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Napoli, “Se non torni, mando il video intimo a nostro figlio”: anni di vessazioni e minacce: arrestato 34enne

La donna, vittima di stalking e violenza psicologica, ha trovato il coraggio di denunciare dopo l’ennesima minaccia di revenge porn. I Carabinieri di Capodimonte hanno arrestato l’uomo.
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Napoli – Dietro una frase agghiacciante – “Se non torni, mando a nostro figlio un nostro video intimo” – si nasconde l’epilogo di una storia di stalking, maltrattamenti e vendetta digitale.

Un incubo durato anni per Lucia (nome di fantasia), una donna napoletana che ha vissuto sulla propria pelle la spirale della violenza domestica, fatta di controllo, ricatti e ossessione.
Il suo aguzzino, un 34enne di Napoli, è stato arrestato dai Carabinieri della Stazione di Capodimonte per maltrattamenti in famiglia e atti persecutori.

Dal matrimonio all’incubo

Lucia si era sposata quasi vent’anni fa. Con quell’uomo aveva costruito una famiglia, due figli, una casa.Poi, come in tante storie di coppia, era arrivata la crisi, la separazione, una nuova relazione per lui. Ma, quando quell’altra storia era finita, Lucia aveva accettato di riprovarci “per il bene dei bambini”.

Da quel momento, però, l’uomo aveva cambiato volto: geloso, ossessivo, aggressivo, incapace di accettare spazi o libertà.

La convivenza si era presto trasformata in una gabbia di controllo, fatta di telefonate continue, urla, messaggi minatori e un crescendo di vessazioni psicologiche.
“Mi sento torturata psicologicamente”, aveva confidato la donna, parole che oggi risuonano come la sintesi più cruda della sua esperienza.

La persecuzione: 80 messaggi di fila e una minaccia sconvolgente

Dopo l’ennesimo episodio di violenza verbale, Lucia aveva lasciato casa portando con sé i figli. Ma la separazione non aveva fermato l’uomo: al contrario, aveva acceso una follia persecutoria.

Ottanta messaggi di fila, decine di chiamate, vocali pieni di rabbia e di minacce. Persino durante la festa di compleanno del figlio minore, l’uomo aveva dato in escandescenze, umiliandola davanti ai parenti e ai bambini.

La notte stessa, le notifiche avevano ripreso a lampeggiare: 78 messaggi, uno dietro l’altro.

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Poi la minaccia più inquietante: “Se non torni con me, mando a nostro figlio un video intimo di noi due”.

Una frase che trasforma la gelosia in violenza, la rabbia in revenge porn familiare, un ricatto emotivo e morale contro una madre e i suoi figli.

La denuncia e l’arresto

È stato quel messaggio a spingere Lucia a trovare la forza di dire basta.
Si è recata alla Stazione dei Carabinieri di Capodimonte, raccontando anni di paura, silenzi e umiliazioni.Una testimonianza lucida, accompagnata da prove e messaggi conservati nel telefono, che ha consentito ai militari di ricostruire un quadro preciso di maltrattamenti, minacce e stalking.Il 34enne è stato così stato arrestato.

Violenza di genere e vendetta digitale: un fenomeno in crescita

Il caso di Lucia è solo uno dei tanti che ogni giorno emergono nelle procure italiane.
Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, nel 2025 sono stati registrati oltre 18 mila episodi di atti persecutori e più di 3.500 denunce per revenge porn, con un aumento del 20% rispetto all’anno precedente.

Spesso, come in questa vicenda, i protagonisti sono ex partner incapaci di accettare la fine di una relazione, che usano le immagini intime come strumento di potere e di vendetta.
Gli esperti parlano di “nuove frontiere della violenza di genere”, dove il controllo digitale – social, chat, video – sostituisce le catene fisiche, ma lascia ferite altrettanto profonde.

Il coraggio di denunciare

Lucia oggi è accolta in una rete di protezione.Ha trovato la forza di raccontare la sua storia non solo per sé, ma per le tante donne che, come lei, vivono nell’ombra del terrore e del ricatto emotivo.

La sua denuncia ha permesso di fermare un uomo, ma soprattutto di ricordare che la libertà non è mai un lusso: è un diritto che va difeso, anche quando costa coraggio, solitudine e paura.

Un messaggio, un clic, una minaccia.

In un’epoca in cui l’intimità può diventare arma, la storia di Lucia racconta quanto sia urgente rafforzare le tutele legali, le risorse per i centri antiviolenza e la cultura del rispetto digitale.

Perché la violenza domestica e il revenge porn non sono “incidenti privati”: sono forme di tortura moderna che chiedono giustizia e prevenzione, ogni giorno.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 10 Ottobre 2025 - 09:25 - Rosaria Federico
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