Pompei, nuove aperture: Via del Vesuvio con la casa di Leda e il Cigno e Amorini Dorati. Terme Centrali (FOTO)

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Con la riapertura di via del Vesuvio, al termine degli interventi di messa in sicurezza dei
fronti di scavo che stanno interessando i 3km di perimetro che costeggia l’area non
scavata dell’antica città, nell’ambito del Grande Progetto Pompei, torna fruibile al
pubblico un’ampia zona degli scavi.
 
La restituzione alla fruizione della strada e degli edifici che vi si affacciano, permetterà al
pubblico di ammirare, per la prima volta la domus di Leda e il cigno, uno dei
ritrovamenti recenti e più suggestivi degli scavi alla Regio V e, a seguito dei recenti
restauri, il complesso delle Terme Centrali, mai finora accessibile. In uno degli ambienti
di ingresso delle Terme è visibile il calco dello scheletro del bambino rinvenuto durante i
lavori.
Riapre al pubblico anche la Casa degli Amorini Dorati, al termine degli interventi di
manutenzione.
Gli straordinari ritrovamenti frutto dei nuovi scavi, tra cui quello della vasta
area del “cuneo” –  posto tra la casa delle Nozze d’argento e il vicolo di Marco Lucrezio
Frontone – sono stati raccontati nel loro aspetto storico scientifico, ma anche più romantico
e legato all’emozione delle scoperte stesse, nel libro del Direttore del Parco Archeologico
di Pompei Massimo Osanna, che ne ha curato gli scavi.  
“Pompei. Il tempo ritrovato. Le nuove scoperte” sarà presentato in anteprima alla
stampa in occasione della riapertura di via del Vesuvio. Il volume sarà in
distribuzione in tutte le librerie dal 26 novembre.

La presentazione al pubblico del libro ​è in programma: 
 ​Lunedì 25 novembre 2019 ore 18.00

Teatro di Costanzo Mattiello
Via Sacra 37 Pompei ( Na)
 
Martedì 26 novembre 2019 ore 17.30
Teatro Mercadante
Piazza Municipio Napoli

La DOMUS DI LEDA E IL CIGNO – dai NUOVI SCAVI DELLA REGIO V

La Domus di Leda e il cigno è stata rinvenuta lungo
via del Vesuvio, durante gli interventi di messa in
sicurezza e riprofilamento dei fronti di scavo. La
casa prende il nome dal raffinato affresco presente
in un cubicolo (stanza da letto). La scena piena di
sensualità rappresenta il congiungimento tra Giove,
trasformatosi in cigno, e Leda, moglie di Tindaro re
di Sparta. Dal doppio amplesso, prima con Giove e
poi con Tindaro, nasceranno, fuoriuscendo da uova,
i gemelli Castore e Polluce (i Dioscuri), Elena –
futura moglie di Menelao re di Sparta e causa della
guerra di Troia – e Clitennestra, poi sposa (e
assassina) di Agamennone re di Argo e fratello di

    Menelao.
    L’intera stanza è caratterizzata da decori raffinati di IV stile, con delicati ornamenti floreali,
    intervallati da grifoni con cornucopie, amorini volanti, nature morte e scene di lotte tra
    animali. Finanche sul soffitto, rovinosamente crollato sotto il peso dei lapilli, si estendeva
    l’armonia di questi pregiati disegni, i cui frammenti sono stati recuperati dai restauratori per
    ricomporne la trama.
    Alle spalle dell’ambiente anche parte dell’atrio della dimora, con pareti dai vividi colori e
    l’affresco di Narciso, al centro di una di esse, che lo vede specchiarsi nell’acqua rapito
    dalla sua immagine, secondo l’iconografia classica.
    Interessante, nell’atrio di Narciso, è la traccia ancora visibile delle scale che conducevano
    al piano superiore; ma soprattutto il ritrovamento nello spazio del sottoscala, utilizzato
    come deposito, di una dozzina di contenitori in vetro, otto anfore e un imbuto in bronzo.
    Una situla bronzea (contenitore per liquidi) è stata invece rinvenuta accanto all’impluvio.
    Su una delle pareti dell’atrio, posto di fronte all’ingresso della casa è, di recente, emerso
    anche una grande figura di Hermes (Mercurio) dai vivaci colori.
    L’amore e la soavità dei sensi, nelle più svariate forme, trasudano dalle stanze di questa
    elegante dimora che, già dal corridoio di ingresso, accoglieva gli ospiti con l’immagine
    vigorosa e di buon auspicio del Priapo, in analogia con quella della vicina Casa dei Vettii.

    LE TERME CENTRALI E IL CALCO DELLO SCHELETRO DEL BAMBINO
    Il complesso delle Terme Centrali apre per la prima volta al pubblico dopo i restauri.
    In esposizione, in uno degli ambienti di ingresso, il calco dello scheletro della
    vittima di un bambino di 7/8 anni rinvenuto durante i lavori, e già precedentemente
    intercettato all’epoca degli scavi ottocenteschi.

    L’intero complesso è stato
    oggetto di interventi di
    consolidamento (trattamento
    delle lacune, consolidamenti,
    sarcitura delle lesioni, ripristino
    delle sommità murarie; ripristino
    dei livelli dei davanzali e delle
    soglie; sostituzione di architravi) e
    di restauro (revisione e restauro
    dei paramenti murari e degli
    intonaci; pulitura e restauro
    dell’impluvio, delle vasche e della
    scala; restauro dei tubuli nel

    calidarium), realizzati con fondi ordinari.
    Poste all’incrocio tra via di Nola e via Stabiana, le terme si sviluppano sullo spazio di un
    intero isolato – l’insula 4 della Regio IX-, riutilizzato a seguito dello spianamento degli
    edifici preesistenti, probabilmente danneggiati dal terremoto del 62 d.C. 
    Al momento dell’eruzione la costruzione del complesso non risultava ultimata, ma
    l’ambizioso progetto di monumentalità si intuisce già dalla facciata che dà sul cortile. Le
    sale per i bagni si presentavano molto più spaziose e luminose rispetto alle altre terme di
    Pompei. Manca invece la separazione tra parte femminile e maschile e si suppone che
    fossero previste fasce orarie diverse per donne e uomini.
    Lo scheletro della piccola vittima
    Ad aprile del 2018, all’interno del grande complesso, è stato rinvenuto lo scheletro di un
    bambino di 7 -8 anni. Il ritrovamento è apparso straordinario sia per la fortuita e
    inaspettata scoperta nel corso dell’intervento di consolidamento e restauro del complesso

    termale già scavato nell’800, sia per la collocazione inusuale del corpicino rispetto alla
    stratigrafia vulcanica del 79 d.c.

    Lo scheletro è emerso durante la
    pulizia di un ambiente di ingresso.
    Al di sotto di uno strato di circa 10
    centimetri è affiorato prima il
    piccolo cranio e in un secondo
    momento le ossa, disposte in
    maniera raccolta, che hanno
    permesso di formulare le prime
    ipotesi circa l’età del fanciullo che,
    in fuga dall’ eruzione, aveva
    trovato ricovero nelle Terme
    Centrali. 

    La peculiarità del ritrovamento è che lo scheletro era immerso nel flusso piroclastico (mix
    di gas e materiale vulcanico). Normalmente nella stratigrafia dell’eruzione del 79 d.C. è
    presente nel livello più basso il lapillo e poi la cenere che sigilla tutto. In questo caso si
    doveva trattare di un ambiente chiuso dove il lapillo non è riuscito ad entrare né a
    provocare il crollo dei tetti, mentre è penetrato direttamente il flusso piroclastico dalle
    finestre, nella fase finale dell’eruzione.
    Si tratta di ambienti già scavati tra il 1877 e il 1878. In quell’occasione lo scheletro doveva
    essere già stato intercettato, ma inspiegabilmente non scavato, forse perché lo strato
    vulcanico non permetteva la realizzazione di un calco.
    Lo scheletro, oggi al Laboratorio di Ricerche applicate del Parco Archeologico di Pompei,
    è stato oggetto di indagini antropologiche, che vengono condotte in maniera sistematica
    fin dal ritrovamento dei reperti.

    CASA DEGLI AMORINI DORATI
    La Domus riapre al termine degli interventi di manutenzione, a cura di Ales, che
    hanno interessato la messa in sicurezza degli apparat, con integrazioni delle lacune
    dei mosaici pavimentali e degli intonaci, la messa in opera di dissuasori anti volatili,
    la realizzazione di una passerella di accesso e la pulitura delle strutture
    archeologiche.

    La casa, una delle più eleganti
    abitazioni di età imperiale, deve il
    suo nome agli Amorini incisi su due
    medaglioni d’oro che ornano un
    cubicolo del portico.
    L’edificio si sviluppa intorno allo
    scenografico peristilio con giardino
    del raro tipo rodio, cioè con un lato
    munito di colonne di maggiore
    altezza sormontate da un frontone,
    che conferiva un’aura di sacralità̀
    agli ambienti che vi si affacciavano.
    Tra questi, il grande salone di rappresentanza, caratterizzato da pregiate pitture a
    soggetto mitologico e munito di un pavimento mosaicato con rosone centrale secondo una
    moda dell’epoca di Augusto.
    La religiosità̀ del peristilio è sottolineata anche dalla presenza di ben due luoghi di culto:
    un’edicola ed un sacello. L’edicola del larario era destinata al culto domestico tradizionale,
    mentre il sacello particolare, destinato al culto delle divinità egizie ritratte nei dipinti: Anubi,
    dio dei morti con testa da sciacallo, Arpocrate, dio bambino figlio di Iside, la stessa Iside
    ed infine Serapide, dio guaritore.
    Accanto vi sono oggetti del culto isiaco, di cui il proprietario era forse un sacerdote. Il
    giardino, in una sorta di collezione museale, era decorato da rilievi e sculture in marmo,
    alcuni dei quali sono originali greci. Graffiti e un anello-sigillo indicano il proprietario in
    Cnaeus Poppaeus Habitus, imparentato con Poppea Sabina seconda moglie di Nerone.


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