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Tassi troppo alti: in Italia 15 miliardi di rate non pagate. Campania terza

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Ammontanto a 14,9 miliardi le rate di mutui e prestiti vari non pagate da quasi un milione di famiglie italiane.

Tra le cause delle insolvenze “l’aumento del costo del denaro, l’incremento dei tassi e la corsa dell’inflazione”, fattori che “riducono il reddito disponibile e mettono in difficoltà i clienti delle banche nel rispettare le scadenze relative ai finanziamenti”.

A sostenerlo è la Fabi, il sindacato dei bancari, specificando che sono 6,8 miliardi le rate di mutui non pagati, 3,7 miliardi quelle del credito al consumo e 4,3 gli arretrati relativi ad altri prestiti personali. Secondo la Fabi 5,7 miliardi sono sofferenze certe, 7,1 miliardi sono inadempienze probabili e circa 2 miliardi sono rate scadute.

Intanto hanno raggiunto quota 425,5 miliardi i mutui erogati agli italiani dalle banche allo scorso 30 aprile. Circa 1/3 del totale, vale a dire 140 miliardi, è composto da mutui a tasso variabile. Rispetto alla fine del 2017 i mutui erogati sono cresciuti di circa 50 miliardi, con un rialzo del 13,4%.

Il segretario generale della Fabi Lando Sileoni chiede a questo punto “maggior cautela sui tassi” alla Bce e spera in un “ripensamento” sul rialzo annunciato per il prossimo 27 luglio. “È ormai evidente – afferma commentando i dati diffusi dal sindacato sui crediti deteriorati delle famiglie – che l’azione della Banca centrale europea per contrastare l’inflazione non sta generando i frutti sperati”.

“I prezzi – spiega – non calano significativamente e l’aumento così veloce del costo del denaro sta provocando un rialzo dei tassi di interesse su prestiti e mutui che mette in difficoltà sia le famiglie sia le imprese”. “La Bce – sottolinea Sileoni – ha già preannunciato di portare il tasso base al 4,25% il prossimo 27 luglio.

Noi speriamo in un ripensamento e, comunque, ci auguriamo che tutte le prossime decisioni siano assunte con maggiore cautela da parte della Banca centrale europea”. L’analisi sul totale dei crediti deteriorati delle banche riconducibili a nuclei familiari è il frutto di elaborazioni della Fabi su statistiche della Banca d’Italia.

Secondo il sindacato autonomo dei bancari ne emerge una “situazione di difficoltà” nel Paese. Le famiglie italiane, strette tra la morsa dei tassi e la corsa dell’inflazione e in arretrato con le scadenze relative a prestiti bancari sono infatti “quasi un milione”.

Le difficoltà delle famiglie riguardano soprattutto i mutui a tasso variabile, particolarmente colpiti dall’aumento del costo del denaro, che, ricorda il sindacato, “è stato portato da 0 al 4% in 11 mesi”. Sul piano territoriale, in cima alla classifica delle inadempienze ci sono Lombardia e Lazio, con un ammontare delle rate non pagate oltre i 2 miliardi.

Seguono Campania, Puglia e Basilicata, Sicilia e Veneto, che superano il miliardo, mentre Emilia Romagna, Piemonte, Valle D’Aosta e Toscana restano poco sotto tale soglia. Più contenuto il valore delle somme non pagate nelle regioni più piccole come l’Umbria dove le rate non pagate ammontano a 226 milioni, la Liguria (361 milioni) e la Calabria (418 milioni).

L’allungamento di un piano di rimborso dei mutui a tasso variabile “non è a costo zero” per chi lo richiede, spiega inoltre Sileoni sottolineando che “occorre dire con chiarezza che qualsiasi decisione su iniziative delle banche per dare respiro alle famiglie deve essere presa senza ansia e soltanto dopo una adeguata valutazione”.

Secondo il sindacalista “va sfruttata, per ricevere giusti consigli e per essere orientati a compiere scelte consapevoli, anche la competenza e la professionalità di tutte le lavoratrici e i lavoratori delle banche, molti dei quali affrontano, personalmente, problemi identici a quelli della clientela”.

“In particolare – spiega Sileoni – va detto che lo spalma-mutui non è privo di rischi né è un’operazione a costo zero”. “L’allungamento del piano di rimborso di un mutuo a tasso variabile – conclude – comporta infatti un maggior ammontare di interessi da pagare alla banca oltre al fatto che ci si pregiudica la possibilità di poter beneficiare, nel medio-lungo periodo, di un’auspicabile riduzione dei tassi d’interesse”. 


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