Rodolphe Ballaera, Paolo Falavigna e Antonio Lo Manto, ritenuti i capi di una vasta organizzazione criminale con ramificazioni in tutta Europa, hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere durante gli interrogatori. Questa organizzazione, scoperta dalla Procura Europea, è accusata di aver messo a segno una frode all’IVA da oltre 500 milioni di euro, operando nel settore dell’elettronica e dell’informatica.
Le indagini hanno portato alla luce un sistema complesso di fatture false emesse tra diversi paesi dell’Unione Europea, coinvolgendo anche la mafia siciliana e la camorra napoletana. Secondo gli inquirenti, i proventi illeciti venivano reinvestiti nel circuito della frode e utilizzati per sostenere le attività criminali delle organizzazioni coinvolte.
Tra i capi arrestati, Antonio Lo Manto è un esponente del clan mafioso di Brancaccio, mentre Salvatore Tamburrino, Vincenzo Perrillo ed Espedito Colonna sono considerati i “collegamenti” con la camorra napoletana. Questi ultimi garantivano la collaborazione tra le diverse organizzazioni criminali, risolvendo eventuali dispute e assicurando la spartizione dei profitti.
L’indagine ha portato al sequestro di beni per oltre 500 milioni di euro, tra cui resort, immobili e auto di lusso. Un’operazione che ha inferto un duro colpo a un’organizzazione criminale che operava su scala internazionale.
Secondo gli inquirenti l’organizzazione avrebbe l’altro, “agevolato economicamente consorterie di stampo mafioso, tra cui il clan camorristico Di Lauro di Scampia ed il clan camorristico Nuvoletta di Marano di Napoli, reinvestendo i proventi illeciti nel circuito della frode all’IVA e successivamente riversando i profitti anche per il complessivo sostentamento della organizzazione criminale”.
I referenti in Cosa nostra dell’organizzazione, secondo l’accusa, erano Antonio Lo Manto e Pietro Conoscenti, mentre Salvatore Tamburrino, Vincenzo Perrillo e Espedito Colonna erano i ganci con la “camorra” napoletana, e garantivano “la reciproca correttezza nella gestione degli affari, il recupero delle somme di denaro derivanti da eventuali ammanchi di gestione”, e cercavano di “comporre i conflitti e le controversie, non solo di natura economica, eventualmente nate tra i diversi associati e tra costoro e soggetti esterni utilizzati nel circuito nazionale ed internazionale della frode all’Iva”.
Nell’indagine è coinvolto anche il romano Marco Mezzatesta che, attraverso una propria autonoma struttura organizzativa, con uffici a Fiumicino presso la Connex Italy srl, manteneva rapporti di collaborazione con gli altri gruppi criminali offrendo loro servizi di brokeraggio. L’evasione, realizzata col complesso meccanismo della frode carosello, ha riguardato il settore dei prodotti elettronici e informatici e ha investito diversi Paesi Ue (Olanda, Lussemburgo, Spagna, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Romania), coinvolgendo anche 20 società estere.
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