come questi traguardi riflettano il ruolo di Sanremo come specchio della nostra società, un evento che unisce l'Italia intera ma che, per noi lombardi, rappresenta anche un'opportunità persa per valorizzare di più le voci come la sua, radicate nel tessuto urbano di Milano.

Infine, Ornella Vanoni resta unica nella storia per essere stata la prima e unica donna a vincere due Premi Tenco come cantautrice – un'impresa eguagliata solo da Francesco Guccini – e a collezionare tre premi in totale dal Club Tenco, inclusi il Premio Tenco Speciale nel 2022, creato appositamente per lei. Questa eredità, frutto di una voce che ha segnato l'anima della musica italiana, ci invita a una riflessione più profonda: in un'epoca di cambiamenti rapidi, dove le icone locali come lei sembrano rare, dobbiamo chiederci se stiamo preservando lo spirito innovativo e critico che Vanoni incarnava. La sua scomparsa è una perdita per Milano e per l'Italia, un richiamo a celebrare e proteggere le nostre tradizioni artistiche, perché, come spesso accade, è proprio nei momenti di lutto che si riscopre il vero valore di ciò che ci accomuna.

La tragedia di Sant'Anastasia: uno stuntman morto e uno in fin di vita

Una serata di spettacolo si è trasformata in tragedia. Durante una pericolosa esibizione acrobatica, un motociclista di 26 anni di nazionalità cilena ha perso la vita, mentre un collega di 43 anni, messicano, è stato trasportato d'urgenza in ospedale e versa in condizioni critiche.

Un terzo motociclista, un 26enne colombiano, è rimasto cosciente e fortunatamente illeso. L'incidente è avvenuto davanti a un numeroso pubblico, e non si esclude che nelle prossime ore possano circolare in rete video amatoriali dell'accaduto.​

La dinamica

Secondo una prima ricostruzione, l'incidente si è verificato durante il celebre numero della "sfera della morte". Tre centauri stavano evoluendo a grande velocità all'interno di un globo d'acciaio, in un'arena quasi completamente al buio, illuminati solo dai LED applicati sulle loro tute per creare un effetto scenico.

Improvvisamente, per cause ancora in corso di accertamento, il motociclista cileno sarebbe caduto rovinosamente al centro della sfera.​

Scontro a catena

Gli altri due piloti avrebbero tentato una disperata manovra per evitare l'impatto, rallentando la propria corsa, ma lo spazio ristretto e la concitazione del momento avrebbero reso impossibile schivare il collega a terra.

Ne sarebbe seguito un violento scontro a catena che ha coinvolto tutti e tre i motociclisti. Per il 26enne cileno non c'è stato nulla da fare, mentre il 43enne messicano è stato ricoverato in codice rosso all'Ospedale del Mare, dove lotta tra la vita e la morte.

Sant’Anastasia, tragedia al circo: stuntman muore durante lo show

Sant’Anastasia - Pochi minuti di spettacolo, poi il dramma. A Sant’Anastasia i carabinieri della locale stazione sono intervenuti all’interno di un circo itinerante dopo un grave incidente avvenuto durante un numero acrobatico in moto.

Secondo una prima ricostruzione — ancora al vaglio degli investigatori — due motociclisti professionisti si sarebbero scontrati mentre erano impegnati in una performance ad alta velocità.

L’impatto è stato violentissimo: uno dei due stuntman è deceduto sul colpo, mentre l’altro è rimasto ferito.

Sul posto stanno arrivando anche i carabinieri della sezione rilievi del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, incaricati di effettuare i sopralluoghi tecnici e ricostruire con precisione la dinamica dell’incidente.

L’area è stata momentaneamente sequestrata, mentre lo spettacolo è stato immediatamente interrotto. Indagini in corso.

Poggioreale, l’inferno dietro le sbarre, il report choc di Ilaria Salis: celle con 12 detenuti e topi

Napoli– Non è solo un problema di numeri, ma di dignità umana calpestata quotidianamente. È un quadro a tinte fosche, quello emerso dall'ispezione condotta questa mattina dall'eurodeputata di Sinistra Italiana e Verdi, Ilaria Salis, all'interno della casa circondariale di Poggioreale.

Il report diffuso al termine della visita è un vero e proprio cahier de doléances che certifica il collasso del sistema penitenziario nel più grande carcere del Mezzogiorno.

Sovraffollamento: la matematica della disumanità

Il dato più allarmante è quello ormai cronico del sovraffollamento, che a Poggioreale raggiunge picchi insostenibili. A fronte di una capienza regolamentare di 1.313 posti, la struttura ospita attualmente 2.185 persone. Una sproporzione che trasforma la detenzione in una mera sopravvivenza fisica, annullando ogni possibilità di riabilitazione costituzionalmente garantita.

"In alcune celle vivono fino a 12 persone", denuncia la Salis, descrivendo scene che riportano la mente a epoche oscure. I detenuti sono stipati in letti a castello a tre livelli, una configurazione che in Italia sarebbe formalmente vietata, ma che l'emergenza ha reso prassi. Viene così sistematicamente violato lo standard europeo che impone almeno 3 metri quadri calpestabili per ogni detenuto. In quelle celle, lo spazio vitale semplicemente non esiste.

Degrado strutturale: tra muffa e topi

Oltre alla mancanza di spazio, l'ispezione ha portato alla luce il grave deterioramento della struttura stessa. Le pareti sono coperte di muffa, l'acqua calda è un lusso non sempre garantito e, con l'inverno alle porte, il riscaldamento risulta non funzionante.

A completare il quadro di degrado igienico-sanitario, la presenza di topi all'interno delle sezioni detentive. "Le persone detenute lamentano, con piena ragione, condizioni di vita disumane", sottolinea l'eurodeputata, evidenziando come la pena si stia trasformando in una tortura fisica e psicologica.

Il paradosso delle pene brevi e la carenza di organico

L'analisi di Ilaria Salis si sposta poi sulle possibili soluzioni, evidenziando un paradosso burocratico. Dei 1.066 detenuti con condanna definitiva, ben 560 stanno scontando pene inferiori ai quattro anni. Si tratta di persone che, sulla carta, avrebbero diritto alle misure alternative alla detenzione, ma che rimangono dietro le sbarre per "svariati motivi burocratici".

A gestire questa polveriera sociale c'è un personale drammaticamente sottorganico. Il dato più critico riguarda l'area educativa: ci sono solo 20 educatori per oltre duemila detenuti. Con un rapporto di un educatore ogni duecento persone, parlare di percorsi trattamentali, reinserimento o cura diventa pura retorica.

L'appello alla politica

Nonostante l'impegno lodato del Ser.D. (Servizi per le Dipendenze), che opera in condizioni di carico "enorme", la situazione richiede un cambio di passo radicale.
"L'urgenza è chiara a chiunque operi nel sistema penitenziario, ma purtroppo non è altrettanto diffusa nella politica e certamente non nell'attuale Governo", conclude con amarezza la Salis.

La richiesta è netta: servono interventi "deflattivi" immediati. Non nuove carceri, ma l'applicazione delle leggi esistenti per svuotare quelle che ci sono, restituendo legalità a un luogo che dovrebbe insegnarla, ma che oggi sembra averla dimenticata.

Castellammare, l'ombra del clan D'Alessandro sulla politica: indagati figlio e nipote del consigliere

Castellammare – Il terremoto giudiziario che ha scosso Castellammare di Stabia la scorsa settimana non ha finito di produrre le sue scosse di assestamento. Mentre la città fa ancora i conti con il maxi-blitz che ha svelato la morsa del clan D'Alessandro sul tessuto economico locale, un nuovo fascicolo scotta sulla scrivania della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

Al centro della scena non ci sono solo i gruppi criminali di Scanzano, ma i parenti stretti di chi siede tra i banchi dell'assise cittadina.

Sotto la lente della Procura antimafia sono finiti il figlio e il nipote di Nino Di Maio, attuale consigliere comunale e presidente della commissione pari opportunità. Un fulmine a ciel sereno che rischia di trasformarsi in una tempesta politica.

La notizia, anticipata da Il Fatto Quotidiano, trova riscontro in un atto preciso: l'ordinanza di proroga delle indagini firmata dal Giudice per le indagini preliminari, Maria Luisa Miranda.

Il triangolo degli indagati

Il provvedimento, datato fine luglio ma emerso solo ora tra le pieghe della voluminosa ordinanza sulle infiltrazioni economiche del clan, concede al sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta altri sei mesi per scavare.

I nomi iscritti nel registro degli indagati per il reato di associazione di stampo mafioso (416-bis) disegnano un triangolo inquietante. Ai vertici ci sono Vincenzo Di Maio, 50 anni (figlio del consigliere), e il giovane omonimo Nino Di Maio, 28 anni (nipote del politico). Il terzo vertice è quello che preoccupa di più gli inquirenti: Ugo Lucchese, 63 anni.

Per chi conosce le dinamiche criminali stabiesi, quel nome non è nuovo. Detto "Ugariello", Lucchese è considerato dagli investigatori un vecchio sodale del clan D'Alessandro, una figura storica capace di fare da cerniera tra la vecchia guardia e le nuove leve.

L'ipotesi accusatoria è che i due Di Maio abbiano stretto un patto, un vincolo associativo proprio con Lucchese, muovendosi nell'orbita della cosca che da decenni detta legge a Castellammare.

Dal blitz economico ai legami politici

Questa nuova pista investigativa si innesta sul tronco principale dell'inchiesta che, solo pochi giorni fa, ha portato all'esecuzione di numerose misure cautelari. L'operazione della scorsa settimana aveva già scoperchiato il "vaso di Pandora" delle infiltrazioni camorristiche nell'economia reale: appalti, forniture, gestione di attività commerciali.

Ora, la scoperta che i familiari di un esponente di rilievo della maggioranza consiliare siano indagati per aver fatto "squadra" con un presunto affiliato, getta un'ombra lunga anche sul Palazzo.

Sebbene il consigliere Nino Di Maio non risulti indagato, la posizione dei suoi congiunti – e la gravità del reato ipotizzato – riaccende i riflettori su quella "zona grigia" dove politica e criminalità rischiano di sfiorarsi.

La Dda vuole vederci chiaro: capire se quei rapporti con "Ugariello" fossero limitati a fatti personali o se nascondessero interessi più ampi, funzionali al rafforzamento del potere del clan D'Alessandro sul territorio. I prossimi sei mesi saranno decisivi per trasformare i sospetti in accuse formali o per archiviare la posizione dei due indagati.

Nei giorni scorsi sindaco di Castellammare di Stabia Luigi Vicinanza ha dichiarato fuori dalla sua coalizione i consiglieri Gennaro Oscurato e Nino Di Maio. Il primo intercettato mentre parlava con il cassiere del clan ovvero Michele Abbruzese o' paciarello anciano boss e cugino del defunto padrino Michele D'Alessandro.

Costiera Amalfitana, condannato lo skipper che causò la morte della manager di Harry Potter​

Salerno - Quattro anni e nove mesi di reclusione per omicidio colposo: è la pena inflitta dal gip di Salerno a Elio Persico, 32 anni, lo skipper del gozzo Saint Tropez coinvolto nella collisione che costò la vita alla turista americana Adrienne Vaughan nelle acque del Fiordo di Furore, in Costiera Amalfitana.​

Persico ha scelto il patteggiamento, chiudendo in primo grado la sua posizione nel procedimento penale avviato dopo il drammatico incidente del 3 agosto 2023, quando il piccolo motoryacht su cui viaggiava la famiglia Vaughan si schiantò contro il veliero Tortuga durante una gita privata.​

Secondo gli accertamenti tecnici, al momento dell’impatto lo skipper era in stato di alterazione per assunzione di alcol e cocaina, circostanza che per gli inquirenti ha inciso in modo determinante sulla rotta di collisione con il veliero turistico che procedeva lungo la sua traiettoria.​

La vittima e la dinamica

Adrienne Vaughan, 45 anni, era la manager statunitense alla guida di Bloomsbury Usa, la casa editrice che pubblica anche la saga di Harry Potter, ed era in vacanza in Costiera con il marito Mike White e i due figli minorenni.​

La famiglia aveva noleggiato il gozzo Saint Tropez per una giornata in mare, pagandola 1.525 euro e confidando in un’esperienza sicura e di livello, quando, al largo di Furore, l’imbarcazione si è scontrata violentemente con il Tortuga, impegnato in una crociera con festa a bordo.​

Nell’urto Vaughan è stata sbalzata in acqua e travolta dall’elica del gozzo: le ferite riportate si sono rivelate immediatamente fatali, trasformando una gita di vacanza in una tragedia sotto gli occhi del marito e dei figli.​

Risarcimenti simbolici alla famiglia

La sentenza prevede anche un risarcimento in favore dei congiunti della manager, con importi che la stessa difesa di parte civile giudica esigui rispetto alla gravità del fatto e al profilo della vittima.​

Per i due figli minori di Adrienne Vaughan il giudice ha disposto il pagamento di 4.800 euro a testa, mentre ai genitori della manager spetteranno poco più di 3.000 euro, cifre che restano comunque separate dall’eventuale quantificazione del danno in sede civile.​

La famiglia, assistita da un pool di legali italiani e dallo studio statunitense Kreindler & Kreindler, continua a ritenere responsabili anche altri soggetti della filiera nautica coinvolta in quella giornata, a partire dagli armatori del gozzo fino ai responsabili del veliero Tortuga.​

Il presunto depistaggio sul timone

Le indagini sulla tragedia hanno generato due filoni di inchiesta distinti, uno dei quali ha portato al rinvio a giudizio, fissato per febbraio, di Enrico Staiano e Rosa Caputo Rosa, soci della Daily Luxury Boat srl, società della Penisola sorrentina proprietaria del Saint Tropez.​

Secondo la Procura, i due avrebbero tentato di alterare la scena dell’incidente, inscenando il ritrovamento in mare di un timone che in realtà mancava all’imbarcazione già prima del naufragio, così da far apparire il gozzo integro e regolarmente attrezzato.​

Gli inquirenti contestano che, accortisi dell’assenza di uno dei due timoni dopo l’affondamento, avrebbero fatto collocare il pezzo sul fondale, facendone poi “scoprire” e recuperare il presunto relitto dalla Guardia costiera, ma il livello di ossidazione del metallo è risultato incompatibile con una lunga permanenza in acqua.​

L’altro procedimento sulla società

Un ulteriore procedimento, per il quale è all’esame una richiesta di archiviazione, riguarda la posizione degli altri soci della Daily Luxury Boat, chiamati a rispondere di naufragio colposo e omicidio colposo per la gestione complessiva dell’imbarcazione e dell’equipaggio.​

Nel mirino c’è soprattutto la scelta di affidare il ruolo di skipper a Persico, che risultava assunto formalmente con la qualifica di “assistente agli utenti” o “assistente clienti”, nonostante una precedente condanna del 2020 per guida in stato di ebbrezza aggravata da incidente stradale.​

Per la magistratura, la catena di decisioni gestionali della società potrebbe aver contribuito a creare le condizioni di rischio culminate nello scontro in mare, e proprio su questo punto si concentrano ancora gli approfondimenti investigativi residui.​

 

Non siete soli: la polizia stradale abbraccia i giovani nel ricordo delle vittime della strada

Napoli  – La Giornata Mondiale in Memoria delle Vittime della Strada non è stata solo una data sul calendario, ma un momento intenso e vibrante di sensibilizzazione e impegno. In occasione della settimana dedicata a questa ricorrenza, il Compartimento Polizia Stradale per la Campania e la Basilicata ha unito le forze con la Società Tangenziale SpA di Napoli per organizzare un evento cruciale sulla sicurezza stradale, trasformando un piazzale in un’aula di educazione civica e umana.

Teatro della manifestazione è stato il piazzale della Tangenziale di Napoli in Via Cintia, dove nella mattinata odierna si sono radunati circa 80 studenti provenienti dal Liceo Scientifico Statale “A. Labriola” e dall’ISS Nitti di Napoli.

L’evento si è articolato in due fasi distinte, ma complementari, pensate per toccare sia l'aspetto tecnico che quello emotivo della sicurezza stradale:

L'Educazione Tecnica e la Prudenza: Il primo momento è stato dedicato alla comunicazione diretta e specifica. Personale della Polizia Stradale, altamente formato in materia, ha illustrato con chiarezza e rigore l'importanza cruciale del rispetto delle regole e della prudenza alla guida. L'obiettivo primario è stato quello di sensibilizzare i giovani sul fatto che ogni scelta, anche la più piccola, ha un peso determinante sulla vita in strada.

Il Coraggio della Testimonianza: Il cuore pulsante dell'iniziativa è stato il secondo momento, dedicato alle testimonianze. I familiari di giovani vittime della strada hanno condiviso le loro storie, portando sul palco non solo il dolore insopportabile della perdita, ma anche un messaggio di speranza e di forte monito. Le loro parole, cariche di emozione, hanno trasformato statistiche astratte in volti e vite spezzate, lasciando un segno profondo nella coscienza dei ragazzi.

Dalla Lamborghini al COPS: sicurezza tattile

Oltre agli interventi educazionali, la giornata è stata arricchita da una serie di iniziative pratiche e coinvolgenti. Gli studenti hanno avuto l'opportunità unica di visitare la Sala Operativa del COPS e della Tangenziale, comprendendo come avvengono in tempo reale la gestione del traffico e la risposta alle emergenze.

Inoltre, è stato allestito uno spazio espositivo dove la tecnologia e i mezzi di prevenzione sono diventati tangibili:

Il celebre Camper Azzurro, simbolo della campagna di sensibilizzazione della Polizia Stradale.

Una Lamborghini in dotazione alle Forze dell'Ordine, a testimonianza dell'alta tecnologia impiegata nel controllo e nella sicurezza.

Diversi mezzi e apparecchiature all'avanguardia utilizzati quotidianamente dalla Specialità.

L'iniziativa congiunta di Polizia Stradale e Tangenziale SpA ha voluto ribadire un messaggio potente: la sicurezza non è un optional, ma un impegno collettivo che parte dalla scuola e arriva fino all'asfalto. La presenza dei giovani è la prova che la memoria delle vittime deve tradursi in un futuro di maggiore responsabilità e attenzione sulle nostre strade.

McTominay, assalto dell'Arsenal, il Napoli fissa il prezzo: 80 milioni o niente

Non basta essere in vetta alla Premier League. L’Arsenal di Mikel Arteta vuole blindare il proprio centrocampo per la corsa al titolo e, nel mirino per il mercato di gennaio, è finita una vecchia conoscenza del campionato inglese: Scott McTominay.

Secondo quanto riporta con insistenza “Team Talk”, i Gunners stanno seriamente valutando un’offerta per strappare al Napoli il centrocampista scozzese, vero perno della squadra azzurra dalla sua arrivato nel 2024. Un ritorno a casa, oltre Manica, che non spaventerebbe affatto il 28enne.

Il cuore in Premier e il muro del Napoli

McTominay, prelevato dal Manchester United per circa 30 milioni di euro poco più di un anno fa, ha ritrovato a Napoli la continuità e il ruolo da protagonista che gli mancavano a Manchester. Le sue prestazioni, fatte di dinamismo, qualità e un istinto per il gol fondamentale, lo hanno reso subito un idolo dei tifosi.

Ma il richiamo della terra natia è forte. Fonti vicine al giocatore lasciano trapelare che un ritorno in Premier League lo entusiasmerebbe, a patto che si tratti dell’occasione giusta. "Non è una questione di soldi", rivela un anonimo ben informato. "Il suo cuore batte ancora per la Premier, ma devono esserci le giuste condizioni: il giusto club, il giusto progetto, il giusto ruolo in campo".

Tuttavia, dall'altra parte del tavolo, siede un negoziatore d'acciaio come il presidente Aurelio De Laurentiis. E il messaggio che arriva da Napoli è cristallino, un autentico "muro di 80 milioni". La società azzurra non ha la minima intenzione di privarsi del proprio pilastro a metà stagione.

Perché il Napoli dice no (a meno di 80 milioni)

Qualsiasi proposta al di sotto della soglia degli 80 milioni di euro – una plusvalenza mostruosa rispetto all’investimento iniziale – verrebbe considerata irricevibile. Il Napoli non ha necessità di cedere e sta costruendo un progetto di medio-lungo periodo in cui McTominay è considerato un tassello fondamentale.

La stessa fonte citata da "Team Talk" rincara la dose, spiegando la posizione del club: "Stiamo costruendo qualcosa di speciale qui, Scott sta facendo benissimo, perché dovremmo interrompere tutto?".

La palla, ora, passa all'Arsenal. I Gunners dovranno decidere se mettere sul piatto un'offerta da capogiro per convincere il Napoli a lasciare andare il suo gioiello. Una trattativa ad altissima tensione, con il desiderio del giocatore da una parte e la fermezza della società dall'altra. La finestra di gennaio si preannuncia già bollente.

Napoli, scatta il piano decoro: sgombero sotto il cavalcavia e accoglienza per i senzatetto

Napoli – Non è solo una questione di decoro urbano, ma un delicato equilibrio tra emergenza sociale e riqualificazione del territorio. Nella mattinata di ieri, il cuore operativo della III Municipalità ha pulsato sotto il cavalcavia di Piazza Di Vittorio, teatro dell'ennesimo intervento coordinato per restituire dignità a chi vive ai margini e vivibilità ai cittadini.

All'alba, gli agenti dell'Unità Operativa Investigativa Ambientale ed Emergenze Sociali della Polizia Locale, affiancati dagli assistenti sociali, hanno raggiunto l'area sottostante il viadotto. Lì, tra ripari di fortuna e coperte logore, avevano trascorso la notte dieci persone senza fissa dimora.

L'approccio delle istituzioni non è stato meramente repressivo, ma assistenziale: il dialogo instaurato dai servizi sociali ha permesso di offrire un'alternativa concreta al freddo della strada. Alcuni dei presenti hanno infatti accettato il trasferimento immediato presso le strutture pubbliche di accoglienza, garantendosi un riparo sicuro dalle intemperie autunnali.

Bonifica radicale: via due tonnellate di rifiuti

Mentre si garantiva assistenza alle persone, è scattata la fase operativa di recupero ambientale. Una squadra di operai dell'Asia (Azienda Servizi Igiene Ambientale) ha lavorato per ore per liberare l'area. Il bilancio dell'operazione è impressionante: sono state rimosse circa due tonnellate di rifiuti, tra materiali ingombranti e scarti pericolosi accumulati nel tempo. L'intervento si è concluso con una bonifica e sanificazione completa della zona, restituendo lo spazio alla cittadinanza.

Non si tratta di un evento isolato. L'area del cavalcavia di Piazza Di Vittorio era già stata oggetto di una bonifica nelle settimane precedenti, segno che l'amministrazione sta tenendo alta l'attenzione su questo punto critico della città.

La strategia del "Tavolo per il decoro"

L'intera operazione rientra nella strategia del Tavolo tecnico permanente per il decoro urbano, un organismo fortemente voluto dal Sindaco per superare la logica dell'emergenza. L'obiettivo è duplice: da un lato offrire sistemazioni dignitose agli homeless, dall'altro garantire che piazze e strade tornino ad essere pienamente fruibili.

"Grazie alla programmazione della task force, queste operazioni non sono più occasionali ma ricorrenti", spiegano da Palazzo San Giacomo. La prova di questo cambio di passo è visibile anche altrove.

Parallelamente all'intervento a Piazza Di Vittorio, le squadre sono tornate in azione anche a Piazza Cavour, diventata ormai un presidio costante di pulizia. Secondo il calendario stilato dalla III Municipalità, gli operai sono intervenuti nuovamente questa mattina per una pulizia radicale di vialetti e aiuole, rimuovendo rifiuti di ogni genere.

Il coordinatore della task force, Ciro Turiello, ha ribadito la missione del gruppo: ampliare sempre di più il raggio d'azione. La scommessa si gioca sulla sinergia tra Assessorati, Servizi comunali, Municipalità e società partecipate. Un lavoro di squadra necessario per trasformare interventi straordinari in una normalità fatta di pulizia e inclusione sociale.

Lettere, condanne e confisca per gli abusi edilizi al "Resort Paradiso"

Lettere– Cala definitivamente il sipario sul "Resort Paradiso". Il nome evocativo della struttura ricettiva, che prometteva scenari idilliaci nella frazione di Orsano, nascondeva in realtà mezzo secolo di violazioni urbanistiche e sfregi al territorio.

La sentenza emessa oggi dal Giudice Monocratico del Tribunale di Torre Annunziata segna un punto di svolta storico nella lotta all'abusivismo nell'area dei Monti Lattari. Accogliendo in pieno la richiesta della Procura della Repubblica, il giudice ha condannato sei persone alla pena di un anno di arresto e a 25.000 euro di ammenda ciascuna.

Ma il verdetto va oltre la pena detentiva: è stata disposta la confisca definitiva dell'intero complesso, che viene ora acquisito di diritto al patrimonio del Comune di Lettere.

Mezzo secolo di cemento illegale

Quello ricostruito nel corso del lungo dibattimento, iniziato nel gennaio 2020, è un vero e proprio "romanzo criminale" dell'edilizia. Le motivazioni della condanna per lottizzazione abusiva mista dipingono un quadro di illegalità protrattasi per circa 50 anni. Una trasformazione del territorio avvenuta talvolta senza alcun titolo, altre volte facendosi scudo di permessi edilizi ritenuti illegittimi, in un'area soggetta a rigorosi vincoli paesaggistici e ambientali.

L'anatomia dell'abuso: dal 1964 a oggi

La sentenza svela i dettagli di una crescita "tumorale" del cemento che ha inghiottito il paesaggio originario. La lottizzazione si è mossa su tre fronti distinti, modificando irreversibilmente la morfologia del luogo:

L'invasione della strada: A monte di via Petrelle, tra il 1964 e il 2015, è sorto il corpo principale del Resort. Un'espansione talmente aggressiva da avvenire in "modalità aerea", invadendo persino la proprietà pubblica, sovrastando la scalinata e la sede stradale stessa.

Lo sbancamento della valle: A valle della strada, tra il 1987 e il 2014, la natura è stata cancellata. Scavi imponenti, muri di contenimento in cemento armato e pali di fondazione hanno creato quattro terrazzamenti artificiali per ospitare parcheggi, cucine e locali di servizio. Quella che era un'area agricola è stata "snaturata totalmente nelle sue caratteristiche geo-pedologiche".

Il trucco dei box auto: L'ultimo atto si è consumato in via San Martino. Dal 2009 era in costruzione un'autorimessa di due piani. Sulla carta dovevano essere semplici box auto pertinenziali; nella realtà, era un maxi-parcheggio a servizio esclusivo della clientela dell'hotel.

Un territorio ferito

La gravità della sentenza risiede non solo nella violazione delle norme, ma nel pericolo creato. L'intera operazione immobiliare è stata realizzata in una zona classificata ad elevato rischio idrogeologico dall'Autorità di Bacino.

Secondo i giudici, il "Resort Paradiso" ha pregiudicato l'ordinato sviluppo del territorio, sovraccaricando le infrastrutture e la viabilità di un piccolo centro, e determinando uno stravolgimento ambientale irreversibile. Quello che per decenni è stato un simbolo di impunità, diventa oggi proprietà della collettività, chiudendo un capitolo di speculazione durato cinquant'anni.

La nuova camorra di Scampia: ora è caccia al boss latitante Elia Cancello

Con l'arresto di Gennaro Cifarieilo a Tenerife in Spagna si è quasi chiuso del tutto il cerchio al nuovo clan che aveva preso il controllo dei Sette palazzi, allo Chalet Baku e l’Oasi del Buon. pastore di Scampia.

All'appello manca solo quello che è considerato dagli investigatori e indicato dai pentiti come il nuovo boss e il più pericoloso ovvero Elia Cancello.

Il patto delle due generazioni: la vecchia guardia e i nuovi imprenditori del clan

Non c’è stata rottura, ma continuità. Nelle carte della Direzione Distrettuale Antimafia del 2024–2025, il passaggio di consegne tra la vecchia guardia e la nuova generazione dei clan di Scampia e Secondigliano appare come una lenta trasformazione genetica, più che come una rivoluzione.

Un processo studiato nei minimi dettagli dietro le sbarre di Secondigliano e Santa Maria Capua Vetere, dove gli anziani reggenti — Elia e Maurizio Cancello, Gennaro Cifariello e il padre Ferdinando, Luigi Diano detto Cicciotto, Enzo Notturro — hanno preparato il terreno per i giovani destinati a raccoglierne l’eredità.

Gli atti giudiziari parlano chiaro: il potere non si è mai fermato al di là delle mura carcerarie. Intercettazioni ambientali e colloqui monitorati dagli agenti del GOM raccontano una catena di comando intatta, trasmessa attraverso i metodi di sempre — pizzini, messaggi in codice, sguardi d’intesa durante le visite familiari.

Secondo una informativa della DDA di Napoli, “i detenuti mantenevano contatti diretti con l’esterno tramite biglietti scritti a mano consegnati durante i colloqui, contenenti indicazioni su piazze di spaccio, accordi economici e alleanze criminali”.

Uno di quei pizzini, sequestrato nel giugno 2024 nella sezione di Alta Sicurezza del carcere di Secondigliano, riportava parole che oggi suonano come una dichiarazione d’intenti:

«’E criature so’ pronte. Devono solo imparare a tenere il profilo basso. I soldi arrivano senza sparare.»

Quella frase — secondo gli inquirenti attribuibile a Luigi Diano — segna il cambio d’epoca: la nuova camorra imprenditoriale nasce dalle direttive dei vecchi boss.
Gli stessi che, fino al 2016, controllavano piazze di spaccio e vendette di sangue, ora insegnano ai giovani come muoversi tra gare d’appalto, cooperative e subappalti “pilotati”.

La DDA individua tre nuclei familiari su cui si è innestato il passaggio generazionale:

La famiglia Cancello, da sempre riferimento del gruppo Amato-Pagano nell’area del Lotto G; il gruppo Diano, radicato nei Sette Palazzi e specializzato nella gestione delle piazze di droga e nel riciclaggio attraverso piccole imprese edili; e il circuito dei Notturno, figure storiche che oggi fanno da garanti e consiglieri.

Secondo i verbali del collaboratore Raffaele Paone, detto Rafaniello, “i giovani del clan non hanno bisogno di ordini, hanno ricevuto un modello”.
Un modello basato sul silenzio, sull’apparente normalità e sull’uso di strumenti legali come copertura: imprese, cooperative di quartiere, società intestate a donne e parenti insospettabili.

I pizzini, recuperati nelle perquisizioni del 2024 e del 2025, contenevano indicazioni economiche precise: cifre, nomi di ditte, riferimenti a “forniture” e “servizi”.
Non più la geografia delle piazze di spaccio, ma quella dei cantieri e dei subappalti pubblici.
Eppure il linguaggio era lo stesso di sempre, fatto di soprannomi, codici numerici e abbreviazioni.
In uno dei biglietti sequestrati nel carcere di Secondigliano — oggi agli atti del processo— si leggeva: «Il ragazzo di Melito deve stare attento a quelli di Casoria. Hanno fame e non rispettano i patti. Avvisalo che i lavori si fanno solo se passa da noi.»

Dietro il “ragazzo di Melito” si nascondeva, secondo gli inquirenti, un giovane imprenditore vicino al gruppo Diano, incaricato di gestire l’ingresso di alcune imprese in appalti di pulizia e manutenzione stradale.
Un modo per estendere il controllo del clan oltre le piazze, fino agli uffici comunali.

Paone, nei verbali resi tra novembre e dicembre 2024, ricostruisce il senso di questa nuova alleanza intergenerazionale: «Elia (Cancello) era come un padre per quelli nuovi. Li mandava avanti, ma sempre sotto il controllo dei vecchi. Tutto quello che facevano doveva passare per Cicciotto o per Enzo Notturro. Nessuno agiva da solo.»

Questa organizzazione “a doppia corsia” ha permesso ai clan di mantenere stabilità anche durante le fasi di massima pressione investigativa.

Mentre i boss impartivano direttive dal carcere, i giovani curavano i contatti con le imprese, cercavano nuovi canali di riciclaggio, reinvestivano i proventi in attività apparentemente pulite: edilizia, ristorazione, autolavaggi, servizi ambientali.
Tutto tracciato, tutto formalmente legale — ma con la stessa logica di dominio territoriale che aveva caratterizzato la camorra di vent’anni fa.

Secondo la DDA, questo equilibrio tra vecchi e giovani ha creato una nuova stagione di pax criminale tra Scampia e Secondigliano, frutto non di pace morale ma di convenienza economica. Il sangue, questa volta, non serve più.

Basta un documento firmato, un appalto aggiudicato, una percentuale assicurata. Nel linguaggio dei nuovi boss, “la piazza” è diventata “il cantiere”.
E i pizzini che un tempo decidevano le guerre di camorra, oggi regolano gli affari.

7.continua

(nella foto da sinistra Elia Cancello, il fratello Maurizio, Ferdinando Cifariello e il figlio gennaro)

Belen Rodriguez, nel 2026 forse in Rai: indiscrezioni e curiosità della preferita dagli Italiani

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Quando si parla di Belen Rodriguez, si parla di una donna che, da oltre quindici anni, continua a catturare l’attenzione e l’affetto del pubblico italiano. Modella, conduttrice, showgirl, ma soprattutto icona pop del nostro tempo, Belen è diventata un simbolo di femminilità autentica, forza e rinascita. La sua capacità di reinventarsi, di non arrendersi mai e di affrontare la vita con eleganza anche nei momenti difficili l’ha resa, agli occhi di molti, una figura quasi familiare: una di quelle persone che, anche senza conoscerla, sembra di aver sempre avuto accanto.

Negli ultimi mesi, il nome di Belen è tornato al centro del dibattito mediatico non solo per la sua carriera, ma anche per la sua vita sentimentale. Dopo un periodo di silenzio e riflessione, la showgirl argentina è stata avvistata in compagnia di Holly, giovane artista e personalità emergente del panorama musicale. Il loro flirt, mai ufficializzato ma neanche smentito, ha acceso la curiosità dei fan e della stampa. Holly, già noto per la sua partecipazione al Festival di Sanremo, aveva visto crescere i propri follower su Instagram dopo la kermesse, ma è stato il presunto legame con Belen a far schizzare i numeri alle stelle.

Le foto insieme, i like reciproci, gli sguardi complici durante alcuni eventi pubblici: tutti indizi che hanno alimentato il gossip. Ma, al di là delle voci, ciò che colpisce è come Belen continui a far sognare gli italiani, mantenendo viva quella scintilla di interesse che pochi personaggi riescono a conservare nel tempo. Che sia per la sua bellezza, per la sua autenticità o per quella fragilità così umana che a volte lascia intravedere, resta il fatto che Belen è, e probabilmente resterà, una delle figure più amate del panorama televisivo e social italiano.

L’intervista a Belve e il ritorno mediatico di Belen

Il recente passaggio di Belen Rodriguez a “Belve”, il noto programma di interviste condotto da Francesca Fagnani, ha segnato un nuovo capitolo nella sua carriera pubblica. In quell’occasione, la showgirl si è mostrata come raramente fa: sincera, vulnerabile, ma al tempo stesso lucida e determinata. Le sue parole hanno diviso il pubblico: c’è chi l’ha applaudita per il coraggio di mettersi a nudo, e chi invece ha criticato alcune sue dichiarazioni, giudicate troppo dirette o poco diplomatiche.

Quel che è certo è che Belen ha fatto di nuovo parlare di sé, e non per uno scandalo fine a sé stesso, ma per la capacità di trasformare anche un momento di esposizione mediatica in un’opportunità per riflettere sul suo percorso umano e professionale. Durante l’intervista, ha toccato temi delicati come la maternità, le relazioni finite e il bisogno di ritrovare se stessa al di là del giudizio degli altri. “Ho imparato a non dover piacere per forza a tutti”, ha detto con un sorriso. Una frase che molti fan hanno interpretato come un segno di maturità e rinascita.

Questa apparizione ha riacceso l’interesse intorno a lei, preparando il terreno per una possibile nuova fase della sua carriera. E, come spesso accade con Belen, ogni volta che sembra pronta a fare un passo indietro, riesce invece a sorprendere tutti con un passo in avanti.

Indiscrezioni: Belen Rodriguez pronta a sbarcare in Rai nel 2026?

Le ultime indiscrezioni televisive parlano chiaro: Belen Rodriguez potrebbe approdare in Rai nel 2026. Dopo anni di successi sulle reti Mediaset, sembra che l’artista argentina stia valutando una nuova avventura professionale, questa volta all’interno della televisione pubblica. Secondo voci vicine agli ambienti televisivi, la Rai avrebbe in mente un progetto cucito su misura per lei, un format in cui la conduttrice possa mostrare non solo il suo lato glamour, ma anche quello più autentico e intimo.

Un ritorno alla tv di stato rappresenterebbe per Belen una nuova rinascita professionale, una sfida diversa e stimolante. Del resto, la sua storia personale è fatta proprio di capitoli che si chiudono e di altri che si aprono, sempre con la stessa energia travolgente. Il pubblico, come sempre, la segue con affetto e curiosità, consapevole che ogni sua scelta non è mai banale.

C’è chi vede in questo possibile approdo in Rai una consacrazione definitiva della sua carriera, chi invece un ritorno alle origini della vera televisione italiana, quella più elegante e meno gridata. In ogni caso, l’attesa è palpabile. Se il 2026 segnerà davvero il debutto di Belen Rodriguez in Rai, sarà l’ennesima conferma che, al di là delle mode e delle critiche, Belen resta la preferita dagli italiani.

Acerra abbraccia Conte, Auriemma (M5S): “Segnale di speranza per la città”

Nonostante il maltempo grande partecipazione quella di ieri per il presidente Giuseppe Conte che è stato accolto ad Acerra per un evento di campagna elettorale organizzato dall’onorevole e coordinatrice provinciale del Movimento 5 Stelle Carmela Auriemma.

Ad accogliere Conte i ragazzi del coro delle mani bianche della locale associazione "Michele Novaro" che hanno così voluto omaggiare il presidente del M5S. Conte, che ha anche intonato qualche nota con i ragazzi, ha ricevuto anche una maschera di Pulcinella da Michele De Chiara, attore che porta in giro per il mondo la nota maschera che vanta i Natali proprio ad Acerra.

“Ieri sera - ha dichiarato Auriemma - abbiamo dimostrato ancora una volta che il nostro campo di gioco è la Politica. Ieri sera abbiamo dato voce alla Acerra bella, a quella che costruisce invece di distruggere, quella che studia le soluzioni, quella che traccia una rotta.

Quella messa ai margini dai potentati di questa città ma che ieri insieme al Presidente Giuseppe Conte è stata protagonista di una delle serate più belle di questa campagna elettorale. Cosa c’è di più rivoluzionario che accendere una luce in una piazza deserta? Non farla spegnere”.

Chirurgia da primato a Caserta: maxi-intervento cranio-facciale restituisce la vista a un 41enne

Un intervento ad altissima complessità e perfettamente riuscito. È quello eseguito all’AORN “Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta, dove un’équipe multidisciplinare del Dipartimento Testa-Collo ha portato a termine un’operazione cranio-facciale che ha salvato la vista a un paziente di 41 anni, minacciata da una rara e voluminosa neoformazione che si estendeva dall’orbita alla cavità cranica anteriore.

A lavorare fianco a fianco, in una procedura durata diverse ore, sono state le équipe di Chirurgia Maxillo-Facciale, Neurochirurgia e Oculistica, guidate rispettivamente da Pasquale Piombino, Pasqualino De Marinis e Valerio Piccirillo, con il supporto dell’équipe anestesiologica diretta da Pasquale De Negri. Una sinergia a sei mani che ha permesso di affrontare una lesione posizionata in un’area in cui pochi millimetri fanno la differenza tra la perdita della vista e gravi danni neurologici.

La massa patologica, altamente invasiva, coinvolgeva strutture estremamente delicate: il bulbo oculare, il nervo ottico, i muscoli extraoculari, le meningi e una porzione del lobo frontale. Una condizione che metteva seriamente in pericolo non solo la funzione visiva, ma anche l’integrità neurologica del paziente.

Per affrontare una simile sfida, i chirurghi hanno utilizzato le tecnologie più avanzate oggi disponibili:

navigazione intraoperatoria per orientarsi in un’area anatomica complessa,

piezochirurgia per sezioni millimetriche dei tessuti ossei,

pianificazione preoperatoria con software dedicati e modelli 3D stampati in laboratorio, grazie ai quali l’intervento è stato simulato nei dettagli prima dell’ingresso in sala.

Una preparazione meticolosa che ha consentito di rimuovere completamente la neoformazione preservando tutte le strutture vitali e restituendo al paziente una funzione visiva piena.

Volpe: “La prova del valore della nostra sanità”

Soddisfazione è stata espressa dal direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Caserta, Gennaro Volpe, che definisce l’operazione “una storia di buona sanità e un modello di eccellenza professionale”.

“Questo intervento – sottolinea Volpe – conferma l’AORN di Caserta come punto di riferimento sul territorio per le prestazioni di alta specializzazione. Percorsi integrati, medicina di precisione e innovazione tecnologica restano per noi priorità assolute, nel segno dell’umanizzazione delle cure”.

Il manager ha rivolto un plauso alle équipe coinvolte, “che con competenza, esperienza e un lavoro di squadra impeccabile hanno garantito al paziente non solo la guarigione, ma la possibilità di guardare con ottimismo al proprio futuro”.

Botti illegali nel Casertano: scoperto opificio clandestino con oltre 10mila ordigni pirotecnici

Un’officina nascosta tra i terreni di Carinola, in località Torello, trasformata in un vero laboratorio clandestino di esplosivi. È quanto hanno scoperto i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Caserta, al termine di una mirata attività investigativa fatta di pedinamenti, osservazioni e incroci informativi.

L’intervento, supportato dagli artificieri della Polizia di Stato di Napoli, ha permesso di individuare e mettere in sicurezza un opificio abusivo attrezzato per la fabbricazione completa di materiale pirotecnico, dai composti esplosivi ai prodotti finiti.

All’interno della struttura, riferisce una nota delle Fiamme Gialle, erano presenti polveri detonanti, strumenti per la lavorazione, macchinari per il confezionamento e una quantità significativa di articoli pirotecnici in varie fasi di produzione.

Gli investigatori parlano di materiale “ad alto effetto detonante”, particolarmente instabile e pericoloso sia da maneggiare che da trasportare, destinato con ogni probabilità al mercato nero senza alcun controllo di sicurezza. Un rischio enorme non solo per gli acquirenti, ma per chiunque si fosse trovato nei pressi della struttura.

Le operazioni hanno portato al sequestro di circa 10.500 artifizi pirotecnici, tra botti artigianali e prodotti finiti, oltre a macchinari, strumenti e materie prime. Il responsabile del laboratorio è stato deferito all’Autorità giudiziaria per illecita fabbricazione e detenzione di materiale esplosivo, reati che rientrano tra quelli più gravi in ambito di sicurezza pubblica.

Un sequestro ingente, che arriva a poche settimane dalle festività natalizie, periodo in cui la produzione illegale di botti esplode – è il caso di dirlo – e rappresenta ogni anno una minaccia concreta per l’incolumità pubblica.

Nunzia Cappitelli, svolta nelle indagini: “Morte naturale”, ma la Procura non chiude il fascicolo

Napoli - Sarebbe riconducibile a cause naturali, verosimilmente a un malore improvviso, la morte di Nunzia Cappitelli, la 51enne trovata senza vita nel pomeriggio di venerdì scorso nella sua abitazione di piazza Sant’Alfonso, alla periferia nord di Napoli.

È quanto emerge dall’autopsia eseguita mercoledì, anche se per la conferma definitiva si attendono ancora gli esami tossicologici di rito.

Nel corso dell’esame autoptico, il medico legale ha accertato che la ferita riscontrata alla testa non è compatibile con un colpo inferto da un corpo contundente. Il taglio, definito non rilevante ai fini del decesso, sarebbe con tutta probabilità la conseguenza di una caduta avvenuta in casa. Al momento, dunque, non emergono elementi che colleghino direttamente la lesione alla morte della donna.

Nonostante il quadro medico faccia propendere per una morte naturale, le indagini della Squadra Mobile proseguono senza sosta. La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo per omicidio, affidato alla pm Antonella Serio della IV sezione “fasce deboli”, coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone. Una scelta investigativa definita “di garanzia”, che consente agli inquirenti di esplorare tutte le piste possibili.

A pesare sul contesto ci sono in particolare due denunce per stalking che Nunzia Cappitelli aveva presentato in passato contro due uomini diversi. Gli investigatori stanno ricostruendo i rapporti, incrociando testimonianze, tabulati telefonici e immagini di videosorveglianza, per escludere con certezza ogni coinvolgimento di terzi. L’ipotesi di reato più grave resta quindi formalmente aperta, proprio per non lasciare zone d’ombra sulla vicenda.

 Stamane i funerali a Marianella

Questa mattina, nella chiesa di San Giovanni e Sant’Alfonso a Marianella, si sono svolti i funerali della 51enne. Prima di entrare in chiesa, amici, conoscenti e semplici residenti hanno percorso il tratto davanti alla sua abitazione, lo stesso luogo in cui Nunzia è stata trovata senza vita. Un passaggio silenzioso, quasi un corteo spontaneo davanti alla casa che, negli ultimi giorni, è diventata il simbolo di una comunità scossa e attonita.

In prima fila, durante la cerimonia, sedevano la madre e le figlie di Nunzia, strette nel dolore e protette da un cordone di discrezione. A celebrare la messa esequiale è stato don Salvatore Perrotti, che nell’omelia ha ricordato la donna con parole semplici ma intense. «Nunzia ha finalmente trovato quella pace che cercava», ha detto il sacerdote rivolgendosi ai presenti.

Don Salvatore: "Oggi è il giorno del silenzio, del rispetto e del dolore"

Don Salvatore l’ha descritta come «la vicina di casa, la donna che aveva sempre una parola di bene», sottolineando la sua presenza discreta ma costante nel quartiere. «Oggi è il giorno del silenzio, del rispetto e del dolore», ha aggiunto il parroco, invitando tutti a evitare giudizi affrettati e a lasciare lavorare in serenità gli inquirenti.

Al termine della funzione, un fascio di rose chiare è stato deposto sulla bara di Nunzia, in un gesto collettivo di affetto e commiato. Fuori dalla chiesa, nessuno ha voglia di parlare: regna un silenzio denso, fatto di domande ancora senza risposta e di attesa per gli esiti definitivi degli accertamenti medico-legali.

Nei prossimi giorni, l’arrivo dei risultati tossicologici potrebbe dare un punto fermo alla ricostruzione scientifica delle cause del decesso. Solo allora la Procura valuterà se mantenere aperto il fascicolo per omicidio o derubricare l’ipotesi di reato, chiudendo definitivamente la porta su eventuali scenari di violenza. Fino a quel momento, la morte di Nunzia Cappitelli resta una vicenda sospesa tra la pista del malore e la necessità di fugare ogni dubbio.

Napoli, celebrazione della Virgo Fidelis nella basilica di Santa Chiara

Nella Basilica di Santa Chiara di Napoli, che custodisce le spoglie del Venerabile Servo di Dio, Medaglia d’Oro al Valor Militare Salvo D’Acquisto, l’Arcivescovo Metropolita di Napoli, S.E. Rev.ma Mons. Domenico Battaglia, alla presenza di numerose autorità locali, ha celebrato la Virgo Fidelis, patrona dell’Arma dei Carabinieri.

La patrona dei carabinieri, la Virgo Fidelis, è stata istituita nel 1949 da Papa Pio XII, colpito dal valore e dalla fedeltà dimostrata dal Battaglione carabinieri che fece il supremo sacrificio della vita in Africa Orientale a Culqualber.

Proprio per questo, a margine della cerimonia religiosa, il Comandante Interregionale Carabinieri “Ogaden”, Generale di Corpo d’Armata Massimo Masciulli, ha commemorato il sacrificio di quei carabinieri che, durante la battaglia di Culqualber hanno resistito fino all’estremo in difesa del caposaldo etiopico, dando prova di straordinario coraggio e coesione.

Un episodio che valse alla Bandiera dell’Arma la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
La cerimonia, poi, è stata l’occasione per celebrare la Giornata dell’Orfano, sottolineando la meritoria attività svolta, sin dal 1948, dall’Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Carabinieri, che assiste negli studi gli orfani dei militari dell’Arma dei Carabinieri, e che, anche quest’anno, ha devoluto dei premi ad alcuni giovani presenti.

“Gli orfani dei nostri colleghi scomparsi sono figli di tutti noi, non solo dei loro genitori” ha detto il Comandante Interregionale nel suo intervento, ”l’Opera Nazionale Assistenza Orfani Militari Arma Carabinieri è la manifestazione più tangibile della generosità di tutti i componenti dell’Arma dei carabinieri e dello spirito di solidarietà che anima l’Istituzione”.

Assalto ai bancomat: sgominata la "banda della marmotta: 4 arresti e tre denunce

Un anno di esplosioni nella notte, sportelli divelti e migliaia di euro volatilizzati. È il bilancio delle indagini che hanno portato all’arresto di quattro pregiudicati della provincia di Foggia e alla denuncia di altre tre persone ritenute componenti di una banda specializzata nei colpi ai bancomat nel Centro-Sud.

Undici gli assalti contestati, compiuti tra aprile 2024 e i mesi successivi nelle province di Campobasso, Foggia, Potenza e Avellino.

A partire da un episodio avvenuto nell’aprile 2024 a San Martino in Pensilis, in provincia di Campobasso, i Carabinieri del Comando provinciale di Campobasso – coordinati dalla Procura di Larino – hanno ricostruito la struttura del gruppo, ribattezzando l’inchiesta con un nome eloquente: “Marmotta”, la stessa tecnica usata per far saltare gli sportelli.

La tecnica della “marmotta”: una banconota da 20 euro per innescare l’esplosione

Il metodo era tanto semplice quanto devastante. Un primo accesso al bancomat, con un prelievo minimo – sempre una banconota da 20 euro – permetteva ai malviventi di lasciare lo sportello aperto quel tanto necessario per inserire al suo interno un ordigno artigianale carico di polvere pirica.

La miccia veniva poi accesa in pochi secondi, con i banditi già pronti a fuggire a bordo di auto di grossa cilindrata, tutte rubate e dotate di targhe false.

Proprio le carte utilizzate per il prelievo– una leggerezza costata cara al gruppo – hanno permesso agli investigatori di restringere il cerchio, individuando l’area di provenienza dei sospetti. Successivi accertamenti hanno poi portato a una delle auto utilizzate per i colpi, tessera fondamentale nel mosaico dell’indagine.

Base operativa a Orta Nova, colpi in mezza Italia

La base logistica del sodalizio era ad Orta Nova, nel Foggiano. Da lì la banda si muoveva per raggiungere obiettivi in diverse regioni del Sud: Molise, Puglia, Basilicata e Campania.
Il gruppo, secondo gli inquirenti, era ben strutturato e contava figure con competenze specifiche nell’uso degli esplosivi, tanto da agire con una ripetitività quasi seriale.

In totale, i colpi riusciti hanno fruttato circa 200mila euro. Ma non tutte le operazioni sono andate come previsto: in un caso, un errore nel calcolo della quantità di esplosivo ha provocato una detonazione fuori controllo, ferendo gravemente tre dei componenti della banda.

Agli indagati vengono contestati reati pesanti: associazione per delinquere aggravata dall’uso di materiale esplosivo, finalizzata alla commissione di furti pluriaggravati in danno di istituti di credito, attraverso ordigni artigianali contenenti polvere pirica.

La Procura di Larino ha definito l’attività investigativa “complessa e capillare”: una ricostruzione minuziosa che ha permesso di smantellare una delle più attive batterie di assaltatori di bancomat operanti nel Mezzogiorno.

 

Camorra, sequestrato un impero da 25 milioni ad Arturo Di Caprio

Una maxi-operazione del Gico di Roma e Frosinone ha portato al sequestro preventivo di un patrimonio da oltre 25 milioni di euro. L'obiettivo è Arturo Salvatore Di Caprio, imprenditore cassinate considerato dalla Procura "socialmente pericoloso" e ritenuto vicino ai vertici della camorra.

L'uomo, già noto alle cronache giudiziarie, aveva tessuto negli anni una fitta rete di interessi che spaziava dal traffico di stupefacenti alla bancarotta fraudolenta, passando per sofisticati schemi di riciclaggio internazionale.

Le indagini, coordinate dal procuratore di Cassino, hanno ricostruito la parabola criminale di Di Caprio. Nel 2018 finì in manette con l'operazione "Cavaliero Nero", un'inchiesta che ne svelò i legami con il clan La Torre.

Dopo un periodo di latitanza, nel 2022 venne nuovamente arrestato. Le condanne definitive lo hanno colpito per bancarotta e traffico di droga, ma secondo gli inquirenti questo rappresentava solo la punta dell'iceberg.

Il vero business, sostengono i finanzieri, ruotava attorno a due associazioni per delinquere specializzate in reati fiscali. Il modus operandi prevedeva truffe aggravate anche ai danni dello Stato, riciclaggio e auto-riciclaggio di capitali illeciti, oltre a bancarotte fraudolente sistematiche. Il tutto mentre accumulava una ricchezza sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, occultando i proventi in una galassia societaria e finanziaria.

I beni sotto sequestro raccontano lo stile di vita e la potenza economica dell'imprenditore:

Conti correnti in banche italiane ed estere

Un terreno a Piedimonte San Germano

37 società operative in diversi settori

6 auto di lusso di alta gamma

L'operazione segna un nuovo colpo alla criminalità organizzata nel Lazio meridionale, dimostrando come le vecchie alleanze camorristiche abbiano trovato terreno fertile negli appalti e nel cemento della provincia di Frosinone.

Tragedia di San Paolo Belsito, la madre. "Mio figlio deve pagare"

Nola – Il dolore di una madre ha il suono di una notifica sul cellulare e l'immagine sgranata di un incubo in diretta. Non c'è pietà, non c'è filtro nella tragedia che ha squarciato il silenzio di via Palazzo Cassese, a San Paolo Bel Sito. È qui, al quinto piano di un condominio che doveva essere un nuovo inizio, che Vincenzo Riccardi, 25 anni, ha cancellato la vita di sua sorella Noemi, 23 anni appena, con una serie di fendenti letali.

La dinamica, agghiacciante, scavalca la crudeltà del gesto fisico per approdare alla violenza psicologica. Dopo aver ucciso, Vincenzo non scappa. Prende il telefono. Chiama la madre, in quel momento al lavoro, ignara che la sua vita stia per andare in pezzi. "L'ho uccisa", dice lui. Lei crede a uno scherzo, un gioco macabro tra fratelli che litigano spesso. Lui gira la fotocamera. Sul pavimento c'è Noemi. "È stata una scena molto brutta", racconterà poi la donna agli inquirenti, con la voce spezzata di chi ha visto l'indicibile.

La condanna di una madre

In un istante, quella madre ha perso due figli: uno è riverso a terra, l'altro è l'assassino. Eppure, il dolore non lascia spazio all'indulgenza. "Voglio che mio figlio paghi per quello che ha fatto", ha dichiarato, trasformando lo strazio in una richiesta di giustizia ferma, lucida. Ricorda Noemi come una ragazza "dolce e tenera", molto amata da chi la conosceva. Di Vincenzo, invece, traccia il profilo di un ragazzo "intelligente", difendendolo parzialmente dalle voci su una gravità clinica ingestibile, ma senza giustificare l'abisso in cui è sprofondato.

"Ero esasperato": il raptus e il disagio

Vincenzo si è consegnato ai Carabinieri senza opporre resistenza. "Un raptus di follia", "Non ce la facevo più": queste le parole usate per spiegare l'inspiegabile durante l'interrogatorio. Dietro le mura di quell'appartamento, dove i tre si erano trasferiti dopo la morte del padre avvenuta qualche anno fa, covava un disagio profondo. Entrambi i fratelli vivevano situazioni di fragilità psicologica; Vincenzo era seguito dal centro di igiene mentale locale, mentre Noemi aveva rifiutato l'assistenza. Una polveriera emotiva che è esplosa nel modo più irreversibile.

Il monito del sindaco

Mentre Vincenzo è stato trasferito in carcere, la comunità si interroga. Il sindaco di Nola, Andrea Ruggiero, ha invitato a non limitarsi alla cronaca nera, ma a guardare nel tessuto sfilacciato della società. "Solitudini sommerse", le ha definite. Drammi che crescono nel silenzio delle mura domestiche, tra pressioni sociali e difficoltà emotive, fino a quando il rumore di una videochiamata non annuncia che è troppo tardi.

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