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Vendetta di sangue a Rocca di Papa: uccide l’uomo condannato per la morte del figlio

L'omicidio riapre il dibattito sulla giustizia fai-da-te e i limiti della vendetta personale.



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Rocca di Papa – Cinque anni dopo la morte del figlio Giuliano, massacrato di botte per un debito irrisorio di 25 euro, Guglielmo Palozzi ha deciso di farsi giustizia da sé.

Stamane, nel cuore di Rocca di Papa, cittadina dei Castelli Romani, il 62enne operatore ecologico ha sparato e ucciso Franco Lollobrigida, 35 anni, l’uomo già condannato in appello per la morte del figlio. Un dramma nel dramma, che getta un’ombra scura sulla vendetta privata e sulle sue conseguenze irreversibili.

Il giorno della vendetta: un incontro fatale

L’omicidio è avvenuto in via Roma, nei pressi di piazza della Repubblica, in una zona frequentata con giardini pubblici e il capolinea dei pullman. Palozzi era in giro con il suo carrettino degli attrezzi per la nettezza urbana. Non è ancora chiaro se l’incontro con Lollobrigida sia stato casuale o premeditato, ma ciò che è certo è che la situazione è precipitata.


Secondo le prime ricostruzioni, Lollobrigida è stato colpito da un solo proiettile alla schiena, che gli ha sfiorato l’aorta. L’uomo, ferito a morte, è riuscito a percorrere pochi metri prima di crollare a terra. Avventori di un bar nelle vicinanze hanno assistito alla scena, tra urla e disperazione.

Nonostante l’intervento tempestivo di un’automedica e diverse ambulanze, per Lollobrigida non c’è stato nulla da fare.

Guglielmo Palozzi è stato fermato poco dopo dai Carabinieri di Frascati e non ha opposto resistenza. Le indagini sono in corso per recuperare l’arma del delitto, che si presume essere un revolver, dato che sulla scena non sono stati trovati bossoli. I militari stanno acquisendo i filmati delle telecamere di sicurezza per ricostruire la dinamica esatta dell’incontro. Il movente, tuttavia, appare drammaticamente chiaro.

Un dramma familiare e giudiziario

La vicenda affonda le radici nel gennaio 2020. Giuliano Palozzi, figlio di Guglielmo, all’epoca 34enne, fu picchiato da Lollobrigida per un debito di soli 25 euro. Dopo mesi di agonia in ospedale, Giuliano morì.

Il percorso giudiziario è stato tortuoso. Nell’ottobre 2023, Lollobrigida aveva ammesso agli inquirenti di aver colpito Giuliano con un pugno, sostenendo però di aver agito per difesa e che altri potrebbero aver infierito su Palozzi dopo il suo intervento. A febbraio 2024, la Corte d’Assise lo aveva assolto.

Tuttavia, lo scorso maggio, la Corte d’Appello ha ribaltato la sentenza, condannando Lollobrigida a dieci anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Nonostante la condanna, il suo avvocato aveva presentato ricorso in Cassazione, motivo per cui Lollobrigida era ancora a piede libero e poteva circolare nel paese.

La vendetta personale: giustizia o ulteriore tragedia?

L’omicidio di Franco Lollobrigida per mano di Guglielmo Palozzi solleva interrogativi profondi sulla vendetta personale. Questo dramma nel dramma ci spinge a riflettere: vale la pena la vendetta? È giusto agire così?

Palozzi, che aveva già perso un figlio in circostanze tragiche, ora perde la sua libertà, condannandosi a un futuro incerto in carcere. La sua famiglia, già prostrata dal dolore per la perdita di Giuliano, dovrà affrontare una nuova, devastante realtà. È difficile immaginare la soddisfazione, se mai ce ne fosse, in un atto che non restituisce la vita del figlio perduto e che trascina nel baratro un’altra esistenza.

La giustizia, per quanto lenta e a volte percepita come inefficace, ha i suoi meccanismi. La condanna in appello di Lollobrigida, seppur contestata e in attesa di Cassazione, era un passo in quella direzione. Tuttavia, il dolore e il rancore accumulati in cinque anni hanno prevalso sulla fiducia nelle istituzioni, portando a una scelta che, pur comprensibile dal punto di vista umano, ha inevitabilmente prodotto solo un’ulteriore tragedia.

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Questo episodio ricorda che la vendetta, per quanto possa sembrare una risposta immediata a un dolore insopportabile, non fa che alimentare la spirale della violenza, senza portare vera pace o giustizia. Anzi, spesso finisce per creare nuove vittime e nuove sofferenze, intrappolando chi la persegue in un ciclo infinito di dolore e rimpianto.


Articolo pubblicato il giorno 8 Luglio 2025 - 19:30


1 commento

  1. E’ una storia che lascia davvero pensare. La vendetta non porta mai a nulla di buono, ma capisco anche il dolore di un padre. Queste situazioni sono sempre complicate e spesso non si sa come reagire. La giustizia dovrebbe fare il suo corso.

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