Dopo l’evasione di due detenuti da Poggioreale si è tornati a parlare di sicurezza nelle carceri.
Qual è la sua opinione?
«Ogni volta che un detenuto evade, tutti gridano allo scandalo. Ma la verità, quella vera, pochi la conoscono. Parlare di carcere è semplice, viverlo ogni giorno è un’altra cosa. L’evasione di Poggioreale ha acceso i riflettori per qualche giorno, ma presto calerà di nuovo il silenzio. È il solito copione: si cercano capri espiatori, si puntano i riflettori sugli operatori, e poi si dimentica il problema.»
Che cosa intende?
«Il carcere non è solo sbarre, chiavi e cancelli. È un intreccio di fragilità umane, di strutture fatiscenti e di operatori che fanno l’impossibile con organici ridotti e risorse insufficienti. È un luogo dove la sicurezza non può ridursi alla mera custodia, ma dovrebbe basarsi anche su percorsi di rieducazione e reinserimento, che purtroppo vengono soffocati dal sovraffollamento e dall’indifferenza politica.
Molti chiedono di individuare i responsabili di questa evasione.
«Ecco l’errore più grave: puntare il dito contro chi, con sacrificio quotidiano, ha solo subìto la falla di un sistema fondato su strutture inadeguate e fatiscenti. Non si può chiedere l’impossibile a chi lavora in condizioni estreme e senza strumenti adeguati.»
Qual è allora la strada da seguire?
«Credo che sia giunta l’ora di dare un segnale forte di cambiamento a un sistema penitenziario arcaico, che non risponde più né alle esigenze di sicurezza né a quelle di giustizia. Il segnale deve essere chiaro: pena certa, sì, ma in condizioni di sicurezza dignitose per tutti, operatori e detenuti. E con il beneficio delle misure alternative solo laddove la rieducazione sia reale e attestata da chi vive quotidianamente il carcere, non da chi lo osserva dall’esterno.»
In conclusione, quale messaggio vuole lanciare?
«Se vogliamo un Paese più sicuro, non basta gridare allo scandalo a ogni evasione. La vera sicurezza non si costruisce con muri più alti, ma con un sistema capace di rieducare e ridurre davvero la recidiva. Bisogna avere il coraggio di cambiare il carcere. Non di abbandonarlo.»
Articolo pubblicato da Redazione il giorno 22 Agosto 2025 - 19:18