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Camorra: ecco come l’imprenditore coraggio ha incastrato i ras del clan Licciardi

 Il ras latitante Pietro Izzo al costruttore: "Sei uno scostumato, non ti sei presentato"
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Napoli – Il coraggio di un imprenditore edile di Secondigliano ha permesso alla Polizia di Stato di assestare un duro colpo al racket delle estorsioni legato al potente clan Licciardi.

Grazie alla sua denuncia, due presunti “esattori” sono finiti in carcere, mentre un terzo, ritenuto un elemento di spicco della camorra, è attualmente ricercato.

Le manette sono scattate ai polsi di Giovanni Napoli, 42 anni, e Luca Gelsomino, 32 anni, entrambi raggiunti da un decreto di fermo emesso dalla Procura Antimafia di Napoli. È invece sfuggito alla cattura Pietro Izzo, 59 anni, detto “Pierino”, un nome ben noto negli ambienti criminali e che, secondo i pentiti di camorra, sarebbe un esponente di primo piano del clan della Masseria Cardone. Izzo è uccel di bosco da due giorni, ma le ricerche proseguono senza sosta.

L’incubo raccontato dalla vittima: dalle minacce velate alle richieste esplicite

Il coraggioso costruttore ha messo a verbale l’incubo in cui era precipitato, raccontando una vera e propria escalation criminale. Tutto ha avuto inizio lo scorso 8 giugno, quando in un bar di corso Secondigliano l’imprenditore è stato avvicinato dal presunto ras Izzo. “Mi ha detto ‘sei proprio scostumato, lo sai? Ma come, stai facendo i lavori nel rione Gescal e non ti sei nemmeno venuto a presentare? Non lo sai che è buona educazione chiedere il permesso quando si fanno i lavori?'”, ha riferito la vittima agli inquirenti.

 Il ras al costruttore: “Sei uno scostumato, non ti sei presentato”

Dalle minacce velate il passo è stato breve. La mattina seguente, Napoli e Gelsomino si sono presentati direttamente nell’appartamento dove l’azienda era impegnata in lavori di ristrutturazione. Il costruttore è stato convocato e ha ricevuto avvertimenti ancora più espliciti.

“I due – ha spiegato alla polizia – mi hanno subito raggiunto e Napoli mi ha detto ‘nientemeno stai facendo i cantieri nel Gescal e nella Masseria Cardone, ti stai intascando 40.000 e 70.000 euro e da noi non sei proprio venuto. Non ti sei comportato bene. Comunque ci devi fare un regalo perché io sono uscito da poco di galera e stiamo senza soldi. Ci devi dare 5.000 euro per il lavoro che stai facendo nel Gescal'”. Una pretesa che, dopo una trattativa, il clan ha accettato di abbassare.

Il giorno seguente, l’imprenditore ha consegnato mille euro con la promessa di versarne altrettanti a fine mese. La situazione è precipitata domenica scorsa, quando Gelsomino, secondo quanto riportato nel decreto di fermo, ha avvicinato la vittima con tono minaccioso: “Ci stai prendendo in giro? Ci stai mandando a comprare il sale, questi soldi ce li vuoi dare oppure no? Allora ti dobbiamo fermare i lavori? Non ti dobbiamo fare lavorare più?”.

L’indagine-lampo è stata condotta dalla sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile (diretta dal dirigente Leuci) e dalla squadra investigativa del Commissariato Secondigliano (diretta dal dirigente Pintauro).

I due presunti aguzzini si trovano ora nel carcere di Secondigliano in attesa dell’udienza di convalida. L’accusa formulata dalla Dda è di estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosi.

Il cerchio non è però ancora chiuso, con il terzo indagato ancora in fuga. Intanto, l’allerta resta alta a Secondigliano, un quartiere che nelle ultime settimane ha registrato un’escalation di episodi criminali, dalle “bussate” per il pizzo fino al recente attentato che ha quasi distrutto il panificio Picardi. Le indagini su questi episodi stanno per entrare nella fase clou, e una nuova ondata di arresti potrebbe presto interrompere questa escalation di violenza.

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il giorno 29 Giugno 2025 - 07:14

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