Un racconto tragicomico che, tra ironia e realismo, esplora la nascita della nuova camorra nell’immediato dopoguerra: è questo il cuore de “La Gran Mamma – Favola camorrista”, il romanzo di Alessandro Canale pubblicato da Fazi Editore (148 pagine, 16 euro).
Ambientato nella Napoli liberata, il libro segue la figura di Don Calogero Martorio, destinato a diventare il Mammasantissima della città. Ma è una donna, Donna Filomena, a imporsi come ago della bilancia nel complesso mondo della criminalità organizzata.
Figlia del temuto Don Vittorio Capocecere, Filomena incarna l’intelligenza e la furbizia necessarie per orientare le decisioni dei capi camorristi, dominando con il suo intuito una società rigidamente maschilista.
L’evento centrale della narrazione è la convocazione del tribunale della “Gran Mamma” per giudicare l’assassinio di Zumpatiello, delitto per il quale tutti indicano Carmine Atriere come colpevole. Ma la giustizia camorrista ha regole precise: la condanna a morte necessita l’unanimità, i giudici devono essere in numero dispari e l’assenza di alcuni capi complica il verdetto. È in questo scenario che Donna Filomena entra in gioco, chiamata a decidere in virtù della sua eredità paterna.
Canale costruisce una storia che mescola leggerezza e tensione, tra dialetto napoletano e atmosfere paradossali, senza dimenticare gli elementi del giallo. Il romanzo si muove tra la preparazione del ragù e le indagini su un omicidio, svelando una verità inattesa e suggerendo un futuro diverso per l’universo criminale raccontato. Più che una favola camorrista, “La Gran Mamma” è una parabola ironica e disincantata, capace di restituire con vivacità un frammento di storia napoletana.
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Il libro che mi sembra interessante ma non so se lo comprerei, la storia di donna Filomena e Don Calogero sembra complicata e la camorra un tema difficile da trattare. Aspetto di leggere altre recensioni prima di decidere.