Il sindaco Vassallo disse: ‘Tengo paura che mi fanno fuori”. Le rivelazioni di un testimone

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La paura è il filo conduttore che tiene insieme i pezzi di un movente. “Tengo paura che mi fanno fuori” così dice Angelo Vassallo. L’indomito sindaco, il temerario che sfida tutto e tutti, teme per la propria vita nei giorni precedenti la morte. Questo racconta un testimone.
Questo sostengono gli inquirenti che, dodici anni dopo, provano a dare un volto ai colpevoli.

Bisogna tornare indietro nel tempo all’agosto del 2010 per comprendere l’oggi. Così fanno gli inquirenti che – lentamente, con fatica – mettono insieme i pezzi di un mosaico complicato. Angelo Vassallo vive momenti di paura in quei giorni. Lo dice Domenico Vaccaro, allora vicesindaco del paesino cilentano di Lustra, che incontra Vassallo il 22 agosto del 2010. 

Vaccaro e suo figlio incontrano il sindaco Pescatore ad Acciaroli. È una domenica e l’appuntamento è in un bar. I tre parlano di politica, dell’intenzione del Comune di Lustra di acquisire e gestire un ex edificio scolastico della Comunità Parco del Cilento di cui Vassallo è il presidente. È quello il motivo dell’incontro. 

    I due politici si conoscono da anni, condividono battaglie. Si confrontano sugli avversari e sui politici ‘chiacchierati’, in odore di camorra. Nelle dinamiche politiche del Parco del Cilento il vicesindaco di Lustra segue la corrente del presidente Vassallo. Almeno questo racconta Vaccaro ai magistrati, il 28 dicembre del 2021, undici anni dopo.

    Quella mattina, il destino del sindaco Pescatore non è ancora segnato, così sembra. Eppure c’è qualcosa che già non va. Si parla di politica, poi il discorso vira su altro. Così ricorda Vaccaro che con ‘sollievo’ e per la prima volta scava nella memoria e ripercorre quell’incontro dinanzi ai magistrati della Procura di Salerno prima alla fine del 2021 e poi alcuni mesi dopo. 

    La sua testimonianza così pregnante, determinante, ma anche ‘imbarazzante’ per il tempo trascorso, è in una delle informative rese note con il decreto di perquisizione eseguito il 28 luglio scorso a carico dei nove indagati, accusati a vario titolo di omicidio e traffico di stupefacenti.

    LA PAURA DI VASSALLO PRIMA DI MORIRE.

    Vaccaro rivela che il sindaco quel giorno di agosto è diverso dal solito. Ha timore. “Mi confidò di avere grosse preoccupazioni”. Poi, riporta a verbale quelle confidenze. È come se fosse un nastro registrato, parole impresse nella memoria di chi lo ha ascoltato e ogni frase viene soppesata oggi come se fosse un atto di accusa. “Ho visto e sono venuto a conoscenza di cose che sarebbe stato meglio non sapere e non vedere, vogliono portare la camorra nel Cilento ed io farò di tutto perchè ciò non avvenga ed ho paura che mi fanno fuori, tengo paura che mi fanno fuori. Torno a casa sempre prima di mezzanotte, non faccio mai la stessa strada e non mi fermo con chiunque incontro per strada, anche se è un amico”. Così dice Vassallo. Questo racconta Vaccaro.

    Il sindaco Pescatore, dunque, è un uomo che ha paura. È talmente terrorizzato che, racconta Vaccaro, ha cambiato le sue abitudini. È guardingo. Non si ferma neanche con un ‘amico’. 

    VASSALLO E LA TELEFONATA AL PROCURATORE GRECO

    Il vicesindaco di Lustra riferisce anche che Vassallo in quei giorni è intenzionato a chiedere aiuto. Vuole raccontare ciò che ha scoperto a un magistrato. Due giorni dopo quell’incontro, il 24 agosto del 2010, infatti il sindaco di Pollica chiama Alfredo Greco, allora procuratore capo della Procura di Vallo della Lucania. I due si conoscono bene e da molto tempo. Sono in confidenza. Lo si capisce dalla ricostruzione di Greco fatta otto giorni dopo l’omicidio. È Greco a dare un indizio determinante sul movente e su cosa il sindaco ha scoperto in quei giorni.

    Il 13 settembre 2010 il procuratore scrive: “L’ultima decade di agosto scorso mi ha telefonato (Vassallo, ndr) e mi ha chiesto di vedermi. Mi ha detto che mi cercava perchè ad Acciaroli c’era un problema di spaccio di stupefacenti e, alla mia richiesta di qualche particolare in più ha soggiunto che una imbarcazione, un gommone, nelle ore della sera si avvicinava alla banchina dove persone, forse di Salerno, cedevano o vendevano o passavano stupefacenti; conoscendo il suo carattere propositivo gli ho detto di stare fermo che avrei provveduto io a mandargli i carabinieri”.

    Vassallo in quella telefonata non accenna ai timori per la sua incolumità. Non parla della sua paura. Almeno Greco non lo riporta nella sua relazione. Piuttosto deve essere sembrato spavaldo e temerario, ‘propositivo’ come è nel suo carattere. Tanto che il magistrato attiva subito un uomo di sua fiducia da inviare ad Acciaroli per evitare che Vassallo faccia da solo.

    CARABINIERI AMICI PER INDAGARE SULLO SPACCIO

    Il magistrato allerta un maresciallo del nucleo operativo dei carabinieri di Agropoli affinché incontri Vassallo e indaghi sullo spaccio di stupefacenti. E questi allerta il suo superiore. La questione crea anche imbarazzo. Vassallo non vuole raccontare quello che ha scoperto ai militari della stazione di Pollica e della Compagnia di Vallo della Lucania. È sospettoso, non si fida. I carabinieri della compagnia di Agropoli non hanno competenza territoriale su Pollica. La questione viene esposta ai vertici provinciali e risolta con un via libera da parte dell’Arma.   

    Greco convoca il capitano della compagnia di Agropoli, Raffaele Annichiarico e il maresciallo fidato, e affida loro il compito di incontrare il sindaco per verificare cosa accade a Pollica. I tre lo confermano in un interrogatorio.

    Il 25 agosto del 2010 l’ufficiale chiama Vassallo e prende un primo appuntamento per il giorno successivo. Ma la mattina dell’incontro, il destino ci mette lo zampino. Una rapina ad Agropoli scompiglia i piani e l’appuntamento salta. 

    L’incontro viene rimandato al 6 settembre 2010. Ma non ci sarà mai. Vassallo viene ucciso la sera del 5 settembre alle 21,12. 

    È da quel momento che si cerca il movente, l’assassino. Il motivo per il quale Angelo Vassallo, così guardingo e timoroso, quella sera della morte ha arrestato la marcia della sua auto, ha abbassato il finestrino e guardato in faccia il suo assassino.

    (3. continua)

    Rosaria Federico

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