Napoli – Una scena da film di violenza urbana, ma purtroppo reale. Ieri sera, in un autolavaggio di via Taddeo da Sessa a Napoli, un uomo di 45 anni ha impugnato un fucile contro i medici e gli infermieri di un’ambulanza, pretendendo che trasportassero immediatamente suo padre, un 70enne colto da malore, al II Policlinico.
Un gesto folle, dettato dalla disperazione o dalla rabbia, che però riaccende il dibattito sulle aggressioni al personale sanitario, sempre più frequenti in Italia e in maniera particolare al Sud. Ma ilo fatto grave è che il protagonista dell’aggressione è egli stesso un operatore sanitario perché infermiere.
L’episodio è avvenuto poco prima di mezzanotte
Arrivati sul posto, i soccorritori hanno valutato le condizioni dell’anziano e deciso di trasportarlo all’Ospedale del Mare, la struttura più idonea per le sue condizioni. Ma il figlio non l’ha presa bene: ha estratto un’arma – poi rivelatasi una carabina ad aria compressa – e ha minacciato l’equipaggio, ordinando loro di dirigersi verso il Policlinico.
L’ambulanza è ripartita, ma la destinazione non è cambiata: l’uomo è stato comunque portato all’Ospedale del Mare, dove poco dopo sono intervenuti i carabinieri del nucleo radiomobile. Il 45enne è stato identificato e arrestato, mentre il fucile è stato sequestrato in un armadietto dell’autolavaggio. L’uomo, ora agli arresti domiciliari, dovrà rispondere di minacce e resistenza a pubblico ufficiale.
Un fenomeno allarmante
Quello di Napoli non è un caso isolato. Sempre più spesso, medici e infermieri diventano bersagli di aggressioni verbali e fisiche da parte di parenti o pazienti, frustrati da tempi di attesa, diagnosi non condivise o semplicemente dall’impotenza di fronte alla malattia.
Secondo gli ultimi dati della Federazione degli Ordini dei Medici (FNOMCeO), solo nel 2024 si sono registrati oltre 1.200 episodi di violenza contro il personale sanitario in Italia. Un numero in crescita, che mette in luce un malessere sociale sempre più profondo.
Le motivazioni possono essere diverse: ansia, disinformazione, sfiducia nel sistema sanitario. Ma nessuna giustifica la violenza. I soccorritori, già sotto stress per turni estenuanti e ospedali al collasso, si trovano a dover gestire non solo emergenze mediche, ma anche minacce e aggressioni.
E se in questo caso l’arma era solo ad aria compressa, il rischio che in futuro qualcuno possa usare un’arma vera è concreto.
Cosa si può fare?
Serve una risposta dura da parte delle istituzioni, con pene più severe per chi aggredisce il personale sanitario, ma anche maggiore protezione per medici e infermieri, con più sicurezza nei Pronto Soccorso e campagne di sensibilizzazione per far capire che la violenza non è mai la soluzione.
Perché dietro ogni ambulanza c’è una squadra che sta cercando di salvare vite, non di crearne di nuove. E puntare un fucile contro di loro, anche se solo ad aria compressa, è un atto che va condannato senza se e senza ma.
Articolo pubblicato da Rosaria Federico il giorno 1 Agosto 2025 - 08:56
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