Un report del Sole 24 Ore svela il volto oscuro della Campania: province martoriate dal crimine organizzato, con Napoli in testa per reati da mafia e un calo generale che non nasconde le ferite aperte. Solo Benevento, terzultima in Italia, offre un barlume di speranza.
In una Campania che fatica a scrollarsi di dosso lo stigma della malavita, la provincia di Napoli si conferma "capitale" indiscussa delle estorsioni e del contrabbando, scalando le classifiche nazionali come un incubo che non vuole finire. È quanto emerge dall'ultima edizione dell'Indice della Criminalità del Sole 24 Ore,
il report annuale che scatta una fotografia impietosa dei delitti denunciati in Italia, normalizzati ogni centomila abitanti. Pubblicato nei giorni scorsi, il dossier analizza i dati del 2024 e dipinge un territorio diviso tra zone rosse e rare sacche di serenità, dove il calo dei reati complessivi – seppur incoraggiante – non basta a cancellare le ombre del crimine organizzato.
A livello nazionale, Napoli si piazza al 13° posto su 106 province, con 132.499 denunce totali, pari a 4.478 ogni centomila abitanti: un decremento di 3.306 episodi rispetto al 2023, che suggerisce i primi effetti di indagini mirate e repressione poliziesca. Ma dietro la statistica positiva si celano picchi allarmanti per specifici reati.
Napoli domina la scena per le estorsioni – il classico "pizzo" imposto dalle cosche camorristiche – e per il contrabbando, con flussi di sigarette e merci illegali che alimentano economie sotterranee da centinaia di milioni di euro.Potrebbe interessarti
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E non è tutto: quarta per rapine in strada, scippi e usura; sesta per rapine in generale; ottava per omicidi e assalti agli uffici postali; nona per furti tout court. Un rosario di primati che colloca Napoli non solo tra le province più colpite, ma anche come laboratorio del crimine moderno, dove la pandemia e la crisi economica hanno amplificato le attività illecite.
Le altre province campane non sono da meno, contribuendo a un quadro regionale che vede la Campania tra le regioni più esposte d'Italia. Caserta, ad esempio, balza al secondo posto nazionale per usura – preceduta solo da Crotone, epicentro calabrese della 'ndrangheta – con tassi che riflettono il cappio finanziario stretto sulle piccole imprese e le famiglie indebitate.
La provincia casertana eccelle (o meglio, sprofonda) anche al quarto posto per omicidi volontari, contrabbando e rapine postali, e al sesto per furti d'auto: un cocktail letale che evoca le guerre di camorra tra clan rivali, come quelle che hanno insanguinato l'agro aversano negli ultimi anni.
Salerno, più a sud, si difende con 34.044 denunce totali, ma inciampa al settimo posto per contrabbando e al decimo per furti d'auto, reati che spesso si intrecciano con il traffico marittimo dal Golfo di Salerno. Avellino, con 10.622 episodi, sorprende al sesto posto nazionale per gli incendi – dolosi o colposi, spesso legati a interessi speculativi o vendette – mentre Benevento emerge come l'eccezione che conferma la regola: con sole 5.771 denunce, si colloca terzultima in Italia (meglio di lei solo Potenza e Oristano), una sorta di "isola felice" nel Sannio, dove la criminalità sembra aver perso terreno grazie a una rete sociale più coesa e a controlli capillari.
Sviluppando questi dati, l'Indice del Sole 24 Ore non si limita a una mera contabilità dei reati, ma invita a una riflessione profonda sulle radici strutturali del fenomeno. In Campania, dove la disoccupazione giovanile sfiora il 40% e il tessuto economico è fragile, estorsioni e usura non sono solo crimini isolati, ma leve di un'economia parallela che strangola lo sviluppo legittimo.
Il calo nazionale di Napoli – forse frutto di operazioni come "Pianura Verde" contro i baby-gang o sequestri di beni mafiosi – è un segnale positivo, ma i vertici per reati "tipici" del Sud Italia segnalano una resilienza criminale che richiede interventi urgenti: più risorse per le procure, programmi di reinserimento per i giovani a rischio e un piano anti-contrabbando che colpisca le rotte balcaniche e nordafricane. Altrimenti, la "capitale" del racket rischia di diventare sinonimo di un'intera regione intrappolata in un ciclo vizioso.
Mentre Benevento dimostra che è possibile invertire la rotta – con politiche di prevenzione che premiano comunità unite – il resto della Campania deve fare i conti con una realtà che, numeri alla mano, la inchioda tra le prime dieci province per quasi ogni categoria di reato. Un campanello d'allarme che il governo centrale e regionale non possono ignorare: la sicurezza non è un lusso, ma il presupposto per un futuro senza catene.





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