‘Ndrangheta: operazione Dda Catanzaro, interessi su turismo ‘Costa degli Dei’

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L’operazione – coordinata dalla Procura distrettuale di Catanzaro e condotta dalla I Divisione del Servizio Centrale Operativo e dalle Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro – vede attualmente impegnati circa 300 uomini, con l’impiego diretto di personale del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, delle Sezioni Investigative (Sisco) di Catanzaro, Roma, Napoli, Salerno, Potenza, Bari, Catania, Messina, Lecce e Bologna e delle Squadre Mobili di Reggio Calabria, Cosenza, Crotone, Parma, Avellino, Benevento, Cuneo e Latina, oltre ad equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine, unità cinofile (antiesplosivo, antidroga e pg-op), aliquote specializzate della Polizia Scientifica e del Reparto Volo di Reggio Calabria.

Nello stesso contesto, è stata data esecuzione al sequestro preventivo di beni mobili ed immobili del valore di oltre 250 milioni di euro.L’inchiesta ha riscontrato la piena operatività delle articolazioni di ‘Ndrangheta egemoni sulla “Costa degli Dei” e federate all’organizzazione mafiosa dei “Mancuso”, delineando le strategie che, ad oggi, mantengono ancora in equilibrio il sistema criminale, in grado di gestire aderenze ed “entrature” a vari livelli. Le indagini hanno consentito di focalizzare, in particolare, l’operatività della ‘ndrina LA ROSA, attiva prevalentemente nell’hinterland di Tropea, documentando il pervasivo controllo del territorio e la consolidata prassi estorsiva avviata dal gruppo in danno di strutture ricettive e di cantieri di edilizia pubblica e privata.

A tal riguardo, le attività hanno cristallizzato la filiera comunicativa ed economica che ha consentito al sodalizio di consolidare la propria posizione all’interno dell’organigramma criminale della “Provincia”, documentando la consegna di “pizzini” e di denaro contante destinato al “Crimine”, vertice dell’organizzazione ‘ndranghetistica vibonese.



    L’inchiesta ha documentato la piena sinergia dei membri della “famiglia” tropeana con l’articolazione ‘mbrogghia dei Mancuso e con gli esponenti di vertice della ‘ndrina Accorinti di Zungri, facendo emergere anche l’accurata policy di investimento che ha caratterizzato l’approccio delle consorterie mafiose locali nella fase di subentro di un tour operator estero nella gestione di un noto villaggio turistico di Pizzo Calabro (VV).

    In tale fase, le indagini hanno evidenziato l’opera di infiltrazione negli asset imprenditoriali grazie alla predisposizione di una clausola contrattuale appositamente ideata allo scopo di dissimulare il versamento di tangenti, ovvero con il progressivo subentro nella fornitura di beni e servizi.

    Le investigazioni hanno, altresì, fatto emergere il ruolo di una serie di intermediari preposti a garantire l’accreditamento dell’investimento estero presso i vertici della criminalità organizzata, incentivando l’attuazione del progetto grazie ad una serie di aderenze con soggetti vicini al management del Dipartimento Turismo della Regione Calabria, allo scopo di favorire l’aggiudicazione di fondi pubblici.

    Da ultimo, è stata documentata l’esistenza di un articolato sodalizio dedito al traffico internazionale di mezzi d’opera asportati in Italia e destinati all’estero (in particolare Malta e Romania), evidenziando la capacità dei vertici dell’associazione mafiosa di imporre la restituzione dei veicoli asportati in danno di imprenditori “protetti”, così consolidando forme di contiguità e consenso in capo alle vittime dei furti.



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