Illegalità nel carcere di Prato sotto indagine
Prato – Un’indagine ad ampio raggio scuote il carcere di Prato, dove la Procura della Repubblica ha avviato una complessa inchiesta che punta a fare luce su una fitta rete di illegalità all’interno della struttura penitenziaria.
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Tra gli indagati figurano sia agenti della polizia penitenziaria sia detenuti. Al centro delle accuse: corruzione, traffico di droga e ingresso illecito di telefoni cellulari, anche nei reparti di Alta Sicurezza che ospitano detenuti mafiosi.
Secondo quanto emerso, sono quattro gli agenti penitenziari formalmente indagati per ipotesi di condotte corruttive, mentre su altri quattro ricadono sospetti per contatti anomali con il personale delle pulizie. Ben 127 detenuti sono stati perquisiti, e 27 di loro risultano indagati. Tra questi, alcuni boss mafiosi avrebbero goduto di libertà di movimento nonostante le restrizioni previste per l’Alta Sicurezza.
La situazione è considerata talmente critica da richiedere l’intervento di 263 operatori tra polizia penitenziaria, carabinieri, guardia di finanza e polizia di Stato. In assetto antisommossa sono stati schierati 60 agenti a presidio della struttura.
Durante le perquisizioni, sono stati rinvenuti cinque telefoni cellulari illegalmente detenuti: tre nascosti dentro un televisore in una cella del reparto AS, uno occultato nel box telefonico e un altro lanciato dalla finestra in un calzino. Sono emerse inoltre cavità scavate nei muri e poi occultate con calce. Nel reparto di Media Sicurezza, sono stati scoperti panetti di hashish nascosti in una cella e in un frigorifero.
Il quadro delineato dal procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, è drammatico: “La struttura carceraria pratese è segnata da un apparente massiccio tasso di illegalità e da gravi carenze strutturali. A ciò si sommano la cronica insufficienza di personale – con carenze del 47% per gli ispettori e oltre il 56% per i sovrintendenti – e l’assenza di figure direttive stabili, il che compromette la gestione complessiva della struttura.”
Non mancano problemi di natura sanitaria e sociale: due suicidi nel secondo semestre del 2024, numerosi detenuti affetti da patologie psichiatriche e scarsissime possibilità di rieducazione e lavoro. “Tutto ciò – sottolinea Tescaroli – compromette gravemente la funzione rieducativa della pena e la dignità dei detenuti.”
Le indagini sono rese ancora più difficili dalla libertà di movimento dei detenuti, dalla mancanza di ambienti idonei per le intercettazioni e dall’inefficienza degli strumenti di controllo, come gli scanner per i pacchi postali, risultati spesso non funzionanti.
Il carcere di Prato ospita attualmente 596 detenuti di 16 nazionalità diverse: 285 italiani, seguiti da 102 marocchini, 40 albanesi, 32 cinesi, 28 tunisini, 20 nigeriani, 17 rumeni, 14 pakistani e 9 provenienti dal Gambia.
L’inchiesta, che si avvale della collaborazione del Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria, del GOM (il Gruppo Operativo Mobile per i detenuti in regime 41 bis), della Squadra Mobile della Questura di Prato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, punta a smantellare un sistema colluso che avrebbe trasformato il carcere in un terreno fertile per attività illecite.
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