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La operano per una “banale” pulizia di una fistole, ma va in arresto cardiaco e spira: 5 medici indagati



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La vittima è una 63enne di Ogliastro Cilento, l’intervento è avvenuto nella clinica San Francesco di Telese Terme: la donna è morta dopo una settimana di agonia e ha pure contratto il Covid. Il Pm di Torre Annunziata (Na) ha disposto anche l’autopsia per lunedì

Doveva sottoporsi a un intervento di routine di pulizia di una fistola infetta al braccio dovuta alla dialisi, ma qualcosa durante l’operazione dev’essere andato storto, la paziente ha subìto un arresto cardiaco ed è spirata dopo una settimana di agonia e un lungo calvario in ben tre ospedali.

Riscontrando l’esposto presentato dai familiari, assistiti da Studio3A-Valore S.p.A., il Pubblico Ministero della Procura di Torre Annunziata, dott. Emilio Prisco, ha aperto un procedimento penale per la morte tutta da chiarire di una appena sessantatreenne di Ogliastro Cilento (Salerno), deceduta il 2 marzo all’ospedale di Boscotrecase (Napoli), Giovanna Lanzalotti, e ha iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo in concorso cinque sanitari: si tratta di E. F., 65 anni, di Salerno, chirurgo vascolare, A. D. A., 75 anni, di Napoli, anestesista e rianimatore, D. A., 64 anni, di Telese Terme (Bn), cardiologo, e della dott.ssa F. C., 59 anni, di Ruviano (Ce), responsabile del laboratorio generale di base, clinica chimica e microbiologia, tutti operanti per la clinica privata convenzionata San Francesco di Telese Terme dove è stato effettuato l’intervento, più M. P. 63 anni, di Baronissi (Sa), il chirurgo che aveva operato in precedenza la vittima per lo stesso problema nella casa di cura Tortorella di Salerno.


Il Sostituto Procuratore ha altresì disposto l’autopsia sulla salma che sarà decisiva per accertare le cause del decesso ed eventuali responsabilità da parte dei medici: l’incarico sarà conferito lunedì 14 marzo 2022, alle 12, negli uffici della Procura torrese.

La signora Lanzalotti da dieci anni doveva sottoporsi, per tre giorni a settimana, a dialisi per nefropatia da reflusso e, data la frequenza della terapia, le era stata impiantata una fistola, ossia un collegamento tra una vena e un’arteria al braccio destro.

La fistola le veniva sostituita ogni due anni con operazioni mirate ma nonostante questo le ha sempre provocato infezioni con la conseguenza di doversi sottoporre anche a periodici interventi di pulizia, gli ultimi dei quali nei mesi di agosto e novembre 2021, presso la casa di cura Tortorella. All’inizio di febbraio, lamentando i soliti dolori al braccio destro, la donna ha effettuato una visita specialistica da un chirurgo vascolare del Policlinico Federico II di Napoli, il quale le ha riscontrato l’ennesima infezione che sarebbe stata provocata da residui della fistola lasciati per errore nel corso di precedenti interventi di pulizia.

Il dottore che curava la dialisi della paziente, pertanto, le ha prescritto un nuovo intervento di pulizia della fistola e ricostruzione delle vena, consigliandole di cambiare struttura, e la sessantatreenne si è rivolta alla clinica San Francesco di Telese Terme, dov’è stata ricoverata il 22 febbraio ed operata l’indomani, 23 febbraio.

Dopo una lunga attesa, alle 15 i familiari che, causa pandemia, non potevano assistere in presenza la loro cara, sono stati avvistati da un medico della clinica che l’intervento era riuscito ma che la paziente aveva subito un “piccolo” arresto cardiaco e per questo la stavano trasferendo al San Leonardo di Castellammare di Stabia: il dottore aveva altresì detto loro di stare tranquilli perché la signora sarebbe stata vigile e cosciente.

Il marito e i figli di Giovanna Lanzalotti si sono precipitati nel nosocomio di Castellammare ma qui una dottoressa del reparto di Rianimazione, dove la sessantatreenne è stata subito ricoverata, ha raccontato loro un’altra e molto più amara verità: in realtà la paziente era giunta al San Leonardo in condizioni già disperate, in coma e intubata, non si sarebbe mai svegliata dall’intervento subito e l’arresto cardiaco, sopraggiunto quasi al termine dell’operazione, le aveva provocato, tra l’altro, mancanza di ossigeno al cervello per un periodo non definito, con conseguenti gravissimi danni cerebrali.

Era ovviamente sottoposta a ventilazione forzata e sedata. Non bastasse, il 25 febbraio la donna è pure risultata positiva al Coronavirus che deve per forza aver contratto in ospedale, visto che il tampone a cui si era sottoposta da prassi all’atto del ricovero nella clinica San Francesco era ovviamente negativo.

Il virus non ha ovviamente avuto alcuna incidenza su un quadro clinico già compromesso, sta di fatto che la paziente, in coma, è stata nuovamente trasferita, all’ospedale di Boscotrecase, dedicato ai pazienti Covid, sempre in Rianimazione. Ma qui, nonostante tutti i tentativi dei medici di aprire una “finestra neuorologica” per risvegliarla, la mattina del 2 marzo il cuore della donna ha ceduto, per la disperazione e anche la rabbia dei familiari, che chiedono con forza di capire cosa sia esattamente accaduto in quella sala operatoria e se e chi abbia sbagliato.

Per fare piena luce sui fatti e ottenere verità e giustizia, i congiunti, attraverso il consulente legale dott. Vincenzo Carotenuto, si sono quindi rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella, tutela dei diritti dei citanti, ed è stata presentata una denuncia querela presso la stazione dei carabinieri di Ogliastro Cilento chiedendo all’autorità giudiziaria di accertare eventuali profili di colpa da parte dei medici che hanno o avuto in cura la paziente e di disporre un esame autoptico ad hoc. Richiesta riscontrate dalla Procura con l’apertura di un fascicolo e con i primi importanti provvedimenti.


Articolo pubblicato il giorno 10 Marzo 2022 - 14:40


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