Nella foto Salvatore Barile e Michele Mazzarella
Dopo ventidue anni, arriva la condanna di primo grado per l’omicidio di Salvatore Lausi, detto “Pirulino”, ucciso dal clan Mazzarella poiché sospettato di aver sottratto una grossa somma di denaro dalla cassa della cosca.
Il gip Luca Rossetti del Tribunale di Napoli, al termine del processo svolto con rito abbreviato, ha condannato i boss Michele Mazzarella e Salvatore Barile a trent’anni di reclusione ciascuno. La decisione segue la linea dell’accusa, che aveva richiesto proprio la pena poi inflitta ai due imputati.
Entrambi, Mazzarella e Barile, avevano chiesto di essere processati con il rito abbreviato, condizionato all’esame del collaboratore di giustizia Salvatore Giuliano, detto “‘o russo”, ex boss di Forcella e principale accusatore.
Tuttavia, il giudice, a ottobre, ha respinto l’istanza di Michele Mazzarella, che è stato giudicato con rito abbreviato “secco”. Differente l’esito per Barile, che sperava di ribaltare il quadro indiziario grazie alla nuova prova: tentativo che non ha portato al risultato sperato.
Salvatore Lausi, ucciso in via Vergini il 6 ottobre 2002, sarebbe stato eliminato per aver sottratto 100 milioni delle vecchie lire destinati alle casse del clan. Michele Mazzarella, figlio del boss Vincenzo, insoddisfatto dell’operato di Lausi, avrebbe ordinato dal carcere al cugino Salvatore Barile di ucciderlo.
Lo zio Gennaro Mazzarella, detto “‘o schizzo”, inizialmente arrestato ma poi scagionato, avrebbe organizzato l’agguato, anche se questa circostanza è stata successivamente smentita dagli accertamenti della difesa.
Gli esecutori materiali furono Ciro Giovanni Spirito, unico a sparare, e Vincenzo De Bernardo, detto “Pisello” (entrambi deceduti), che agirono durante il raid in via Vergini.
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