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Napoli, lite e spari a Chiaia per una fila nel bagno: altri tre arresti

Il bilancio di una serata fuori controllo che riaccende i riflettori sull’uso delle armi tra i giovanissimi: una deriva pericolosa che in pochi mesi ha fatto già una decina di vittime.
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Napoli— Ancora una serata di movida degenerata in violenza cieca. Ancora una pistola estratta per una lite banale, nata per un posto nella fila del bagno.



È accaduto nella notte del primo febbraio scorso nel cuore di Chiaia, quartiere simbolo della Napoli elegante, ma anche epicentro sempre più frequente di episodi di brutale aggressività.

Un giovane fu aggredito prima con il calcio di una pistola, poi preso a calci e pugni da un branco. All’esterno del locale, tra decine di ragazzi ignari, esplosero anche dei colpi d’arma da fuoco.

A distanza di mesi, i carabinieri del nucleo operativo di Napoli Bagnoli, su mandato del Tribunale del Riesame, hanno eseguito tre nuove misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti tra i 20 e i 31 anni, ritenuti coinvolti nell’aggressione. Uno finirà in carcere (era già detenuto per altra causa), gli altri due sono agli arresti domiciliari.

Le accuse? Lesioni personali in concorso, connotate da una violenza gratuita e spavalda, aggravata — secondo la Direzione Distrettuale Antimafia — da metodo mafioso e intimidazione armata. In tutto, sono sei i giovani indagati per quell’episodio: il Riesame ha ora accolto il ricorso della DDA, ritenendo che anche i tre precedentemente esclusi abbiano partecipato attivamente all’aggressione.

Dalle parole ai calci, dai calci alla pistola

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il tutto è nato per un futile motivo: la fila al bagno di un locale notturno. Un pretesto. Ma nella dinamica relazionale di chi esce con l’adrenalina della sfida, basta poco per accendere la miccia. L’aggressione — documentata dalle telecamere interne ed esterne del locale — è stata immediata e brutale: il giovane fu colpito al volto con il calcio di una pistola, poi pestato a terra da più persone.

Come se non bastasse, all’esterno, uno dei tre arrestati esplose alcuni colpi in aria, incurante della presenza di decine di coetanei. Solo per caso — e per fortuna — non ci sono stati feriti.

Una gioventù sempre più armata e pronta a colpire

La scena non è più un’eccezione. Episodi simili si ripetono con cadenza allarmante: lite, branco, armi, fuga. A Napoli come in altre città, la notte è diventata un territorio da difendere, dove lo scontro fisico è ormai sostituito da pistole vere, non giocattoli.

Nel giro di pochi mesi, solo tra Campania e Lazio, si contano almeno una decina di giovani morti per colpi d’arma da fuoco in contesti non legati a faide di camorra, ma a risse tra coetanei. A questi si aggiungono i numerosi feriti, spesso giovanissimi, colpiti da proiettili o da oggetti contundenti usati senza alcuna remora. La disponibilità delle armi tra ragazzi appena maggiorenni (o anche minorenni) è ormai un fatto, non più un’ipotesi.

Dalla violenza di quartiere alla cultura dell’intimidazione

Non si tratta solo di microcriminalità. Il comportamento descritto dai magistrati, con il richiamo al “metodo mafioso”, indica un atteggiamento che imita i codici della criminalità organizzata: reagire con forza sproporzionata, intimidire pubblicamente, dominare la scena. Questi giovani — spesso senza precedenti penali rilevanti — escono di casa già pronti allo scontro, convinti che l’arma sia una soluzione praticabile, se non necessaria, per “difendere l’onore”.

E così, la movida diventa teatro di guerra simbolica, dove ogni minima provocazione può degenerare in pestaggi o sparatorie. Una condizione culturale che interpella non solo le forze dell’ordine, ma anche famiglie, scuole, comunità locali.

Perché non è solo un problema di sicurezza: è un’emergenza sociale.

 

 

RIPRODUZIONE RISERVATA
Articolo pubblicato il giorno 17 Luglio 2025 - 06:40


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