Prosegue la collaborazione fra Paolo Di Cioccio e Adriano Lanzi, con un album che pesca a piene mani dall’ambient music, senza disprezzare incursioni all’interno di altri filoni dell’elettronica: “Taming the dragon”.
Con “Taming the dragon”, il primo di due album composti insieme in uscita per Aventino Music, i due assecondano la passione comune per i sintetizzatori analogici e digitali per dare vita a un lavoro che, pur potendo rientrare generalmente nel filone della ambient music, ingloba suggestioni diverse, più o meno storicizzate (certi arpeggiatori rimandano a corrieri cosmici teutonici come Ash Ra Temple, Popol Vuh o Tangerine Dream, ma c’è spazio anche per le progressive alterazioni e dilatazioni del fatto sonoro con procedimenti più tipici delle produzioni post-digitali degli anni Novanta e Duemila).
Sebbene siano stati costruiti con un approccio minimalista - i due autori hanno scelto di lavorare su non più di un paio di sorgenti sonore a testa per ciascun brano – i pezzi dell’album non rinunciano alla densità e a un senso di tensione interna, dove pochi suoni possono dar vita a molti eventi con la trasformazione nel tempo dei loro stessi elementi costitutivi.
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“Taming the dragon”, nato da un impulso iniziale di Lanzi che aveva da parte un certo numero di quadri sonori ancora abbozzati o comunque non completamente definiti, ha preso forma da un proficuo scambio di idee e di tracce con Di Cioccio, prodotte a distanza nei rispettivi home studio, con la libertà piacevole e sorprendente di poter intervenire, da parte di ciascuno, sul materiale dell’altro, in modo a volte gentile a volte sovversivo rispetto all’idea iniziale.
Composto al termine del primo anno pandemico, mentre si faceva esperienza delle prime timide riaperture alla socialità, per quanto frenata dalle responsabilità verso se stessi e la comunità, l’album ha finito per rivelarsi, nelle sue dinamiche interne, tra quiete e momenti più carichi di energia, tra placide consonanze e astrazioni più scomposte, una descrizione in musica del contrasto tra passione e ragione, tra lo slancio vitale in tutte le sue forme e i limiti che incontra, non solo in questo momento storico, ma in assoluto nell’esperienza umana.
Da qui l’addomesticamento del drago, e gli altri titoli del lavoro, che evocano una manciata di luoghi segnati su un’ipotetica mappa di quel territorio sconfinato che è il desiderio.





