Novant'anni per Maurizio Scaparro, l'ultimo della generazione di Strehler. Oggi è dedito alla formazione dei giovani.
Maurizio Scaparro, che festeggerà nella sua casa romana i 90 anni il due settembre, essendo nato a Roma quel giorno del 1932, è l'ultimo grande personaggio di quel gruppo, di cui fu capostipite Strehler col Piccolo di Milano, che, nel dopoguerra, fece nascere il teatro pubblico e la moderna regia in Italia, sicuri che la cultura e il fascino del teatro potessero essere uno strumento centrale per la crescita del paese.
Negli anni così lo troviamo, per citare le tappe fondamentali dopo gli inizi allo Stabile di Bologna, direttore di quello di Bolzano, quindi nel 1983 directeur adjoint del Théatre de l'Europe a Parigi, al fianco di Strehler, e subito dopo direttore del Teatro di Roma (1983-1990); poi commissario straordinario dell'Eti, direttore dell'Olimpico di Vicenza, direttore del Teatro Eliseo di Roma (1997-2001), senza dimenticare a Parigi la direzione del Théatre des Italiens.
Per questo quelli di quella generazione furono registi impegnati, ognuno con una propria cifra stilistica e poetica, che Scaparro rivela nei personaggi centrali del suo percorso artistico, per certi versi scomodi perché sognatori, capaci di vivere un'utopia, che è anche un modo per dire no alla realtà e insieme la voglia di qualcosa di diverso, un essere diversi sperando in un futuro altro.Potrebbe interessarti
Costante poi il riferimento all'Europa e il Mediterraneo, ideale luogo di tradizioni, musiche, spettacoli, ma anche ideologico, sociale e politico di cui l'Italia è al centro, e che si riflette nelle due grandi vocazioni teatrali di Napoli e Venezia, in collegamento con la Spagna. Una visione che trova i suoi momenti fattuali quando Scaparro sarà direttore delle attività teatrali dell'Esposizione Universale di Siviglia del 1992 e in varie sue iniziative nell'idea di collegamento tra diversi teatri di vari paesi che culminerà nel 2016 al Teatro della Toscana col progetto "Mediterriamo", per riunire artisti, politici, istituzioni pubbliche e private per riscoprire una via di salvezza, al di là di odio e muri, un'alternativa al nichilismo, eredità di crisi e sgomento che hanno segnato l'uomo del Novecento. Non a caso un suo più recente, grande spettacolo è stato ''Aspettando Godot'', ripreso più volte dal 2014 al 2019.
Attento insomma, da una parte, alle radici della Commedia dell'Arte, momento storico davvero europeo del nostro teatro, e, dall'altra, alla metafora esistenziale e ideologica contemporanea, al gioco antico della scena e alla ricerca sul linguaggio teatrale dei nostri giorni con una cifra stilistica personale, nata dal lavoro con Roberto Francia, essenziale, poetica e malinconica, in spazi quasi spogli e simbolici, utili a esaltare la parola e l'attore.
Oggi Scaparro, come sempre un vulcano di idee e progetti, si dedica molto alla formazione dei giovani, non senza essersi aperto al nuovo, sino ad aver sperimentato a suo tempo la ripresa digitale creativa di alcuni suoi spettacoli, da "Amerika" di Franz Kafka ai "Mèmoires" di Goldoni.
"Non voglio inventare un nuovo modo di fare cinema né tanto meno un nuovo linguaggio. Vorrei solo trasmettere al meglio, artisticamente e tecnicamente, la passione e l'ansia di comunicare oggi i nostri sogni teatrali ad un'ideale platea sempre più ampia, attraverso i nuovi percorsi che il cinema prima e oggi le nuove tecnologie offrono all'artista del palcoscenico e allo spettatore".
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