Napoli – Il presunto assassino del 15enne Emanuele Tufano, ucciso per errore dal “fuoco amico” durante una stesa contro i ragazzi del rione Mercato la notte del 24 ottobre del 2024, era pronto a difendersi ed ad armarsi.
E’ quando emerge da alcune conservazioni in video chiamata e acquisite dagli investigatori con la mamma di colui che viene considerato il capo del gruppo di baby criminali del rione Sanità.
Nel corso di cinque conversazioni, la donna mette in guardia il ragazzo(è uno dei nove maggiorenni in carcere) “Ti stanno cercando per farti ‘metà e metà’, per il fatto di Emanuele”. Nel gruppo, infatti, lui sarebbe considerato colui che ha sparato mortalmente a Tufano. Poi parlando con altri amici dice loro che lo stanno cercando ‘da dentro alla Sanità… o sistema di dentro la Sanità”.
La reazione del giovane è allarmante: non parla di fuga, ma di armarsi per difendersi, dichiarando di essere disposto a farsi “picchiare per soddisfazione”, ma anche pronto a reagire con violenza, “riempiendoli di botte” nel caso “In cui fann’ qualcosa di malament”
Il clima di forte tensione, omertà e complicità degli stessi familiari di tutti i componenti del gruppo del rione Sanità non ha certo aiutato gli investigatori. Non a caso l’assassino di Emanuele Tufano non è stato individuato con certezza anche se il suo nome viene fatto nel corso di due conversazioni intercettate. E quindi non c’è alcuna ordinanza a suo carico.
Il rione Sanità è stato nei mesi scorsi epicentro di una spirale di violenza tra gruppi di giovanissimi armati, innescata dagli omicidi di Emanuele Tufano, 16 anni, e dell’amico ventenne Emanuele Durante. Tufano è morto nell’ottobre 2024 sotto il cosiddetto “fuoco amico” durante una stesa, mentre Durante sarebbe stato ucciso come vendetta interna da chi lo riteneva responsabile del tragico errore.
Le indagini dei Carabinieri e della Squadra Mobile di Napoli, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia e della Procura per i Minorenni, hanno fatto emergere un quadro inquietante: giovani legati a doppio filo alla criminalità organizzata, dotati di armi da fuoco, capaci di agire con freddezza e determinazione, persino con spirito di sfida.
Un comportamento che, secondo gli inquirenti, conferma l’elevato rischio di reiterazione dei reati e la pericolosità attuale degli indagati. A rafforzare questo scenario, le immagini e i messaggi scambiati via chat tra alcuni dei protagonisti della vicenda: foto con pistole in mano, orgoglio per il possesso delle armi e interesse per nuovi acquisti, in un clima di totale insensibilità rispetto alla gravità degli eventi.
La frase choc: “La Sanità e il Mercato non si sono mai potuti vedere”.
Tra i personaggi coinvolti, anche Giuseppe Auricchio, che in un dialogo con la madre di un’altra persona indagata si lascia andare a un commento emblematico: “La Sanità e il Mercato non si sono mai potuti vedere”. Una frase che riassume l’odio tra le fazioni in guerra. Per i magistrati, l’irruzione armata che ha portato alla morte di Tufano è da interpretare come un’azione volta a imporre il dominio territoriale, anche a costo di sparare e uccidere.
In questo contesto emerge anche il nome di Gennaro De Martino, unico maggiorenne del gruppo del Mercato. Figlio di Salvatore De Martino, alias “cap e guerr”, ucciso in un agguato di camorra nel 2021 a Ponticelli, Gennaro mostra già un profilo criminale ben definito. Arrestato nel 2023 per resistenza e lesioni, ha tentato la fuga dall’IPM di Airola durante un incendio e, successivamente, è evaso dalla Casa Circondariale scavando un foro nella sua cella.
L’indagine quindi traccia un quadro devastante: baby boss armati, faide interne, vendette e una giustizia parallela che si consuma tra minorenni e giovani appena maggiorenni, in un contesto urbano dove le armi sembrano essere diventate l’unica legge riconosciuta.
RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il giorno 13 Maggio 2025 - 07:10
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L’articolo mette in evidenza la gravità della situazion nel rione Sanità, ma non è chiaro come si potrà risolvere tutto questo. I giovani dovrebbero essere protetti e non spinti a violenza. Le famiglie dovrebbero collaborare di più con le autorità.
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