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Il rione Sanità sotto assedio armato: il quartiere, le faide e il presidio militare del clan Savarese

Pistole in pugno, ronde nei vicoli, incontri notturni documentati fotogramma dopo fotogramma. L’ordinanza cautelare ricostruisce una lunga occupazione criminale del rione Sanità: una strategia di controllo del territorio messa in atto dal gruppo Sequino-Savarese attraverso una presenza armata costante e ostentata.
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La Sanità non è solo uno dei cuori storici di Napoli, un dedalo di vicoli che convivono con palazzi nobiliari, catacombe e chiese secolari. È anche, da decenni, uno dei fronti più sensibili della geografia criminale cittadina. Qui le alleanze sono fragili, le egemonie mai definitive, e ogni equilibrio è destinato a essere rimesso in discussione.

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Le 134 pagine dell' ordinanza cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Ivana Savarese fotografano un momento preciso di questa instabilità: gli ultimi mesi del 2024 e gran parte del 2025, un periodo segnato – secondo la Procura – da una rinnovata tensione criminale e dal tentativo del clan Sequino/Savarese di riaffermare il proprio dominio sul quartiere attraverso un controllo armato visibile e continuativo.

Il contesto: un quartiere conteso e quelle strade che non dormono mai

Il rione Sanità è da tempo un territorio instabile sul piano criminale. Le vecchie egemonie non sono mai definitive, le nuove leve cercano spazio, i confini tra gruppi si spostano di pochi metri, spesso di notte. È in questo clima che, tra la fine del 2024 e tutto il 2025, gli investigatori registrano un aumento della “fibrillazione criminale”.

La Procura colloca i fatti all’interno di una fase di riassestamento degli equilibri camorristici. Il clan Sequino-Savarese, storico riferimento dell’area, avrebbe reagito rafforzando la propria presenza militare sul territorio. Non per colpire, ma per dissuadere. Non per sparare, ma per far sapere che le armi ci sono.

Le telecamere: il potere raccontato per immagini

Il cuore dell’indagine è una telecamera investigativa installata in via Gradini San Nicandro. Riprende un luogo pubblico, senza audio, senza intercettazioni. Ma per mesi registra tutto: chi arriva, chi va via, chi resta. E soprattutto come resta.
Le immagini mostrano gruppi che si formano e si sciolgono, uomini che si muovono insieme con una naturalezza che – per gli inquirenti – non è casuale. Le armi compaiono e scompaiono, ma la postura dei corpi, le mani sempre pronte, i gesti ripetuti parlano chiaro a chi sa leggere quel linguaggio.

La polizia giudiziaria riconosce i soggetti: sono volti già noti, alcuni già condannati, altri comunque inseriti nel circuito criminale del quartiere. È così che i filmati diventano la spina dorsale dell’impianto accusatorio.

Il ruolo del collaboratore di giustizia Salvatore Giuliano

A rafforzare il quadro interviene anche la voce di Salvatore Giuliano, collaboratore di giustizia. Le sue dichiarazioni non introducono nomi nuovi, ma danno profondità alle immagini.

Giuliano racconta il metodo: alla Sanità il controllo non si esercita solo con le estorsioni o con lo spaccio, ma con la presenza fisica armata. “Stare sotto”, come viene definito in gergo, significa farsi vedere, occupare lo spazio, impedire agli altri di muoversi.
Il collaboratore descrive il clan Savarese come un gruppo che utilizza le armi soprattutto come strumento di intimidazione preventiva. Non serve sparare se basta mostrarsi. Le ronde armate servono a rassicurare gli affiliati, scoraggiare i rivali, ricordare al quartiere chi detta le regole.

Le parole di Giuliano si incastrano con i filmati: stessi luoghi, stesse modalità, stessi orari. Per la Procura è una conferma incrociata decisiva.
La sequenza dei fatti: una strategia, non episodi isolati

Non un’azione eclatante, non una stesa isolata, ma una strategia lenta e metodica, costruita giorno dopo giorno.

Via Gradini San Nicandro: la piazza d’armi

Il centro della ricostruzione investigativa è via Gradini San Nicandro. Una strada apparentemente marginale, che diventa invece il fulcro operativo del gruppo. È qui che gli indagati si incontrano, sostano, osservano. È qui che, secondo gli inquirenti, si misura la temperatura criminale del quartiere.

Una telecamera investigativa, installata in luogo pubblico, riprende per mesi gli stessi volti, gli stessi movimenti, la stessa ritualità. Le immagini non captano parole, ma raccontano molto di più: posture, atteggiamenti, gesti ripetuti. Mani che scendono nei pantaloni, sagome rigide sotto i giubbotti, armi che passano da una persona all’altra.

La Procura parla di “riunioni armate”, funzionali a garantire una presenza intimidatoria stabile. La giurisprudenza lo consente: quelle immagini, raccolte senza intercettare conversazioni, diventano prova pienamente utilizzabile.

Il metodo: mostrarsi per comandare

Il filo rosso che lega tutti i capi di imputazione è uno: l’ostentazione del potere. Gli indagati, ritenuti organici o contigui al clan Savarese, non agiscono nell’ombra. Al contrario, presidiano il territorio in gruppo, spesso in numero superiore a cinque persone, portando armi da fuoco in pieno spazio pubblico.

Secondo l’accusa, è un messaggio diretto: il quartiere è sotto controllo, ogni ingresso e ogni movimento sono osservati. Un linguaggio mafioso antico, che alla Sanità conserva tutta la sua efficacia.

La cronaca armata: episodi uno dopo l’altro

L’ordinanza elenca una sequenza impressionante di episodi, che letti in ordine cronologico assumono la forma di un vero diario criminale.
13 marzo 2024
È uno dei primi segnali. Gennaro De Marino e Ciro Esposito vengono ripresi insieme mentre portano illegalmente un’arma comune da sparo. La Procura legge già in questo episodio l’aggravante mafiosa: non un gesto individuale, ma un’azione funzionale al clan.
1 febbraio 2025
Il gruppo cresce. De Marino, Esposito, La Salvia, Massaro e Peraino si muovono armati, in più di cinque persone. Il salto numerico segna una nuova fase: la presenza non è più sporadica, diventa collettiva.
3 e 6 febbraio 2025
Le armi aumentano: due pistole in strada, in giorni ravvicinati. Esposito, La Salvia, Massaro e Peraino si alternano nelle riprese. La frequenza è un dato chiave per gli investigatori.
6 marzo 2025
Cinque uomini – Babalyan, Massaro, Esposito, Peraino e Zinzi – vengono documentati con tre armi da fuoco. Il gruppo assume una fisionomia stabile, quasi una pattuglia.
11 giugno 2025
Esposito compare ancora, armato, con soggetti non identificati. La continuità temporale rafforza l’ipotesi di un disegno criminoso unitario.
28 giugno 2025
È uno dei momenti più significativi: quattro armi portate contemporaneamente da Amodio, Massaro, Esposito, Zinzi e Peraino. Un vero presidio militare.

Agosto e settembre 2025: l’escalation

Dal 29 agosto al 13 settembre, le immagini raccontano una presenza quasi quotidiana. Una pistola il 29 agosto. Cinque armi il 2 settembre. Poi ancora: 5, 6, 7, 8, 10, 12 e 13 settembre. Cambiano i volti, non la sostanza. In un caso compare anche un soggetto travisato.

Per la Procura è la prova di un controllo totale, esercitato senza soluzione di continuità.
10 ottobre 2025. L’ultimo episodio contestato chiude il cerchio: gruppo numeroso, armi, modalità già viste. Il quadro è completo.

I profili criminali

L’ordinanza sottolinea anche il curriculum giudiziario di alcuni indagati. Babalyan, De Marino e Peraino sono gravati da recidiva infraquinquennale. Per Esposito la recidiva è specifica. Massaro e Zinzi presentano recidive reiterate. Un dato che, per il giudice, rafforza il pericolo di reiterazione dei reati e giustifica la custodia cautelare in carcere.
Un quartiere sotto osservazione

Letta nel suo insieme, l’inchiesta restituisce l’immagine di una Sanità compressa tra storia e paura. Le strade diventano scenari di controllo, i gradini luoghi di vedetta, la notte il momento privilegiato per ribadire chi comanda.

Non una guerra dichiarata, ma una pressione costante, silenziosa e armata. È questo, secondo la Procura, il metodo del clan Savarese nel periodo ricostruito dall’ordinanza.

Gli indagati

Amodio Luis Antonio, Napoli, 18 dicembre 2001
Babalyan Alexandr, Astrakan (Federazione Russa), 21 novembre 1999
De Marino Gennaro, Napoli, 1 giugno 2001
Esposito Ciro, Napoli, 18 giugno 1986
La Salvia Salvatore, Napoli, 28 dicembre 1998
Massaro Francesco Pio, Napoli, 11 settembre 2003
Peraino Danilo, Napoli, 29 luglio 1998
Zinzi Ivan, Napoli, 28 luglio 1993

(nella foto i Gradini San Nicandro e da sinistra in alto Ciro Esposito, Danilo Peraino, Aleaxander Babylan e Ivan Zinzi; in basso sempre da sinistra Antonio Luisi Amodio, Gennaro Amodio, Salvatore La Salvia e Francesco Pio Massaro)

@RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte REDAZIONE
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