La Campania si conferma la regione più povera d’Italia. È un dato che non sorprende più, ma che ogni anno si aggrava nelle sue dimensioni e nelle sue conseguenze. Il nuovo Dossier regionale sulle povertà in Campania, presentato dalla Caritas a Caserta e costruito su fonti ufficiali – Istat, Eurostat, Ministero della Salute, Agenas, Gimbe – racconta un territorio dove la vulnerabilità non è più una condizione marginale: riguarda il 43,5% della popolazione, quasi la metà dei residenti.
Un dato che, da solo, darebbe la misura del problema. Ma è solo la punta dell’iceberg.
La rinuncia alle cure e il divario sanitario
Il numero più inquietante è quello relativo alla salute: il 13,5% dei campani rinuncia a curarsi, contro una media nazionale del 9,9%.
Una percentuale che, tradotta nella vita quotidiana, significa che uno su otto è costretto a evitare visite specialistiche, esami diagnostici, terapie. Non perché non ne abbia bisogno, ma perché non può permettersele.
Il Vescovo Antonio De Luca, delegato della Conferenza Episcopale Campana per il Servizio Carità, lo spiega chiaramente: «Nei nostri Centri cresce la richiesta di aiuti per le cure sanitarie; molti lamentano la lontananza dalle strutture e l’alto costo dei trasporti». Una condizione che riguarda soprattutto le aree interne, sempre più isolate e sempre più svuotate.
L’effetto finale è devastante: in Campania si vive due anni in meno rispetto al resto del Paese (80,9 anni contro 82,7).
Liste d’attesa infinite e fuga verso il privato
Il dossier denuncia liste d’attesa interminabili, carenze strutturali, personale insufficiente e un progressivo spostamento dei cittadini verso la sanità privata. Un paradosso in una regione tra le meno ricche d’Italia: si paga il privato perché il pubblico non funziona.
Ma anche qui emerge un’altra disparità: la spesa sanitaria pro capite in Campania è di 1.910 euro, quasi 320 euro in meno rispetto alla media nazionale, con un gap complessivo di oltre 1,7 miliardi di euro.
Meno risorse, meno servizi, più povertà: un circolo vizioso.
Redditi troppo bassi, lavoro fragile, spopolamento
Il reddito pro capite resta tra i più bassi del Paese: 18.500 euro contro i 31mila del resto d’Italia. Una distanza quasi strutturale, che si trascina da decenni e che continua ad ampliarsi.
La Campania ha meno occupati rispetto alla media nazionale ed europea. Il mercato del lavoro è caratterizzato da instabilità, contratti precari, bassi salari. A ciò si aggiungono aree interne che si svuotano, dove i giovani partono in cerca di opportunità e dove restano anziani sempre più soli, privi di servizi essenziali.
Potrebbe interessarti
Perché la povertà cresce? Una riflessione
Crescita della povertà non significa solo carenza economica: è il risultato di un sistema che si indebolisce su più fronti.
Struttura economica fragile
La Campania continua a dipendere da settori poco dinamici, con scarsa industrializzazione diffusa e un tessuto produttivo frammentato. La crescita non riesce a essere stabile né inclusiva.
Lavoro precario e salari bassi
Il problema non è solo l’occupazione, ma la qualità dell’occupazione: stipendi insufficienti, contratti a termine, part-time involontari. Anche chi lavora spesso non riesce a uscire dalla vulnerabilità.
Servizi pubblici insufficienti
Soprattutto in sanità e nelle aree interne: scuole, trasporti e ospedali lontani. Questo genera costi aggiuntivi, isolamento, rinuncia ai diritti fondamentali.
Spopolamento e invecchiamento
I giovani emigrano, lasciando territori svuotati e sempre meno attrattivi. È un meccanismo che impoverisce ancora di più il tessuto economico.
Disuguaglianze accumulate nel tempo
La Campania paga decenni di ritardi infrastrutturali, gestione irregolare delle risorse, mancanza di una strategia duratura e coerente di sviluppo.
La povertà, in Campania, non è solo una condizione: è diventata una traiettoria, un destino che però può essere invertito solo intervenendo simultaneamente su welfare, sanità, lavoro, formazione e mobilità.
Il richiamo della Caritas
Di fronte a questo scenario, la Caritas lancia un appello chiaro: «Una forma di sostegno minimo al reddito è necessaria». Non come assistenzialismo, ma come strumento di dignità e di accesso ai diritti, come avviene nelle democrazie più avanzate.
Un invito che non può rimanere inascoltato, perché la Campania non può più permettersi di convivere con numeri così drammatici. La povertà è diventata un’emergenza strutturale: affrontarla è una responsabilità collettiva, politica e sociale.






Scegli il canale su cui vuoi iscriverti