Bambini in carcere: una battaglia di civiltà

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In Italia, attualmente, vi sono 25 donne con altrettanti bambini detenuti negli istituti penitenziari. Di queste, 6 si trovano nell’Istituto a custodia attenuata di Lauro, in provincia di Avellino.

I dati sono stati forniti da Samuele Ciambriello, Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, in occasione della presentazione del libro “Senza colpe. Bambini in carcere” curato da Paolo Siani.

Il libro vuole tenere desta l’attenzione sui bambini detenuti con le loro mamme, in un momento in cui è allo studio la revisione della normativa.

“Non si può pensare di provare a rieducare una donna che ha commesso un reato e condannare il bambino a vivere in un carcere, negli anni più importanti della sua vita”, ha detto Siani. “Ed è certo che un bambino che vive questi anni in un carcere avrà un disagio psicologico molto importante anche da grande”.

La soluzione, secondo Siani, è quella di mettere queste donne in case famiglia protette. “A Roma c’è ‘la Casa di Leda’ che è l’esempio più semplice da replicare in ogni regione”, ha aggiunto. “Ci sono i soldi messi in Finanziaria nel 2020 per le regioni: un milione e mezzo per tre anni che servono a mettere in campo case famiglia protette e che possono essere anche beni confiscati alla mafia”.

    Su questo punto è intervenuta la vice presidente del Consiglio regionale, Loredana Raia. “Le norme con le quali oggi stiamo impattando vanno in una direzione completamente differente: le donne incinte possono partorire lì i loro bambini ed essi possono crescere in carcere, secondo le direttive del Governo nazionale”, ha spiegato.

     Loredana Raia: Case famiglie dove ospitare mamme e bambini

    “Vogliamo che per le donne incinte che devono partorire e crescere i loro piccoli, ci possano essere case famiglia o altri centri di accoglienza perché i bambini, nei primi anni di vita, costruiscono la loro mappa identitaria e non possono avere come riferimento e modello di crescita una vita in un carcere”.

    La battaglia per i bambini detenuti con le loro mamme è una battaglia di civiltà. È un diritto di questi bambini crescere in un ambiente protetto e sicuro, dove possano avere le opportunità di sviluppare le proprie abilità e personalità.

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